Filo spinato attorno alla donna-prete

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di Beatrice Rizzato (dottoranda in teologia spirituale alla Facoltà teologica del Triveneto)

Si sa, è difficile cambiare le tradizioni millenarie, ma due brevi note all’articolo di monsignor Ladaria Ferrer sono opportune. La Chiesa cattolica ribadisce la definitività, attraverso le parole dell’attuale prefetto della Congregazione per lae dottrine della fede (Cdf), del pronunciamento di papa Wojtyla del 1994, fatto nel giorno della memoria di Santa Rita (donna sposata e madre), che appellandosi alla Traditio sancì – in Ordinatio sacerdotalis – l’impossibilità di estendere l’ordine sacerdotale alle donne. La chiesa infatti, egli afferma, esclude fin dagli inizi ogni riferimento a un ministero dell’Ordine aperto alle donne. Tutto vero se leggiamo la storia a favore dell’unica interpretazione ritenuta legittima dalla Chiesa. Tuttavia…

Prima obiezione: la tradizione ecclesiale si fonda sulla testimonianza apostolica e sui Vangeli. Gli scritti canonici e ancora di più quelli apocrifi parlano delle donne che sono al seguito di Gesù durante il suo ministero, e dopo la risurrezione sono incaricate da lui stesso di annunciare la buona notizia. Senza attingere ai Vangeli gnostici, che parlano del ruolo fondamentale della Maddalena all’interno delle prime comunità cristiane, c’è da chiedersi dove sia stata seppellita nei secoli quella tradizione che vede le due Marie (la Madre e la Maddalena) insieme all’apostolo Giovanni sotto la croce prima e in Anatolia dopo. Se il principio della tradizione vale sempre e in ogni caso, qual è il ruolo riconosciuto a queste donne nei secoli? E dove si è perso il ministero delle diaconesse di cui parlano già Paolo (Romani16,1) e più tardi anche Giovanni Damasceno (†749)? Basti solo dire, per rispondere, che la chiesa gerarchica tradizionalmente è stata sempre e solo maschile, e rilevare come difficilmente sia riuscita a andare oltre l’immaginario di un femminile vergine e santo da tenere a protezione sopra il letto o al meglio da portare in processione; è lo spazio celeste e non incarnato in cui il femminile è stato spesso racchiuso. Ma la chiesa è anche terrena, ha affermato il Concilio Vaticano II, e se tenere un low profile si addiceva alla sola natura materna riconosciuta alla donna medievale, la quale restava sempre in subordine rispetto al genio maschile, oggi tale posizione non regge più davanti al femminile che si pensa e si sente emancipato e che rivendica tale suo status all’interno della Chiesa.

Seconda obiezione: non è vero in assoluto che Gesù nel corso dell’ultima cena abbia parlato e comunicato solo con gli Apostoli e quindi abbia trasmesso solo a loro l’incarico del memoriale e della lavanda dei piedi. Certo i dodici c’erano tutti alla cena (fu l’ultima cena anche per Giuda) ed essi erano i prescelti nel coadiuvare il ministero pubblico di Gesù; tuttavia, i Vangeli sinottici e il quarto Vangelo parlano tutti e quattro di discepoli, mathètai, non di soli Apostoli. I discepoli chiedono a Gesù dove devono preparare la Pasqua, e i Dodici (in Matteo e Marco) e gli Apostoli (in Luca) si siedono a tavola con Lui. E tra i discepoli che seguono Gesù sappiamo essercene molti di più di dodici. Dunque, perché il primo Vangelo, quello della chiesa di Matteo (26,17-30) e gli altri evangelisti avrebbero dovuto scrivere “discepoli” e non “apostoli”? Possiamo forse ipotizzare che ci fossero insieme a loro anche sua madre e le altre discepole che li seguivano, e altri discepoli che non erano apostoli? D’altronde se alcune donne erano tra i discepoli al seguito di Gesù perché non avrebbero dovuto partecipare alla festa più importante dell’anno per gli ebrei, la Pasqua? Ecco dunque che tra gli apostoli (inviati) e i discepoli (coloro che credono e seguono Gesù) vi sarebbe un’apertura significativa verso chi, come la donna, fino a ora non è stato considerato. Se in quella cena si è istituito il sacramento più grande dell’amore cristiano com’è possibile ritenerlo un mandato esclusivo per il solo genere maschile? La chiesa universale dovrà, nel prossimo futuro, valutare e discernere alla luce dello Spirito Santo quale ruolo e soprattutto quale considerazione attribuire alle donne discepole dell’unico maestro e signore. Se il ministero dell’ordine è ritenuto esclusivo degli apostoli, cosa riserviamo ai discepoli e in particolare alle discepole? Nel Vangelo (Gv 13, 16) è scritto con estrema chiarezza: un servo non è più grande del suo padrone e un Apostolo non è più grande di chi lo ha mandato. La medesima dignità tra esseri umani di cui godiamo davanti al Creatore non può essere oscurata da nessuno perché essa si conforma alla più alta parola del Maestro.

da confronti


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