Giustizia. Messa alla prova, una misura in continua crescita: +22%

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Le richieste di ammissione sono passate da 19.554 del 2016 a 23.886 nel 2017. Lucia Castellano: “Si tratta di una nuova cultura della pena, che abbatte il rischio recidiva e i costi del processo”. I dati nazionali e quelli dello Sportello sperimentale partito nel tribunale di Roma

ROMA – Imputati messi alla prova: è in crescita continua il nuovo modello di sanzione che sospende il processo e permette agli imputati di lavorare, gratuitamente, in attività socialmente utili. Dai dati del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità, emerge infatti che “a livello nazionale si continua a registrare un incremento significativo e costante delle richieste di ammissione alla messa alla prova che sono passate da 19.554 del 2016 a 23.886 nel 2017, con un incremento pari al 22 per cento”. Mentre per quanto riguarda le misure gestite, per adulti, l’incremento è ancora più marcato e sale al 28% dei casi di sospensione del procedimento negli ultimi due anni: dalle 19.187 del 2016 alle 23.492 registrate nel 2017.

“Si tratta – spiega Lucia Castellano, dirigente generale per l’esecuzione penale esterna e di messa alla prova del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità – di una nuova cultura della pena, che abbatte il rischio recidiva e i costi del processo: il buon esito della prova, infatti, estingue il reato e il processo non si celebra”.

Se ne è parlato nel corso di un convegno promosso dalla Scuola superiore della Magistratura presso la Corte d’appello di Roma, dal titolo “Messa alla prova 2.0”: un incontro organizzato anche per fare il punto sui primi mesi di attività dell’ufficio per la messa alla prova e i lavori di pubblica utilità (Mpa/Lpu), il primo in Italia, inaugurato nell’ottobre scorso all’interno del tribunale di Roma.
Lo Sportello, ospitato al piano terra del tribunale, è un luogo in cui assistenti sociali, avvocati e funzionari del tribunale possono incontrarsi per facilitare le procedure e in cui gli imputati e gli indagati possano trovare risposte e facilitazioni: un ufficio sperimentale che, partendo da Roma, il Dipartimento ha in programma di diffondere sul resto del territorio italiano.

Nato per semplificare l’iter burocratico e facilitare l’accesso a queste misure, come aveva spiegato nel corso dell’inaugurazione il Presidente del Tribunale di Roma, Francesco Monastero “è il primo Sportello in Italia che informa, fornisce il lavoro di pubblica utilità, invia direttamente all’Uiepe (l’Ufficio interdistretturale per l’esecuzione penale esterna) le domande Map per la redazione del programma di trattamento e assicura le attestazioni di presentazione”.

In relazione alla sua attività, i dati del Dipartimento registrano già a febbraio di quest’anno “un’equa distribuzione tra le istanze depositate presso lo sportello (37) e quelle presso l’Ufficio per l’esecuzione penale esterna (38) – sottolinea Lucia Castellano -, e ciò nonostante le limitate aperture e il fatto che il deposito avviene solo di martedì, mercoledì e giovedì. L’obiettivo di breve termine è rendere maggiormente fruibile lo Sportello, dandogli adeguata pubblicità, affinché sia un punto di accesso privilegiato per tutto ciò che concerne l’istituto della messa alla prova, consentendo all’ufficio di esecuzione penale esterna di dedicare le proprie energie ad altre attività”.

“Nei tre mesi della sperimentazione – prosegue il direttore generale -, sono stati numerosi gli ingressi per informazioni sia presso lo Sportello, sia presso l’Uiepe. In particolare, all’ufficio Map/Lpu si sono rivolti quasi esclusivamente gli avvocati, cosa comprensibile vista la localizzazione, mentre all’Uiepe c’è stata un’affluenza maggiore di imputati”.
Né allo Sportello, né all’Uiepe si sono rivolti gli enti per informazioni sulle convenzioni con il tribunale per lo svolgimento dei lavori di pubblica utilità, mentre il numero di richieste di informazioni sugli enti convenzionati è risultato superiore presso lo Sportello.

Le convenzioni nella regione Lazio al primo marzo 2018 erano 231 – spiega Lucia Castellano -, principalmente nel settore delle attività di manutenzione del verde e di mezzi. La prevalenza di un’attività generica che non presuppone alla base una qualche professionalità costituisce uno stereotipo di derivazione dell’esecuzione penale esterna, il cui target dei condannati ammessi alle misure alternative non si attesta prevalentemente su professionalità consolidate. Ma visto che questo non corrisponde del tutto alla tipologia di persone che fruisce della messa alla prova, sarà necessario, specialmente da parte degli operatori dell’Uiepe/Sportello, attivarsi maggiormente nel differenziare per tipologia di attività di lavoro di pubblica utilità l’offerta degli enti convenzionati”. (Teresa Valiani)

Da redattoresociale


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