Giornalismo sotto attacco in Italia

Al Vascello frammenti di vita di Alessandro Serra

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Frammenti di vita, in cui i personaggi, muti, talvolta immobili, che si alternano sulla scena “deserta”, a ritmi incalzanti, riproducono momenti (storie) di vita quotidiana intrise di uno struggente sentimento poetico proprio delle opere di Hopper.  Un susseguirsi di frame che rimangono estranei  gli uni agli altri, a testimonianza di un’incomunicabilità oramai irreversibile tra le persone, e ciò nonostante la presenza di un “pagliaccio” (clown), onnipresente sulla scena, che sembrerebbe auspicare altro, ma che è costretto ad arrendere anch’esso ad una malinconia esistenziale (qui il richiamo al dipinto “Soir Bleu”, del 1914, sembra abbastanza evidente).
Un teatro che va oltre il teatro. Scorci di un’umanità fredda: una finestra, una vetrina di un bar, l’uscita di sicurezza di un teatro, un sipario socchiuso, una porta, il finestrino di un treno …

“Non dipingo quello che vedo ma quello che provo”. Con queste parole Edward Hopper chiariva il suo modo di raccontare, attraverso le immagini.
Alessandro Serra – premio Ubu 2017 per “Machbettu” – con grande maestria con “Frame”, da lui ideato e diretto, una produzione Cantieri Teatrali Koreja – al teatro Vascello di Roma dal 27 febbraio al 4 marzo – sembra voler dare vita sul palco all’universo hopperiano, attraverso il  racconto di situazioni, persone, parole.
Una novella visiva, senza trama e senza finale, una porta semiaperta per un istante su una casa sconosciuta e subito richiusa.
Di Hopper, scrive Serra, “non mi interessano le indubbie qualità pittoriche quanto piuttosto la capacità di imprimere sulla tela l’esperienza interiore. Ricrearla in scena. Farla vedere, anche solo per un istante.”
Cogliere il quotidiano dei giorni e la sua straordinarietà. Il risultato scenico è sorprendente, anche grazie alla capacità espressiva dei cinque attori coinvolti: Francesco Cortese, Riccardo Lanzarone, Maria Rosaria Ponzetta,Emanuela Pisicchio, Giuseppe Semeraro.  Più che uno spettacolo un’esperienza che si conclude poeticamente con una barchetta di carta che fluttua nell’aria per poi subito sparire.


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