Pakistan, automobile fermata e giornalista picchiato: il quarto caso in pochi mesi

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Il giornalismo non è un reato, attaccare i giornalisti lo è. Le autorità del Pakistan sembrano però non pensarla allo stesso modo. La mattina del 10 gennaio un taxi su cui era a bordo il giornalista Taha Siddiqui è stato bloccato sull’autostrada per l’aeroporto internazionale di Islamabad. Dieci uomini armati hanno trascinato Siddiqui fuori dal veicolo, l’hanno picchiato e hanno minacciato di ucciderlo. Si sono portati via passaporto, telefono cellulare, computer.

Siddiqui è il corrispondente dal Pakistan del Christian Science Monitor e collabora con varie altre testate internazionali e con i principali canali televisivi locali. Si occupa abitualmente di terrorismo, persecuzione delle minoranze, corruzione e rapporti tra governo civile e potere militare. Un giornalista scomodo, dunque. La tecnica – seguire una vettura su cui sta viaggiando un giornalista, obbligarla a fermarsi e poi procedere a pestaggi e minacce – è sempre la stessa. Nei mesi scorsi era stata usata per aggredire altri tre giornalisti: Rana Tanveer, Matiullah Jan e Ahmad Noorani. Amnesty International ha sollecitato il governo pachistano a condannare queste azioni criminali e ad adottare tutte le misure necessarie per proteggere i giornalisti a rischio.


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