Il tetto alla raccolta pubblicitaria di Rai si applica alla concessionaria pubblica e non ai singoli canali

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In questi giorni un emendamento presentato in Commissione di vigilanza Rai, che si dovrà esprimere sul contratto di servizio, ed un ordine del giorno all’esame dell’Agcom tentano di raggiungere lo stesso risultato per vie diverse: applicare il tetto pubblicitario del 4% settimanale previsto dall’art. 38 del TUSMAR (Testo unico media audiovisivi) non più a Rai nel suo complesso, ma ad ogni singolo canale Rai, esattamente come avviene, con il più alto limite del 15% alle emittenti, ad esempio, Mediaset.

L’effetto finale implicherebbe che se un canale Rai non riuscisse a saturare il proprio 4%, Rai non potrebbe recuperare la differenza rimasta “inevasa” sugli altri canali (ad esempio su Rai Uno, allorquando Rai Tre fallisse i propri obiettivi pubblicitari). La quota non più onorata da Rai rimarrebbe ovviamente libera sul mercato, a disposizione delle emittenti in grado di accoglierla a corredo (e finanziamento) della propria programmazione.

Gli uffici giuridici sia della Vigilanza sia dell’Agcom avranno senz’altro segnalato che la legge (TUSMAR), fonte di rango primario, all’art. 38 parla chiaro: “Limiti di affollamento

  1. La trasmissione di messaggi pubblicitari da parte della concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo non può eccedere il 4 per cento dell’orario settimanale di programmazione ..” e “… 2. La trasmissione di spot pubblicitari televisivi da parte delle emittenti in chiaro, anche analogiche, in ambito nazionale, diverse dalla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, non può eccedere il 15 per cento dell’orario giornaliero di programmazione ed ….” .

Ciò significa, testualmente ed espressamente, che il limite del 4% si applica alla concessionaria pubblica, cioé a Rai, e non ai suoi singoli canali, mentre il limite del 15% si applica alle singole emittenti private in chiaro, e non al suo proprietario, in quanto, come dice la norma, “diverse dalla concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo”.

Sulla base di tale diversità legislativamente stabilita, il soggetto giuridico sottoposto al limite del 4% e’ la Rai nel suo complesso, non RaiUno, RaiDue o RaiTre, e specularmente (sempre per legge) il soggetto giuridico sottoposto al limite orario giornaliero del 15% non è ad esempio Mediaset, ma, singolarmente, Canale5, Rete4 e Italia1.

La diversità richiamata dalla legge non è affatto astratta, ma di natura giuridica.

La Rai è una concessionaria pubblica che opera in base ai principi costituzionali di cui all’art. 43 Cost. (concessionaria di un servizio pubblico di preminente interesse generale), Mediaset (per seguire l’esempio) è un soggetto autorizzato che opera in base ai principi di cui all’art. 41 Cost. (esercizio dell’attività di impresa). La concessione di servizio pubblico della Rai è onnicomprensiva ed unitaria (tutti e tre i canali della Rai sono di servizio pubblico).

L’autorizzazione ad operare di Mediaset non è affatto unitaria (non include in un unico provvedimento Canale5, Italia1 e Rete4), ma è triplice. Ogni canale di Mediaset ha una propria autorizzazione ad operare, revocata per assurdo l’autorizzazione a Canale5, Italia1 e Rete4 non perderebbero la propria e potrebbero proseguire nell’attività. Così non è per Rai. La eventuale revoca della concessione Rai comporterebbe immediatamente il venir meno contestuale del titolo ad operare per RaiUno, RaiDue e RaiTre. In sostanza Rai ha una sola concessione, Mediaset ha tre autorizzazioni.

Questa è la principale ragione giuridica per la quale il tetto alla raccolta pubblicitaria del 4% settimanale si applica a Rai nel suo complesso, mentre il 15% giornaliero si applica ad ogni singola rete privata autorizzata alla trasmissione in chiaro.

Vi sarebbe inoltre una ragione economica.

La Rai, come si è visto, nel suo complesso, ha un tetto più stringente rispetto alle reti private. Ciò vuol dire che il differenziale (la differenza tra il 4% di Rai ed il 15% di tutte le altre singole emittenti) è a disposizione del mercato (poiché la Rai vi ha rinunciato per legge) che ne beneficia senza però riconoscerlo pubblicamente. Ne deriva che l’eventuale ulteriore restringimento dei vincoli già presenti alla raccolta pubblicitaria di Rai, interpretando il tetto del 4% come applicabile ai singoli canali del servizio pubblico, si tradurrebbe in realtà in una sostanziale modifica legislativa dell’art. 38, comma 1, del Tusmar, in quanto il tetto al quale sarebbe sottoposta la concessionaria pubblica non sarebbe più del 4% dell’orario settimanale, ma sarebbe inferiore.

E né la Commissione di vigilanza né Agcom possono modificare la legge, essendo anzi tenute ad applicarla!


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