Formia. Villa confiscata ai clan ospiterà donne rifugiate con i loro bambini

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Il mare si tocca con mano, nel cortile la piscina ostentata ricorda che ci si trova in un luogo simbolo del potere della camorra che si è insediata a Formia, nel Lazio, con le peggiori intenzioni e le migliori risorse finanziarie. Siamo di fronte al Golfo di Gaeta e qui negli anni 80 il sindaco dell’epoca di Santa Maria Capua Vetere ha costruito una villa che dice tutto del potere che si porta dietro, perché è stata costruita praticamente sull’arenile, in zona vincolata ma con tutti i pareri urbanistici necessari perché il proprietario non temeva ostacoli, anzi aveva tanti amici.

Da ieri pomeriggio questa bella casa delle vacanze all’ingresso sud di Formia ha cambiato pelle: ospiterà al primo piano donne richiedenti asilo con i loro bambini in uno spazio pieno di giochi e passeggini che guarda dritto verso lo stesso mare da cui molti di loro provengono; al pian terreno invece si apre l’atrio per le attività di giovani disabili del comprensorio che potranno raggiungere la battigia senza ostacoli perché è proprio lì, a due passi. La villa dell’ex sindaco è stata prima sequestrata, poi confiscata e infine, a febbraio scorso, assegnata ad un gruppo di associazioni che operano nei servizi sociali e nell’accoglienza dei profughi della provincia di Latina. E’ un luogo irriconoscibile: per più di dieci anni la <casa oltre il cancello> era guardata a distanza dai vicini, nessuno sbirciava perché da queste parti la convivenza con il potere dei clan non è una diceria ma un problema quotidiano.

Poi sono arrivati i primi sopralluoghi del Comune ad indicare che finalmente la procedura di assegnazione si era sbloccata e che era in corso il bando per individuare i gestori temporanei di quello che oggi è un bene simbolo del vasto patrimonio confiscato alla criminalità organizzata sul territorio di Formia. Una storia a lieto fine questa, a fronte di decine di altri immobili sparsi per la città che il Comune non riesce ad ottenere o a gestire, il più famoso resta senza dubbio il complesso alberghiero Marina di Castellone, appartenuto all’avvocato Cipriano Chianese, l’uomo che ha inventato il business dei rifiuti interrati per conto del clan dei casalesi. Un albergo che nessun privato vuole prendere in affitto dall’amministratore giudiziario e che il Comune non può aggiudicarsi perché non ha i soldi, quindi resta lì dov’è, al centro della città ridotto malissimo ma, in fondo, intoccabile.
Per la villa di Acquatraversa, invece, il corso delle cose è cambiato: il nuovo proprietario è un’Ati composta da Aquilone onlus, cooperativa Nuovo Orizzonte e cooperativa Alternaza Si. Los, in buona parte vi lavorano giovani consulenti che si occupano di disabilità e accoglienza. In qualche modo questo posto è diventato il luogo del riscatto con la solidarietà che ha sostituito l’arroganza e la trasparenza che è subentrata all’illegalità sfacciata.


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