Minacce a Paolo Berizzi. Articolo21 ripubblica l’articolo oggetto delle nuove intimidazioni

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Il collega di Repubblica Paolo Berizzi è stato nuovamente oggetto di insulti e minacce da militanti di formazioni neofasciste. Le ultime intimidazioni sono giunte in seguito ad un articolo sul caso dell’organizzazione di estrema destra “Lealtà Azione Monza”. Nell’esprimere piena solidarietà al collega ripubblichiamo l’articolo integrale di Berizzi, convinti del fatto che il modo più giusto che hanno i giornalisti per essere concretamente di sostegno ai colleghi minacciati sia quello di ripubblicare i loro articoli e tenere accesi i riflettori sui temi e i protagonisti delle loro inchieste
(Stefano Corradino)

La spiaggia fascista di Chioggia: “Qui, a casa mia, vige il regime”

di Paolo Berizzi

Il cartello all’ingresso del parcheggio parla subito chiaro. “Zona antidemocratica e a regime. Non rompete i c…”. Ma è niente rispetto a quello che si vedrà e si sentirà più avanti, sotto gli ombrelloni, tra “camere a gas”, inni al Duce e al regime fascista, scritte sessiste. Lungo il sentiero di traversine in legno che porta verso la spiaggia altri cartelli avvisano i bagnanti: “Regole: ordine, pulizia, disciplina, severità”; “difendere la proprietà sparando a vista ad altezza d’uomo, se non ti piace me ne frego!”; “servizio solo per i clienti… altrimenti manganello sui denti”. Poi – prima della frase di Ezra Pound (“Se un uomo non è disposto a correre qualche rischio per le sue idee o le sue idee non valgono nulla o non vale niente lui”) – un’insegna indica i servizi igienici: “Questi sono i gabinetti per lui, per lei, per lesbiche e gay”.

Benvenuti alla “Playa Punta Canna” di Chioggia, lido balneare da 650 lettini tra le ultime dune di Sottomarina verso la foce del Brenta. La spiaggia del Duce. Altro che stabilimenti marini ai tempi del Ventennio: in questo vasto pezzo di arenile, se possibile, il fascistissimo titolare Gianni Scarpa, 64 anni, da Mirano, bandana nera e ufficio straboccante di gadget mussoliniani con tanto di cannone che spunta da una finestrella, è riuscito a fare persino meglio. “Qui valgono le mie regole”, mette in chiaro. Già.

Intanto questa mattina – dopo la denuncia di Repubblica – sulla spiaggia fascista sono arrivati agenti della Digos e della polizia scientifica, inviati dal questore di Venezia, Vito Danilo Gagliardi. Ma torniamo alle “regole”. La polizia ha acquisito gli audio e le foto pubblicate da Repubblica.

All’inizio il “comandamento” di “Punta Canna” era “niente bambini e buzzurri” (in effetti di bambini non se ne vedono). Poi per la gioia dei clienti – la maggior parte giovani “di area”, palestrati e tatuati anche con simboli runici, aquile, croci celtiche – si è aggiunto molto altro. “La legge della giustizia nasce dalla canna del fucile”, ammonisce l’ennesima scritta choc. Di fronte c’è l’angolo doccia col nebulizzatore, protetto da una cinta di canne.
Sta di fronte alla cabina bianca dove il cartello sulla porta dice “camera a gas, vietato entrare”. Lo slogan è parte di un crescendo. A destra, prima del bar e lungo il sentiero che porta alla spiaggia, su un pannello di legno è stampata in bella vista la “summa” del lido, il pantheon del proprietario. Sì, insomma: le sue regole. Diversi poster di Benito Mussolini e di saluti romani (“questo è più di un saluto, uno stile di vita”; “questo è il mio saluto, se non ti piace me ne frego”); la foto di un bambino che dice: “Nonno Benito, per un’Italia onesta e pulita torna in vita”. Un corollario sfacciatamente nostalgico e apologetico.

Elementi d’arredo alla cui vista i numerosi clienti del lido sono talmente abituati che nessuno – tranne qualche nuovo avventore – ci fa più caso. Il motivo lo capisci appena prendi posto sui lettini (650 di cui 70 coperti da tende bianche tipo gazebo) tutti occupati. Ogni mezz’ora, o comunque quando ne ha voglia, il titolare della spiaggia “intrattiene” i bagnanti alla sua maniera: con delle “comunicazioni” diffuse dagli altoparlanti, dei mini comizi da spiaggia. Che non imbarazzano nessuno perché evidentemente condivisi dai clienti. Inni al regime e insulti alla democrazia (“mi fa schifo”), intemerate contro Papa Francesco (“Lui vuole costruire ponti e non muri? Gliene costruiamo uno noi da Roma a Buenos Aires, così lo rispediamo da dove è venuto”), lotta senza frontiere alla “sporcizia umana del mondo, che è il 50% e qui dentro per fortuna non entra”, “tossici da sterminare”.

Ieri, sabato pomeriggio, l’imprenditore balneare del “me ne frego” ha dato il meglio di sé sotto il sole delle tre e un quarto. Sentitelo. “Sono molto contento di avere una clientela esemplare. Guardatevi in giro, oggi siete 650, non c’è una cicca, non c’è una salvietta a terra. A me la gente maleducata mi fa schifo…a me la gente sporca mi fa schifo…A me la democrazia mi fa schifo…Io sono totalmente antidemocratico e sono per il regime. Ma non potendolo esercitare fuori da casa mia, lo esercito a casa mia. A casa mia si vive in totale regime… qui è casa mia e di conseguenza si vive a regime”. Gianni Scarpa plaude ancora ai suoi clienti esaltandone il comportamento. Poi dalle casse spara un attacco modello Duterte. “Voi sapete che io sono per lo sterminio totale dei tossici (alcuni bagnanti sorridono). Di conseguenza penso che è meglio che girino molto al largo da qui. Chi viene qui sa come la penso io… se vuole viene se vuole non viene e io me ne frego… Perché qui dentro voglio gente educata “.
A che cosa punta Scarpa coi suoi comizi nostalgici da spiaggia? Probabilmente solo a fare cassa. Ma si compiace: “Sono contento di avere gente che ha capito il mio messaggio. La maggior parte l’ha capito, quelli che non l’hanno capito si autoeliminano da soli. Dovete essere anche voi orgogliosi…”. Di che cosa? La voce arriva stentorea tra gli ombrelloni: “Immaginate 650 persone dalle altre parti… con un afflusso di gente così… quanta merda ci sarebbe in giro. Voi sapere meglio di me che il 50% della popolazione mondiale è merda. Di conseguenza io quella roba lì qui non la voglio”. Fa fede il cartello sulla cabina accanto al bar: “Vietato entrare, camera a gas”. A “Punta Canna” è ora di tramonto e di aperitivo. Quelli che “non hanno capito” il messaggio del “capo” in bandana una domanda se la pongono: è tutto vero quello che ho visto e ascoltato in una spiaggia in mezzo a 650 bagnanti o è stato un colpo di sole? Giriamo la domanda a chi ha una risposta da dare.

Dopo la denuncia di “Repubblica” questa mattina le autorità di Chioggia e Venezia – questura, prefettura, Comune – si sono subito attivate. Sulla spiaggia fascista sono arrivati gli agenti della Digos e della polizia scientifica. I poliziotti – inviati sul posto dal questore di Venezia, Vito Danilo Gagliardi – hanno effettuato un servizio per acquisire materiale audio e video che confluirà nel fascicolo di denuncia a carico di Gianni Scarpa, il titolare dello stabilimento. “Una vicenda raccapricciante”, ha commentato il questore. “Stiamo raccogliendo tutti gli elementi possibili, anche sulla concessione demaniale ottenuta dal proprietario del lido. Invieremo una denuncia alla magistratura la quale, a sua volta, prenderà i necessari provvedimenti”. Sessantaquattro anni, Scarpa sarà quasi certamente denunciato per apologia di fascismo. Probabile anche che venga rivista la concessione del lido – un pezzo di arenile – da parte del Demanio. “Stiamo facendo tutte le verifiche – dice il vicesindaco di Chioggia Marco Veronese -. Condanniamo ogni atto che va contro la democrazia, qui c’ un reato ed è giusto venga perseguito”.

Una durissima condanna sulla vicenda arriva anche da Noemi Di Segni, presidente delle Comunità ebraiche italiane: “Sono sconcertata. Grazie al vostro giornale per la coraggiosa denuncia, ma è grave che debba essere il giornalismo e non le autorità ad accorgersi e a denunciare questi casi vergognosi. Mi chiedo sove siano la politica e le istituzioni che dovrebbero vigilare. Le immagini che abbiamo visto sono un oltraggio alla memoria delle vittime della Shoa e un’offesa alle istituzioni democratiche del nostro Paese”.

Sul caso Chioggia interviene il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, che annuncia un’interrogazione urgente al ministro dell’Interno Marco Minniti: “E’ incredibile che nel nostro paese nel 2017 ci sia uno stabilimento balneare dedicato a Benito Mussolini, al regime fascista, e dove si esaltano le camere a gas. L’inchiesta di “Repubblica” parla chiaro – dice Fratoianni – . Ora si intervenga senza indugio, a partire dalla questura e dalla Procura della Repubblica di Venezia. Ci aspettiamo da demanio atti veloci e chiari: è evidente che a questo punto la concessione al camerata gestore deve essere ritirata. Vuole ricordare un regime sanguinario? Vuole esaltare MUssolini? Lo faccia bene al chiuso della sua casa e non sul terreno pubblico. Chiameremo il governo in Parlamento a chiarire la vicenda”.

Fonte: Repubblica


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