Voucher e appalti: primo voto alla Camera

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La Cgil non si fida. Giovedì presidio a Montecitorio. Camusso: cancellare gli obbrobri oggetto del referendum. Continua la mobilitazione. Gentiloni se la prende con l’ideologia. Minniti con gli ulivi pugliesi

Di Alessandro Cardulli

La Cgil non si fida. Giovedì prossimo quando alla Camera ci sarà il primo voto per l’abolizione dei voucher e il ripristino della responsabilità solidale negli appalti, la Confederazione di Corso d’Italia organizza un presidio a Montecitorio. L’annuncio lo ha dato Susanna Camuso intervistata da RadioArticolo 1 e Rassegna sindacale. “La prudenza è d’obbligo – afferma il segretario generale della Cgil – con una situazione politica così instabile e le incertezze note. Il decreto per ora è una dichiarazione politica: noi vogliamo la trasformazione in legge e la mobilitazione proseguirà anche dopo, per sostenere la nostra Carta dei diritti”. E fa bene, anche alla luce delle dichiarazioni, a questo proposito, che arrivano sia dal presidente Gentiloni che dai ministri direttamente interessati, per non parlare dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Nannicini, ora tutto fare dello staff di Renzi Matteo, incaricato di scrivere il programma economico con il quale l’ex segretario affronterà le primarie. Dice, infatti, il presidente del Consiglio, che l’aver deciso di cancellare i voucher, uno dei quesiti referendari della Cgil, ha risposto alla esigenza di “evitare  uno scontro ideologico”. Se fa finta di non capire il significato della iniziativa della Cgil, nascondendosi dietro una parola, ideologia, cavallo di battaglia delle destre, è grave. Lo è altrettanto se davvero non capisce che l’ideologia non c’entra per niente e che i voucher   rappresentano  una delle forme  più gravi di sfruttamento che colpisce in particolare i giovani. Anche per quanto riguarda gli appalti non si possono mandare allo sbaraglio lavoratori di una azienda in appalto in crisi  mentre chi è il titolare dei lavori se la gode.

Il premier prende tempo, ignorando che le proposte per voucher e appalti ci sono

Gentiloni non se la può cavare dicendo che si sta lavorando per dare una soluzione al lavoro saltuario e occasionale. Intanto gli può essere ricordato che nella proposta di legge di iniziativa popolare, oltre un milione di firme raccolte dalla Cgil, la proposta c’è. Che la proposta ha un titolo: “Carta universale dei diritti”, di fatto un nuovo Statuto dei diritti dei lavoratori, che i gruppi parlamentari, tutti o quasi, si sono impegnati ad incardinare ma di cui c’è il rischio che si perdano le tracce nei meandri del Parlamento. Il governo, insomma, potrebbe sollecitarne la discussione. Intanto c’è una Commissione Lavoro della Camera che da mesi lavora alla costruzione di una proposta. Il presidente Damiano ne ha avanzate diverse, tutte bocciate anche con il voto del suo partito il Pd. Ha ben ragione Camusso a non fidarsi. “Intanto – dice – partiamo dalla cancellazione degli obbrobri oggetto del referendum come il lavoro comprato in tabaccheria. Ma l’obiettivo finale è ricostruire la dignità del lavoro e da questa campagna abbiamo lanciato il messaggio che ce la si può fare. Ora non disperdiamo il primo risultato e usiamolo per andare avanti su questa strada. La più grande vittoria politica di questa stagione di mobilitazione è che il paese ha ripreso a discutere di lavoro – ha proseguito – negli anni precedenti il silenzio è pesato troppo: ad ogni riforma del lavoro sembrava che il paese cominciasse a crescere, invece è arrivata sempre un po’ di precarietà in più″. “Nella nostra campagna – ha proseguito – siamo stati nel paese, nelle piazze e nei luoghi di lavoro: siamo stati ovunque a chiedere di sostenere la nostra proposta, abbiamo incrociato quell’insieme di persone che non incrociavamo più. Negli ultimi due anni siamo usciti dal nostro recinto, c’era un grande bisogno: ci siamo accorti che fuori da questo perimetro c’erano condizioni di lavoro sempre peggiori”.

Il decreto, un grande risultato. Ma deve diventare legge altrimenti serve a poco

“Abbiamo fatto bene a lanciare i nostri referendum – ha ribadito -. Il decreto è un nostro grande risultato: risponde esattamente ai quesiti referendari, cancella i voucher e ripristina le norme sulla responsabilità solidale in tema di appalti. Con la stessa testarda coerenza, poi, abbiamo detto che il decreto deve diventare legge, altrimenti serve a poco”. Per questo la Cgil continua la sua mobilitazione. E sulla Carta dei diritti afferma: “Aver investito sulla dequalificazione del lavoro è uno dei motivi della crisi del paese. La nostra Carta al primo punto dice: una persona che lavora ha dei diritti, a prescindere dalla tipologia contrattuale. Vogliamo riportare i lavoratori al centro della discussione, andiamo avanti con tenacia fino alla legge”. Camusso rilancia la mobilitazione, annuncia nuove iniziative delle categorie, manifestazioni in tutto il Paese. Ogni categoria porta un contributo ad una straordinaria stagione che ha trovato nuova linfa e nuove motivazioni anche dalla battaglia referendaria a difesa della Costituzione, malgrado le defezioni di Cisl e Uil. Ogni categoria, ogni settore del mondo del lavoro porta motivazioni, esperienze, un lungo racconto di un mondo che si fa sentire, che vuole contare, avanza proposte  non “corporative” che guardano allo sviluppo del paese, al lavoro, alla uguaglianza, alla democrazia, che significa in primo luogo rispetto dei diritti della persona.

Genovesi (Fillea Cgil): oltre 23 mila edili over 65 anni sono ancora sulle impalcature

Gli edili, i lavoratori delle costruzioni, in piazza a Roma, la Fillea Cgil che li organizza, hanno sottolineato che “non si può parlare di rigenerazione, riqualificazione e al contempo avere il più alto tasso di lavoro nero, il più alto tasso di incidenti mortali”. “Guardia alta sul Lavoro”, il titolo della manifestazione che ha visto in piazza oltre 700 delegati in un “un settore che – ha sottolineato il segretario generale degli edili Cgil, Alessandro Genovesi – o assume fino in fondo la sfida della qualità o è destinato a soccombere”. E ha indicato “un’azione coordinata che vada dalle necessarie modifiche alle norme sull’Ape agevolata, per mandare in pensione gli oltre 23mila over 65 che ancora stanno sulle impalcature”, all’ingresso di migliaia di giovani tecnici nelle aziende. E ancora, da politiche industriali che premino la riqualificazione del costruito (“magari anche permettendo la cessione del credito alle banche per i bonus energetici e antisismici”) ad investimenti diffusi sulle periferie e sull’edilizia residenziale pubblica, oltre che su grandi infrastrutture.

Governo e forze politiche della maggioranza, Pd in testa, fanno finta di ignorare

Come rispondono a questo movimento le forze politiche della maggioranza, il Pd in primo luogo, il governo? Ignorano. Così come ignorano le manifestazioni di protesta che ogni giorno si svolgono in questa o quella città dove sono presenti crisi aziendali cui da mesi, anni, non si trovano soluzioni. E ignorano, salvo visite di “cortesia”, per non dire di peggio, le manifestazioni dei terremotati che si svolgono nelle zone colpite dal sisma dove alle promesse non sono seguiti fatti. Sono venuti dai paesi terremotati fino a Roma a chiedere che gli impegni presi siano mantenuti. Hanno bloccato la Salaria, i sindaci tentati di dismettere le fasce tricolori perché “impossibilitati a  pagare le ditte che stanno eseguendo lavori”. Ci vengono a mente altri sindaci, sempre con le fasce tricolori impegnati a difendere gli uliveti dall’assalto dal gasdotto. Il governo con loro è sollecito. Manda la polizia a “sgombrare” il campo, a spiantare gli ulivi per trasportali in altre zone. Sembra una comica di altri tempi, quelle di Charlot, invece è proprio realtà. Un governo che si definisce di centrosinistra si fa responsabile, il ministro degli interni in prima fila come negli anni cinquanta e sessanta, di mandare allo sbaraglio poliziotti contro cittadini inermi che difendono il territorio, un patrimonio inestimabile. Non sono contrari al gasdotto, vorrebbero come indicato dalla Regione Puglia, dai sindaci, spostarlo un po’ più in là, dove non ci sono ulivi.

Da jobsnews


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