La periferia che non va di moda

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 di Stefania Spanò

A Secondigliano, la resistenza in sette metri quadrati

Oggi mi vedo con un compagno mio delle elementari, Vincenzo Strino. Andavamo a scuola dalle cape di pezza francescane nella “venella spuntatore”, che in verità si chiamerebbe vico Lungo del ponte ma se lo chiedi a qualcuno così, nessuno ti sa dire dove sta. La toponomastica a Napoli è speciale, ogni quartiere ne tiene una sua, che quelli che danno i nomi alle strade non conoscono.

‘A Venella è il posto dove vendono l’eroina più schifosa di tutta Secondigliano, quei fatti che, nel pullman, i tossici bestemmiavano come a che quando, a causa della rota, dovevano scendere prima e comprarsi il pezzo là. Questo succedeva anni fa, quando sul corso ci stava ancora lo spartitraffico e nelle ore di punta restavi intasato per ore prima di arrivare a Scampia. Oggi nella Venella la roba si vende ancora, forse un po’ meno di prima e la vendono quelli di via Vanella Grassi, il vicolo affianco, di cui tutti parlano a causa della cosca omonima, che in questi ultimi mesi ha visto alcuni affiliati fare il voltafaccia e contendersi lo spaccio con gli ex amici. Oggi scenderò di casa e un po’ mi caco sotto perché abito in una zona che in tre mesi ha visto tre agguati ai danni di un giovane poco più che ventiseienne che da queste parti è stato soprannominato “l’immortale”, come quello di Gomorra, perché in questi tre mesi si è scansato tre esecuzioni degli ex amici, una a fine ottobre dietro cupa Santa Cesarea a Miano, un’altra il 2 gennaio a via Monviso, dove hanno fatto una grandissima menata di coriandoli: gli esecutori hanno sparato due colpi di 357 magnum da sopra ai mezzi e lui si è difeso da una Fiat Panda consegnandogli nove colpi di kalashnikov; l’ultimo episodio risale all’11 gennaio, quando sul corso di Secondigliano alle sette di sera, con tutti i negozi aperti, gli hanno fatto il pelo: due colpi dietro la schiena. Nel mio palazzo stanno tutti a informarsi sulle condizioni di salute del giovane bersaglio: «Ma è asciuto ‘o guaglione o sta ancora ‘o Don Bosco? No, pecchè se jesce isso, nun putimmo ascì nuje…»… Continua su isiciliani

 


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