Sulla prematuramente dichiarata morte delle distinzioni

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All’inizio, lo ammetto, avevo pensato che si potessero superare le distinzioni fra Destra e Sinistra. Il contenitore in cui militavo, il Movimento 5 Stelle, parlava di ecumenicità e suggeriva che un’idea di buon senso è tale a dispetto della sua provenienza. Un inganno dialettico, derivante non dal fatto che esista una sola provenienza per le buone idee, ma per la falsa promessa che un’idea diventi perfetta nella  semplice elisione delle personali storie politiche, per alcuni ideologie.
Niente di più sbagliato poiché eliminare la cultura politica e la sua storia impoverisce i significati, mentre le distinzioni restano. Me ne sono accorto innumerevoli volte nelle assemblee del Movimento, c’era chi declinava a destra e chi sinistra, un’estenuante ricerca di identità inibita dalla mancanza di un supporto culturale.
Si potrebbe obbiettare: un pensiero, ad esempio, non è forse un pensiero lo stesso, anche se non hai studiato Kant? Certo, ma se parti nel  formularlo affidandoti alla metafisica dogmatica… che cos’è vissuto a fare Immanuel? Vabbeh.. semplifico. Anche il pensiero ha una storia e alcuni vizi di forma del pensiero filosofico, come di quello politico, sono stati superati. Non conoscere l’evoluzione fa percorrere molta più strada, mentre si potrebbe partire con vantaggio. Ciò non toglie che qualcuno, perfettamente presente al suo tempo, possa maturare pensieri  consapevoli ed efficaci, ma quanti saranno mai costoro?
 Il sogno del Movimento è stato altrimenti realizzato dai teorici del Partito Unico e questo la dice lunga su quanto eliminare il senso delle diversità politiche sia, contrariamente a quello che si pensa, uno strumento per ridurre la democrazia. Renzi governa con Alfano e fa spesa da Verdini, Gnassi per non rischiare il ballottaggio si fa sostenere da Pizzolante. Questo è comunque un processo ecumenico… e lo è senza nemmeno la rottura di balle della Partecipazione (che strada facendo ha accumulato una bella dose di retorica).
L’impoverimento conseguente è imbarazzante. La politica è diventata l’arte di quante buche riesci a tappare l’ultimo anno di mandato, la Destra si nutre ormai dell’allucinazione collettiva secondo cui i muri rendono liberi e la Sinistrina passa il suo tempo a trovare nuovi cilici, che poi sono le analisi senza reazione delle proprie sconfitte. E il popolo? Il popolo si crogiola nella convinzione di poter dire la propria semplicemente scrivendola su facebook. E’ comunque un alibi. Quando la Democrazia è morta erano tutti sui social, chi può dire chi sia il colpevole? I risultati sono micidiali. Narcisismo di chi ha vissuto altre stagioni, nichilismo di chi non sa vivere questa, superficialità istituzionalizzata e i Diritti trattati come un effetto collaterale del business post-democratico. La Rivoluzione Municipale può attendere, abbiamo provveduto  alla sopravvivenza spiccia per 10 ore al giorno, ora ci meritiamo un aperitivo. (“e non lesinare con con quel Campari”).
In tutto questo, sembra strano, ma io una strada da percorrere ce l’ho. Si chiama Rimini People. E’ la nuova dimensione a cui mi sono dedicato e il suo motto, prima le persone, assomiglia ad uno dei claim che preferivo nel Movimento: nessuno deve rimanere indietro. Trovo che però vi sia una sfumatura diversa, data forse dalle donne che ne rappresentano l’anima. Manila, coraggiosa e indomita. Mara che, con il suo modo garbato, ma rivoluzionario, mi ricorda un po’ Mujica. Tante altre. Agnese, Alice, Bianca, Francesca, Fatima, Patrizia, Melissa, Federica, Daniela, Annalisa, Hebe… il genere di persone che non si afferma per via di una quota. Vi sono anche uomini ovviamente e devo dire che alcuni sono veicolo di riflessioni portanti, ma quello di cui ha maggior bisogno oggi la politica, intesa come la missione di rendere la felicità fruibile al maggior numero di persone possibile, è la cura, dote innata nell’universo femminile.
Un’altra distinzione. Destra Sinistra. Uomo Donna.  Alternanza e complementarità. La salvezza sta nella differenza e Rimini People è differente. Si può affermare un sillogismo? Per ora, al di là del risultato, ci si è prodigati in una campagna elettorale diversa. Chitarra, colori, sorrisi, risate, giocolieri, temi importanti, pratiche quotidiane e sempre prima le persone. La partecipazione è anche qui, come lo era nel Movimento, il faticoso obbiettivo, gioia e cruccio di chi la propone e risultati altalenanti, senza soluzione di continuità. Il motivo risiede nelle persone stesse, nella loro voglia di riscatto, ma anche nei percorsi che vengono offerti.
Penso che il prossimo periodo della mia vita lo dedicherò a questo. A raccogliere e far conoscere persone che hanno percorsi da offrire alla partecipazione.
P.S. Per chi limita la sua realizzazione politica ed esistenziale nelle previsioni di sconfitta degli altri.  Che a volte, nella vita di un’adulto, non si riesca ad ottenere quello che si vuole è normale, si chiama senso della realtà. Irrisolta  è destinata ad essere invece la vita di chi, non avendo niente di proprio da mettere sul tavolo, dipende da ciò su cui inciampano gli altri.

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