Regeni, fermata e rilasciata dopo ore giornalista che cerca verità per Giulio

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Dopo le promesse di piena collaborazione non mantenute, i depistaggi e la denuncia contro Reuters per aver riportato informazioni fornite da ambienti dei servizi che confermavano l’arresto, sempre negato, di Giulio Regeni, l’Egitto fa un ulteriore salto di qualità nell’escalation di comportamenti da regime antidemocratico.  Non solo  continua a negare le risposte dovute sulla fine del ricercatore italiano, ma minaccia e sottopone a fermo giudiziario chi cerca di andare a fondo nella ricerca della verità. La prima ad essere arrestata, e rilasciata solo dopo molte ore di interrogatorio, la  giornalista Basma Mostafa, ‘colpevole’ di aver intervistato la famiglia di alcuni dei presunti sequestratori di stranieri nella cui abitazione erano stati trovati i documenti intestati a Regeni. Ma anche altri sei suoi colleghi sono stati portati via dalla polizia vicino piazza Tahrir. Ad annunciarlo il marito della donna attraverso un tweet postato poco dopo l’arresto.

Questo il trattamento riservato a quei colleghi egiziani che non si adeguano alla linea governativa, che si ostina a propinare la improbabile versione dell’omicidio di matrice criminale.  Di certo non corre rischi la presentatrice di una tv locale che in video ha affermato sull’omicidio di Giulio Regeni, definito “di certo non l’unico caso al mondo”, che l’attenzione internazionale sulla vicenda “rappresenta un complotto e per questo il ricercatore italiano e i suoi connazionali possono anche andare al diavolo”.

La Yassen, uno dei volti più noti dell’emittente privata “Al Hadath al Youm”, dopo aver dato la notizia dell’apertura di un’inchiesta contro l’agenzia di stampa internazionale “Reuters” per aver diffuso notizie false a proposito della morte dell’italiano trovato in un fosso ai margini di una strada periferica al Cairo, ha aggiunto: “Lasciate che vi dica una cosa: tutto questo interesse a livello internazionale, come nel Regno Unito e negli Stati Uniti, rappresenta una sola cosa: siamo davanti ad un tentativo di screditare il nostro Paese”.  La Yassen ha poi spiegato che ci sono “tanti casi di egiziani spariti” nel mondo, in particolare in Italia, Stati Uniti e Sud America, dove alle “bande della mafia” tutto “è  concesso”.

La giornalista è andata oltre affermando che le varie teorie sull’omicidio sono delle provocazioni e insinuando che “tutto questo casino” sia stato sollevato per coprire un giovane ”sospetto che potrebbe anche appartenere ai servizi segreti”. Insomma Giulio Regeni se la sarebbe cercata, sia che a ucciderlo siano stati dei criminali comuni, che altri non ben identificati ‘malvagi’. A noi, guardando ai fatti, gli unici ‘malvagi’ appaiono i vertici del governo, delle autorità giudiziarie e di polizia egiziani che oltre a prendere in giro il nostro Paese, negano le risposte dovute sulla morte del ricercatore non solo allo Stato italiano ma soprattutto ai suoi familiari.

In questi giorni il regime di al-Sisi, oltre ad attuare nuove repressioni, è stato accusato da Human rights watch di nuovi casi di tortura che hanno coinvolto persino dei minorenni. Nelle ultime ore centinaia di giovani che si erano radunati per manifestare in piazza Missaha, nel quartiere cairota di Dokki, sono stati fermati dalla polizia dopo che la folla di dimostranti era stata dispersa con lancio di lacrimogeni. Gli attivisti hanno denunciato anche l’uso di cartucce caricate con pallini. Altri arresti sono scattati in un’altra zona del centro della capitale, vicino alla sede del sindacato dei giornalisti, una delle più presidiate dai servizi di sicurezza.

Intanto in Italia non si fermano le iniziative per chiedere verità e giustizia per Giulio. Ieri a Milano con il flash – mob di Amnesty Italia, supportata su Twitter dall’account collettivo @GiulioSiamoNoi, in trecento sono scesi in piazza della Scala con i genitori del giovane ucciso al Cairo, Paola e Claudio che intervenendo hanno ribadito che bisogna andare avanti, insieme, “per aiutare Giulio, noi, e tutti gli altri”. “Il vostro sostegno è molto importante – hanno aggiunto – Andiamo avanti insieme e portiamo avanti la nostra lotta per la verità e per Giulio e per tutti coloro che sono in difficoltà in quei Paesi del mondo dove i diritti umani non sono riconosciuti”.

Il 2 maggio, proprio in continuità con queste iniziative, Articolo 21, Federazione della Stampa e altre organizzazioni animeranno nella Giornata della libertà dell’informazione un tour che toccherà varie ambasciate, tra qui quella egiziana, e la sede dell’Unione Europea. Per Giulio e tutti i desaparecidos d’Egitto di cui non sapremo mai il destino e per denunciare le violazioni nei confronti di attivisti e giornalisti impegnati nella denuncia di ingiustizie e delle azioni di regimi autoritari in tutto il mondo.


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