Ora è arrivata anche la deflazione, -0,6%, dati Istat. La ripresa si allontana. Renzi e Padoan hanno qualcosa da dire?

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Di Alessandro Cardulli

Attendiamo con ansia le dichiarazioni di Renzi Matteo, Padoan Pier Carlo e, già che ci siamo del fantasioso Nannicini Tommaso, bocconiano, clone del premier, sottosegretario alla presidenza del Consiglio che, con i suoi “nannicini boys” è, di fatto, il tutore del ministro dell’Economia e Finanza, noto come Mef, che sarebbe il sopra nominato Padoan. Quello che gli economisti veri avevano previsto è arrivato: la paventata deflazione, il nemico pubblico numero 1, dice Mario Draghi, dopo nove mesi in cui ci si era barcamenati con qualche stiracchiato zero più, a febbraio si è registrata una diminuzione dei prezzi al consumo dello 0,3% su base annua, il più ampio, dice l’Istat che non può nascondere la verità, da oltre un anno (gennaio 2015), e una riduzione dello 0,2% anche su base mensile. Il mese precedente c’era stato un aumento dei prezzi dello 0,3% sull’anno e un calo dello 0,2% sul mese. I cervelloni statistici danno una spiegazione che potrebbe dare anche un bambino che frequenta le scuole elementari. Dicono che l’andamento negativo su base annua è dovuto a “una dinamica congiunturale caratterizzata da cali dei prezzi diffusi a quasi tutte le tipologie di prodotto, che si confronta con quella positiva di febbraio 2015 quando, invece,  segnarono una ripresa dei prezzi rispetto al mese precedente”. Dire ovvio è dire poco. Ma per l’Istat che ogni settimana lancia qualche numero, che dà modo a Renzi di strillare che la ripresa è stabile, è già un passo avanti. I nostri comunque non demordono e fanno sapere che ci si può appigliare al dato ancora positivo dell’inflazione di fondo, cioè quella calcolata al netto degli alimentari non lavorati e dei beni energetici (il calo del prezzo del petrolio è uno degli elementi che stanno affossando maggiormente i prezzi): rimane positiva (+0,5%), così come quella al netto dei soli beni energetici (+0,3%). Poi dalla padella cadono nella brace e i nostri statistici sono costretti a costatare che “entrambe le voci, però, rallentano sensibilmente dal +0,8% di gennaio. L’inflazione acquisita per il 2016 è così pari a -0,6%”.

Calano i prezzi del “carrello della spesa”, alimentari in particolare

Vediamo in sintesi le cause della deflazione. Istat che in genere diffonde dati a volontà questa volta è molto parco. Anche perché dovrebbe smentire se stesso che fino ad oggi ha affermato che cresceva la fiducia dei consumatori e che i consumi aumentavano. E, come gli statistici dovrebbe sapere quando i consumi aumentano, difficilmente calano i prezzi. Avviene il contrario. Ora Istat ne prende atto e spiega che i  prezzi del cosiddetto “carrello della spesa”, composto da beni alimentari, per la cura della casa e della persona,  sono scesi dello 0,1% a febbraio rispetto a gennaio e dello 0,4% su base annua (a gennaio era +0,3%). Si tratta del primo calo tendenziale da dicembre 2014 e del più ampio da luglio dello stesso anno. In particolare per i prodotti alimentari (incluse le bevande alcoliche) i prezzi diminuiscono dello 0,1% su base mensile e registrano, su base annua, un’inversione della tendenza (-0,3%, da +0,4% a gennaio).

Proprio qualche giorno fa il presidente della Bce aveva annunciato importanti misure, l’azzeramento degli interessi bancari, lanciando un vero e proprio grido di allarme perché il pericolo deflazione, a livello Eurozona, era sempre più palpabile. E l’Italia era proprio uno di quei paesi più a rischio. Draghi ha posto come obiettivo minimale quello relativo a una inflazione del 2%, una soglia ritenuta necessaria per garantire, dal fronte monetario, la stabilità della ripresa.  Ma la politica monetaria non è sufficiente a dare stabilità alla ripresa, ad assicurare lo sviluppo. Tanto più in paesi come l’Italia che presenta un deficit di bilancio molto elevato.

Bankitalia:  aumenta il debito pubblico, a gennaio + 21 miliardi

I dati diffusi da Bankitalia indicano  che il Debito pubblico registra un +21 miliardi a gennaio. In gennaio il debito delle amministrazioni pubbliche è aumentato di 21,6 miliardi, a 2.191,5 miliardi di euro. L’incremento è dovuto all’aumento delle disponibilità liquide del Tesoro (27,8 miliardi, a 63,5; 82,8 miliardi alla fine di gennaio del 2015), solo in parte compensato dall’avanzo di cassa delle Amministrazioni pubbliche (5,5 miliardi) e dall’effetto complessivo dell’emissione di titoli sopra la pari e della rivalutazione dei titoli indicizzati all’inflazione (0,6 miliardi). Con riferimento alla ripartizione per sottosettori, il debito delle Amministrazioni centrali è aumentato di 21,5 miliardi, quello delle Amministrazioni locali è diminuito di 0,3 miliardi e quello degli Enti di previdenza è aumentato di 0,5 miliardi.

I dati  confermano l’instabilità dell’andamento economico, smentendo una volta per tutte chi ancora parla di ripresa consolidata -affermano Rosario Trefiletti e Elio Lannutti, presidenti di Federconsumatori e Adusbef – , che invece “a giudicare dal tasso di inflazione, dall’andamento della disoccupazione e del PIL, sembra ancora lontana.”  Fanno presente che dal 2012 al 2015 i consumi hanno registrato una contrazione del 10% (percentuale che equivale a una diminuzione di 75,5 miliardi di Euro di spesa complessiva delle famiglie). Sottolineano la necessità di intervenire con urgenza per avviare un Piano Straordinario per il Lavoro, indispensabile per realizzare un reale e stabile rilancio dell’occupazione e dei redditi.

Economisti scettici sulla possibilità di una ripresa stabile

Infine una indagine di Bloomberg segnala che su 34 economisti intervistati in merito alla possibilità di una ripresa stabile dell’Italia solo 9 danno risposta positiva, negativa i rimanenti 25.  Che fare? Occorre un piano di investimenti pubblici, ma non aggravando il deficit, mettendo mano ad una rigorosa politica fiscale, una reale lotta all’evasione, alla corruzione che devasta i bilanci pubblici, come rileva la Corte dei Conti, attuando vere riforme della pubblica amministrazione, certo non quella targata Madia. Ma di tutto questo negli interventi di Renzi che occupano tutta la giornata mediatica, non c’è traccia. Figuratevi in quelli di Nannicini.

Da jobsnews


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