La via di Trilussa per le unioni civili

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Tra i sonetti che Carlo Alberto Salustri (in arte Trilussa, 1871-1950) scrisse senza gli animali per protagonisti, vi è “L’arte di prender moglie”, pubblicato nel 1895 a commento dell’omonimo libro del Senatore Paolo Mantegazza.

L’arcinoto poeta romano, dopo aver sorvolato sulle difficoltà di trovare l’anima gemella (“e Adamo e Eva quanno se sposònno / fecero tutto quanto senza l’arte…”); semplificato la burocrazia connessa alla celebrazione astenendosi, per di più, dal menzionarne i costi (“Fai le carte, / vai in chiesa, a Campidojo, poi se parte / pe’ fa’ tutte le cose che ce vonno”); soprasseduto sull’impresa di allevare i figli (“doppo un anno, a bon bisogno, / te nasce un pupo che nun t’assomija,”); trasvolato ironicamente sulle violenze familiari (“quattro cazzotti… e questo è er matrimogno.”) coglie tuttavia, nell’escatocollo della sua opera, il nodo fondamentale dell’istituto coniugale quando conclude: “Ma noi de ‘st’arte ce n’avemo tanta: / nun volemo sapé come se pija, / voressimo sapé come se pianta.”

A questo proposito bisogna dire che, in ordine alle unioni civili tra persone dello stesso sesso, il disegno di legge Cirinnà attualmente in discussione in Parlamento non si sottrae al tema dello scioglimento e all’art. 6 lo disciplina, almeno nella versione reperibile su Internet, richiamando espressamente e totalmente, sia sul piano sostanziale che su quello processuale, le norme già previste dall’ordinamento per la separazione personale dei coniugi eterosessuali e per il loro divorzio.

Dopo essersi affermato che in tale veste il disegno di legge sarebbe stato posto in votazione, sia pure nel rispetto della libertà di coscienza dei parlamentari, in questi ultimi giorni il dibattito politico sulle unioni civili si sta invece concentrando sulla necessità, confessionale e costituzionale, di evitare ogni parallelismo rispetto al matrimonio ed in tale direzione bisogna ammettere che il campo dello scioglimento sarebbe uno di quelli in cui la diversità tra i due istituti troverebbe senz’altro la più opportuna marcatura. Per vero, l’esperienza delle coppie sposate intorno al momento della rescissione del rapporto dovrebbe essere tale da sconsigliare vivamente le coppie omosessuali dall’invocare per loro stesse un progetto di unione simile al matrimonio.

Così come ai figli che aspirano al motorino si dovrebbe portarli al pronto soccorso una volta a settimana per un intero mese prima di procedere all’acquisto, con altrettanta frequenza si dovrebbero accompagnare le coppie omosessuali nelle anticamere dei tribunali ad assistere alle tragedie delle coppie sposate che si accingono a sancire l’insuccesso del loro sodalizio. Una simile prova ridurrebbe moltissimo l’interesse per il varo della legge sulle unioni civili così come sempre più coppie eterosessuali di astengono dal matrimonio, tanto che ormai le unioni di fatto sono statisticamente più numerose di quelle legalizzate.

Ma se proprio una legge sul vincolo delle coppie dello stesso sesso deve essere adottata, la disciplina del suo scioglimento deve essere all’insegna della massima semplificazione: non c’è peggior tortura che tenere legato a qualcuno chi ha smesso di amare, quale che ne sia il motivo. Quindi, l’espresso richiamo al matrimonio che l’attuale disegno di legge Cirinnà fa per disciplinare lo scioglimento delle unioni civili, va respinto fermamente non tanto perché identico, appunto, alle previsioni di legge in tema di matrimonio (com’è nelle intenzioni dei baciapile), quanto perché retaggio di vecchie concezioni, luogo giuridico di esaltazione dei rancori, strumento per l’esercizio di vendette, grimaldello di invidia, rabbia, stizza e gelosia.

Semplificando il più possibile il momento dello scioglimento delle coppie omosessuali, una legge per il cui varo siamo assai in ritardo rispetto agli altri più avanzati paesi del mondo proietterebbe le unioni civili all’avanguardia rispetto al matrimonio tanto che gli aderenti a quest’ultimo istituto potrebbero poi aver voglia di omologarsi ad esse invocando la parità di trattamento di cui all’art. 3 della nostra Costituzione (“pari dignità sociale … senza distinzione di sesso…” recita il testo dei Padri repubblicani) dando così luogo ad un vero e proprio ribaltamento delle posizioni attualmente sul tappeto e, quindi, con il matrimonio ad inseguire le unioni civili: almeno in tema di scioglimento. A ben vedere, sarebbe una vendetta niente male – quasi alla moda orientale – per gli ostacoli bigotti che da anni si esercitano onde contrastare la legge sulle unioni civili.


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