Tregua

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Arriva Natale, gli auguri, i regali, la bontà calendarizzata. Tutto fasullo, ma importante. Perché questo evento – ormai sconsacrato dai riti collaterali – sa sempre più di tregua. Per qualche giorno s’interrompe il coprifuoco dell’indifferenza e si curano le relazioni, più degli interessi. Si sta a tavola con calma e insieme (cenoni e pranzoni), quando il resto dell’anno siamo tutti sparpagliati nelle mense di lavoro, universitarie, in bar volanti a mangiare un panino in piedi. Le comparse (vecchi e bambini) ignorate nella fretta quotidiana diventano attori, che finalmente si vedono ascoltati e festeggiati. Si riscopre l’ozio del gioco condiviso della tombola e nel mercante in fiera, con  il “lattante” che regolarmente perde. Il noi prevale sull’io. Il qui della presenza fisica, prevale sull’altrove del contatto virtuale. C’è il brindisi, come conferma di affetto, le luci dell’albero, i dolci e il parente burlone che fa ridere tutti.

Poi la festa finisce. Le palle dell’albero e le statuine del presepe tornano a dormire nelle scatole in fondo all’armadio.
La tregua cessa. E noi torniamo quelli di sempre, che vanno di fretta, distratti emotivi e concentrati nella competizione.
Trascinati dalla corrente vorticosa del quotidiano.

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