Non subappaltiamo i profughi a Erdogan

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Sono da sempre favorevole all’inclusione della Turchia nella UE, ma non così. Non quando il potere di quel paese opprime la stampa che lo controlla come è giusto che faccia; non quando si opprimono con la violenza e gli arresti gli oppositori fino all’assassinio, come tutto lascia pensare sia accaduto nell’uccisione dell’avvocato filo-curdo Tahie Elci; non quando manchi il requisito della laicità dello Stato, premessa per la tutela di attività contrarie alle religioni, ma non ai diritti delle persone non credenti.

Il baratto “blocco dei profughi contro indifferenza europea” alle violazioni dei diritti civili – con l’aggiunta di tre miliardi di euro – è inaccettabile.
L’Europa non può comprare “in nero” il blocco dei flussi, facendo finta che sia solo normale trattativa di adesione di un nuovo stato. Anche perché il “trattenimento” dei profughi sarebbe una soluzione momentanea, non soggetta a controlli e sempre revocabile, come ricatto per ottenere altre concessioni future. La UE non ha altra strada che farsi carico di una politica comune di accoglienza e di prevenzione dei flussi, se vuole affrontare con serietà e dignità questo tema. Subappaltarlo ad aspiranti dittatori è inutile, ma soprattutto è un grave sintomo di atrofia dei nostri valori fondativi.

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