Non prendetevela coi trafficanti. La vera “industria” dell’immigrazione

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Il business dell’immigrazione sotto un diverso punto di vista: “I miliardi spesi per la militarizzazione delle frontiere negli scorsi hanno sono stati uno spreco dei soldi dei contribuenti”

Rilanciamo un articolo di Hein De Haas, docente di Sociologia presso l’Università di Amsterdam e ricercatore specializzato nel campo dell’Immigrazione (ricercatore presso l’International Migration Institute dell’Università di Oxford), nel quale “l’industria” dell’immigrazione viene analizzata e messa in relazione alle politiche europee attuate finora.

Non prendetevela coi trafficanti. La vera “industria” dell’immigrazione

Di Hein De Hass

I miliardi spesi negli ultimi anni per la militarizzazione delle frontiere hanno rappresentato uno spreco dei soldi dei contribuenti. Come siamo in grado di osservare nel corso dell’attuale “crisi dei rifugiati”, l’aumento dei controlli alle frontiere non ha impedito a richiedenti asilo e migranti di attraversare i confini. Come l’esperienza e la ricerca hanno reso abbondantemente chiaro, tali misure hanno principalmente dirottato l’immigrazione verso altri valichi, rendendo i migranti più dipendenti dai trafficanti e aumentando costi e rischi dell’attraversamento delle frontiere.

Il punto è che 25 anni di militarizzazione delle frontiere in Europa hanno solo peggiorato i problemi che pretende di poter prevenire. Come mostra un utilissimo grafico (qui di lato) realizzato dall’illustre ricercatore Jørgen Carling, l’Unione europea è entrata in un circolo vizioso nel quale il crescente numero di decessi tra i migranti ha portato a “combattere” il traffico di esseri umani e ad aumentare le pattuglie alle frontiere, cosa che obbliga rifugiati e migranti a percorrere rotte più pericolose, ricorrendo ai “servizi” offerti dai trafficanti. Rotte più lunghe e pericolose equivalgono a un maggior numero di persone ferite o morte nel tentativo di attraversare le frontiere e ciò conduce all’indignazione pubblica e all’appello per attuare controlli di frontiera più rigidi.

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Per la traduzione completa dell’articolo rimandiamo a Melting Pot (a cura di Francesca Montalti): clicca qui.

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