Crisi del fisco,crisi dello stato

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Che buon sapore di antico. Un tempo,quando eravamo nella prima repubblica, i governi partorivano con fatica la legge di stabilità, che allora si chiamava finanziaria, e il giorno dopo autorevoli esponenti di governo cominciavano a impallinarne il testo. Succede di nuovo. “Duello nel governo sul fisco”, Corriere; “Il caso dell’agenzia delle entrate, lite nel governo sulla direttrice”; “Il governo bombarda il fisco”, Fatto quotidiano, “Tax driver (con la foto di Padoan) il manifesto; “Evasione, è scontro nel governo”, Repubblica. Dunque, il sottosegretario Zanetti vuole le dimissioni della direttrice dell’agenzia delle entrate (che ha denunciato scelte contraddittorie su tasse ed evasione), Padoan la difende. Franceschini dice che Renzi ha ceduto ad Alfano sul contante. Come 25 anni fa. Solo che allora il tiro al piccione serviva a trovare un compromesso in aula, oggi denuncia l’assenza di confronto nel governo e in aula.

Les viandes rouges classées cancérigènes, Le Monde, ma anche i giornali di casa dedicano titoli e lunghi pezzi all’allarme dell’Oms sulle carni rosse, in particolare se lavorate. “É una vittoria della scienza sulla malattia e non certo dei vegetariani sui carnivori”, scrive Umbertio Veronesi (Repubblica). Vero; resta che questa vittoria è stata conseguita anche perché il cartello dei prodotti vegetali, biologici e alternativi limita il potere del cartello delle carni e degli insaccati. Davanti alla truffa Volkswagen (ugualmente cancerogena) tutti zitti, perchè c’era un cartello unico. Nel merito la novità era nota: ci ingozziamo di cibo, al di là di ogni bisogno, perchè farlo è diventato un passatempo sofisticato e costoso, perchè quel consumo -senza limiti, nè stagionali né geografici- è simbolo di successo. Folle, come l’eccesso di diagnosi e di interventi medici che deriva dal considerare la malattia il soggetto (di studi e mercato) e l’uomo la cavia. Folle come il capitalismo. Lo sa (e lo dice) Francesco, lo sapeva (e lo diceva inascoltato) Berlinguer.

Sorpresa in Argentina, il mercato potrebbe far giustizia del peronismo, scrive Financial Times. Le speranze del “mercato” sono affidate a un politico, calabrese d’origine, figlio di un ricco imprenditore, Maruricio Macri, che potrebbe vincere al ballottaggio Daniel Scioli, erede designato dalla dinastia Kirchner, quella dinastia progressista che ha accompagnato il boom dell’Argentina e ora sembra vittima delle contraddizioni di quel boom. La sinistra, moderata o riformista, paga la sua spregiudicata dedizione al sistema, e l’essiccarsi delle radici.

L’archetipo di questa sinistra (perdente) è Tony Blair, il furbissimo neo laburista che decise di accompagnare Bush nella più rovinosa delle guerre (in Iraq) ben sapendo che le prove della CIA (sulle armi di distruzione di massa) erano taroccate. Vi affidereste a uno come lui -o come Renzi o come Macron- per fermare la guerra in Medio Oriente, fronteggiare milioni di profughi, dare un senso alla proletarizzazione dei ceti medi? Ora gli intellettuali di questa sinistra -Timothy Garton Ash (Repubblica)- ci spiegano che la destra ha vinto in Polonia perché “rappresenta un’ampia sezione della società, ossia gli abitanti cattolici e patriottici dei piccoli centri urbani e dei villaggi, soprattutto nelle aree più povere ad est e sud-est del paese, gente che si sente estranea ai benefici del passaggio all’economia di mercato, ai venti gelidi del liberalismo economico e sociale”. Dunque diamogli del tempo. Non sono d’accordo. Una nuova sinistra -o quel che sarà- dovrà essere intransigente su diritti e valori, mentre cerca di recuperare il legame sentimentale con le masse frustrate dalla sviluppo diseguale.

Ops, l’Italicum è incostituzionale. Pensavano di aver fatto la legge perfetta (uno solo vince e comanda incontrastato per 5 anni) ora hanno paura dei ricorsi. Mi ripeto. Guardate al caso Roma (senza entrare nel merito delle buone ragioni che ha Marino). Quasi tutti vogliono far cadere il sindaco ma non sanno come fare. Nel nostro futuro ci saranno un premier, un governatore e un sindaco, sì eletti ma inamovibili fino a fine mandato. Un potere senza contrappesi, fabbrica di inefficienza, culla di pratiche non trasparenti, balia di corruzione. La democrazia parlamentare aveva limiti anche gravi, quella decidente -dell’Italicum e della riforma costituzionale- si annuncia ben peggiore.

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