Ungheria, Arci: il presidente “ha cambiato la Costituzione in una notte”

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Il 7 settembre in Ungheria è stata approvata la riforma sul diritto d’asilo: un’altra barriera di filo spinato si erge in questo Stato dell’Europa dell’est. Nello stesso momento, il presidio organizzato dall’Arci sotto l’ambasciata ungherese a Roma, vuol far sapere al presidente Orbàn che c’è chi si indigna e protesta di fronte ad un “atteggiamento violento e razzista” nella gestione dell’immigrazione. La riforma prevede che chi entra dalla Serbia, considerato un paese sicuro, non abbia diritto d’asilo: il 90% dei profughi entra in Ungheria proprio da lì. Oltre all’ostacolo materiale composto da filo spinato alto quattro metri e lungo 175 chilometri, è stata eretta un’ulteriore barriera legale. Proprio come nel Medioevo, “Re” Orbàn costruisce la sua fortezza contro il nemico da cui difendere sé stesso ed il suo popolo. Sì perché, ha detto il presidente ungherese in un’intervista radiofonica, gli stranieri diventeranno più degli ungheresi: per questo l’Europa deve prendere provvedimenti. Le richieste di asilo in Ungheria, secondo fonti della United Nations high commision for refugees, ogni 100 mila abitanti sono 1.310. In Italia sono 254 e in Svezia 2.359. Nonostante in Ungheria siano raddoppiate rispetto al 2014, il rischio invasione e quello di divenire addirittura una minoranza nel proprio paese, sembrano molto lontani dal potersi realizzare.

Di fronte a tutto questo c’è chi fa sentire la propria voce direttamente all’ambasciatore ungherese. Al presidio interviene Marco Miccoli (Pd) il quale ritiene che quello che sta accadendo ai confini tra Austria, Germania e Ungheria ha una portata storica e l’unica linea che si può seguire di fronte ad un esodo del genere è quella dell’accoglienza. Il compito che ha l’Europa è quello di “annunciare un salto di qualità nella politica dell’accoglienza”. E non di alzare muri.

Da parte nostra invece c’è la necessità di “non spegnere i riflettori” su di un paese, l’Ungheria, il cui governo “è senza dubbio fascista e in cui alle ultime elezioni ha avuto un notevole successo un partito ancora più a destra” dice Raffaella Bolini, responsabile delle relazioni internazionali dell’Arci. Il governo di Orbàn “osteggia da sempre le associazioni sorte per accogliere i migranti, da molto prima che i fatti ungheresi uscissero sui giornali”. Il presidente “ha cambiato la Costituzione in una notte” e il governo attua una “censura sui mezzi di informazione continua”: una situazione che la Bolini definisce “terrificante”.

Diverse le iniziative che vengono ricordate, compresa quella dell’11 settembre: La marcia delle Donne e degli Uomini scalzi che si terrà a Venezia e in altre città italiane; l’esigenza sentita da tutti quelli che si sono ritrovati sotto l’ambasciata ungherese però è di andare oltre i confini nazionali e di organizzarsi a livello europeo. Che non significa avere a che fare solo con Germania e Francia ma anche con Ungheria e Bulgaria. O con Slovacchia che quest’estate ha fatto sapere che preferirebbe accogliere rifugiati cristiani. Un’Europa dell’est insomma, che secondo la Bolini, “o diventa una risorsa democratica oppure non è altro che una zavorra”. Questo il messaggio che il presidio organizzato dall’Arci ha voluto far arrivare all’ambasciatore ungherese in Italia e al presidente Orbàn.


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