Lotta al caporalato, una battaglia sociale e di civiltà

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Dopo la morte per sfinimento di tre lavoratori nelle campagne del Mezzogiorno, il governo attuale-tramite il ministro della Giustizia Orlando e delle Politiche Agricole, Martina,  hanno accolto la richiesta presentata  da tre associazioni Terra Onlus, da Sud e Terre libere.org  per inserire nelle norme  in preparazione la responsabilità in solido dei soggetti che traggono vantaggio dallo sfrutta mento del lavoro.
“Adesso-affermano le associazioni-bisogna puntare-ala trasparenza della filiera per mettere in condizione i cittadini di essere consapevoli. Ci auguriamo che il ministro Martina voglia incontrarci al più presto per poter affrontare il tema dell’etichetta trasparente. ”
Nell’anno di Expo a Milano del 2005, le associazioni hanno consegnato a fine luglio un rapporto che ricostruisce con precisione  il percorso dei frutti dai campi agli scaffali dei supermercati individuando il cuore della filiera: un ceto di intermediari che accumula la ricchezza, organizza le raccolte usando i caporali, determina il prezzo impoverendo i piccoli produttori e acquistando i loro terreni, causa la povertà dei migranti e nega loro un’accoglienza dignitosa.

Alla campagna hanno subito aderito Amnesty International, Medici senza frontiere, Emergency,  Medu e Flai Cgil. Tre sono state le richieste principali elaborate a seguito di una ricostruzione accurata di tutti i passaggi della filiera, entro cui si nascondono le cause dello sfrutta mento nelle campagne: un’etichetta narrante che metta i  cittadini in condizione di divenire consapevoli di quel che accade e perché; un elenco  pubblico dei fornitori dell’intera filiera; la responsabilità solidale  delle imprese che devono rispondere in solido nei casi di caporalato e di sfruttamento per le condizioni economiche, temporali e igieniche del lavoro prestato.

E’ arrivata  tardi l’apertura dell’esecutivo alla fine di un’estate che è stata tragica per gli episodi finora registrati. Ma, per fortuna, è arrivata ed ora occorre far di tutto perché  le ipotesi messe in campo possano realizzarsi e il progetto politico e legislativo possa diventare uno strumento efficace contro un fenomeno che nega alla radice la tutela costituzionale prevista per i lavora tori e provoca non solo i lutti giù avvenuti ma anche la fine della speranza per le nuove generazioni che decido no di lavorare nell’agricoltura e non possiedono propri terreni. Si tratta di una battaglia sociale e di civiltà a cui l’Italia non può né deve più in nessun modo sottrarsi.


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