Regionali. Il Pd perde voti, ma conserva 4 regioni. Exploit della Lega. Liguria e Veneto al Centrodestra. Campania a De Luca al fotofinish

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Di Pino Salerno

Mentre è ancora in corso lo spoglio dei voti, la tendenza è ormai definita: vistoso calo dell’affluenza, soprattutto in regioni dove è sempre stata fortissima la partecipazione elettorale; il Partito democratico di Renzi dilapida il bottino di voti ottenuto alle scorse elezioni europee ed esce malconcio da queste Regionali, sia pur confermando i presidenti di Toscana, Marche, Puglia e Umbria; affermazione della Lega, che non solo stravince in Veneto, ma si affaccia nel Centro fagocitando i voti di Forza Italia, in caduta libera ovunque; il Movimento 5 stelle si conferma intorno al 20%; in Campania è in testa Vincenzo De Luca di 50mila voti quando mancano ancora i dati di 1400 seggi.

L’astensione. Non è stata un’idea brillantissima quella di indire le elezioni il 31 maggio in coincidenza del ponte del 2 giugno. L’astensione è stata pesantissima ovunque, ma è dalle regioni del Centro, Toscana, Marche e Umbria, la cui partecipazione al voto è sempre stata forte, che arrivano le sorprese peggiori. La Toscana raggiunge uno striminzito 48,24% di votanti, meno 18% rispetto alle Europee del 2014. L’Umbria è al 55,41%, ma nel 2014 votò il 70,50%. Le Marche sono al 49,79%, mentre furono 65,60% i votanti del 2014. In Veneto la partecipazione si riduce del 7%, dal 64% circa al 57%, mentre in Liguria si registra un meno 10%, da 60,7% a 50,7%. Il valore politico è evidente. Il segnale, soprattutto nelle regioni del Centro, è stato lanciato, in particolare ai dirigenti del Pd e del Centrosinistra.

La sconfitta del Pd. Nonostante abbia confermato i 4 governatori di Toscana, Umbria, Marche e Puglia, e nonostante abbia strappato con De Luca la Campania al Centrodestra, il Partito democratico pare il grande sconfitto di queste elezioni regionali. Brucia, e parecchio, la sconfitta ligure, come bruciano i 500mila voti persi in Veneto. Sia sul piano dei valori assoluti, sia sul piano delle percentuali, il Pd arretra ovunque. Tranne che in Toscana e nelle Marche, il Partito democratico da solo non può governare, non vince.

Il caso Liguria. Dopo dieci anni di Giunte Burlando e la celebrazione di Primarie farsa, denunciate da Cofferati, al Nazareno forse il risultato di domenica in Liguria lo attendevano. La candidata del Pd, Paita, ha manifestato tutta la sua debolezza, portando il suo partito dai 323mila voti delle europee ai 137mila delle Regionali. E per quanto concerne l’accusa alla sinistra, lanciata a caldo dalla stessa Paita, per la quale la candidatura di Pastorino, ex Pd e civatiano, avrebbe fatto vincere il Centrodestra, è smentita dai numeri. Pastorino ha preso 60mila voti, pari a circa il 9,3%. Nel 2014, la sinistra non Pd prese 42mila voti. Il distacco tra Toti, candidato di centrodestra, e la Paita rasenta i 60mila voti. Ciò vuol dire che non avrebbe vinto neppure con l’apporto degli eventuali 18mila civatiani. Resta tuttavia il dato lusinghiero in Liguria di un 10 per cento a sinistra del Pd che fa ben sperare per il futuro.

Da jobsnews.it


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