Immigrazione, ci vuole il “contratto di accoglienza”

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I flussi di migranti non si organizzano, perché questo significherebbe passare dall’emergenza alla accettazione di un problema strutturale. E questo passaggio culturale per molti sarebbe  impopolare e trasformerebbe la paura dell’invasione in voti  destro-leghisti. Quindi la non-scelta dei governi – sensibile alla pancia dell’elettorato – è “negare e disperdere”. Negare che i migranti arriveranno in Europa per decenni, finché in Africa e in Asia ci saranno violenza, caos politico e sottosviluppo. Disperdere, non identificando  chi è in transito verso altri paesi, con qualche “sgombero” locale e plateale quanto provvisorio di stazioni centrali e aiuole annesse, per far finta che basti solo la forza pubblica a rimuovere assembramenti occasionali..

Quanto potrà durare questa rimozione collettiva del problema che non fa che aumentarne la percezione a prescindere dalla dimensione?  Quanto ci vorrà a riassorbire tutto questo  panico-razzismo una volta che si sarà artatamente lasciato fermentare e propagare per mancanza di soluzioni strutturali, nazionali ed europee?
I furbi politici che pensano di arricchirsi del consenso dell’insicurezza, stanno scherzando col fuoco su cui soffiano. Mentre invece ci vorrebbero statisti lungimiranti, capaci di accettare l’evoluzione dell’emergenza in vigenza di lungo termine e varare un piano di gestione nazionale del problema migranti.
Uscendo finalmente dalla logica della dispersione e delle quote, per realizzare una filiera integrata di azioni. Dalla sostituzione del salvataggio con corridoi umanitari, alla residenza temporanea, fino ad un tempestivo “contratto di accoglienza”, che preveda fornitura di cibo, alloggio e formazione, in cambio di lavoro di pubblica utilità a favore delle collettività ospitanti, per creare un clima di collaborazione e integrazione.
Così si avrebbe il vantaggio per i migranti, che mezza giornata studierebbero e il pomeriggio lavorerebbero per la comunità, avendo la dignità di guadagnarsi l’ospitalità; e per i residenti, di percepirli non come chi toglie, ma come chi contraccambia.

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