La quinta colonna. Caffè del 19

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Un altro attentato, il più vicino all’Italia, il primo che abbia fatto morti italiani. La Stampa: “Tunisi: i primi italiani uccisi dall’Isis”. Il Fatto: “Primo sangue italiano”. Libero: “L’islam colpisce e fa strage di italiani”. Il Giornale: “È guerra”. Corriere e Repubblica, come El Pais, si guardano bene dal parlare, nei titoli, di guerra, di islam o della nazionalità delle vittime. La situazione è troppo grave per parlare alla pancia. Possono colpire ovunque, colpiranno in ogni dove. Gli attentatori (due uccisi, un terzo catturato) sono tunisini. Pare che volessero far irruzione nel Parlamento, colpire “L’ultima primavera” come dice Gilles Kepel. Poi hanno ripiegato sulla carneficina facile: “Raffiche contro i turisti”, scrive il Corriere, “l’assalto tra i mosaici e i miti greci, inno al Mediterraneo”.

E Gad Lerner scrive di una “Trincea del Mediterraneo”. Sembra che questi terroristi divoratori di morte, già morti essi stessi, vogliano mettere in scena in qualche settimana l’espansione dell’Islam nel settimo secolo: dall’Arabia Saudita a Bagdad (grazie alla castroneria di Bush!) e dal Califfato, a briglia sciolte, verso il Mediterraneo. In realtà perdono ovunque. Non si vedono folle di derelitti che inneggiano al Califfo. A Tikrit ripiegono sotto i colpi di Sciiti irakeni e iraniani. I Curdi vincono (e ora Ocalan chiude la pagina del terrorismo per aprire quella della nazione curda). A centinaia i foreign fighters stanno lasciando, delusi e  frustrati, lo “Stato” medievale di Al Bagdadi. Tornano a casa, dove magari la fanno finita. Uccidono e muoiono, perché è molto difficile il ritorno alla civiltà dalla barbarie.

Hanno però una quinta colonna, possente e radicata nella nostra opinione pubblica e nei nostri sistemi democratici. Ed è la paura. La paura ci rende simili a loro. I morti che ammazzano i vivi succhiano paura come i vampiri il sangue. Nei loro fumetti (o videogiochi) così come si sentono: bestie ferite e impaurite che vale la pena di scannare suicidandosi. La quinta colonna sono Marine Le Pen, sono Matteo Salvini e Bibi Netanyahu che speculano sulla paura. Sono gli gnomi della Bundesbank che vogliono cacciare la Grecia. Sono i giornali della destra che evocano la paura dell’Islam, come i loro antenati la giustizia di Dio, davanti al rogo delle streghe. Sono quelli che pensano di gonfiare vendite e share, perché per loro, come per Emilio Fede,“la guerra vale una scopata”. Chi ci difende, i nostri valorosi soldati, sono invece le parigine e i parigini scesi a milioni in piazza l’11 gennaio, sono gli abitanti di Tunisi accorsi ieri al Bardo per dire: “noi no”!

E gli Stati? Dovrebbero finirla di nascondere ambizioni imperiali e invidie, temporeggiando e nascondendo la realtà. La guerra in Siria e in Iraq la conbattono, per noi. Curdi e Sciiti (forse pure qualche ex soldato di Saddam). In Libano è Hezbollah, la prima trincea contro gli uomini del Califfo già al balcone sulla valle dalla Beqa’. Aiutiamoli. Con le bombe,  va bene, ma anche bloccando ogni euro che possa finire nelle casse dei tagliagole. Combattendo le ambiguità di Qatar e Arabia Saudita. Aiutiamoli, dicendo a Israele e Turchia che non è tempo di giocare: chi colpisce il nostro alleato, aiuta il nemico comune. L’Italia di Renzi vuole guidare una missione, in ambito ONU, per ridurre il danno in Libia? Vediamo, ma non se ne faccia un diversivo. Stasera Merkel e Draghi (con Parigi che media) incontrano Tsipras, che ieri ha già consumato il suo crimine: i poveri non paghino l’elettricità, 30mila alloggi ai senza tetto, aiuti alimentari per 300mila. E noi che facciamo? Gridiamo vergogna anche noi oppure guardiamo altrove, tacendo? Lupi non si dimette, Renzi tace, parla il retroscenista: “se si arriva alla mozione di sfiducia, non è detto che ti appoggi”. Che pazienza!

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