Tra guerra e crisi greca, Caffè del 6

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L’Europa rischia. Drammatico, il viaggio, deciso su due piedi,  di Hollande e Merkel prima a Kiev e poi a Mosca. Mentre John Kerry dice che gli Stati Uniti “stanno valutando la fornitura di sistemi difensivi all’Ucraina”. No, né le armi né 5mila soldati Nato ridaranno all’Ucraina la sua integrità territoriale, anzi probabilmente divideranno quel paese, come il 38esimo parallelo la Corea. Ma dall’Estonia alla Bulgaria – cartina a pagina 13 del Corriere – vivrebbe una Europa pronta alla guerra. Da questa parte l’Occidente,  dall’altra una Russia regalata ad accordi economici con Cina e Iran, pronta alla guerra fredda in Europa, con spie all’opera e soldi per chiunque faccia la quinta colonna, dal Front National alla Lega. L’Europa che avevamo sognato, amica ma autonoma dagli Stati Uniti, maestra di tolleranza nel mondo, partner della Cina e del Brasile, diverrebbe solo un triste avamposto in armi dell’american life style.

“La Germania blocca Tsipras: deve trattare con la Troika”, la Stampa. “Muro UE sulla Grecia. Tsipras: basta ricatti. Atene scende in piazza”, Repubblica. “Gelo fra Atene e Berlino”, Sole24ore, con Morya Longo che parla di “salto nel vuoto”. “Non è solo uno scontro tra Grecia ed Europa. Tra Atene e Berlino. Questa è una guerra tra due concezioni opposte di Europa: quella dei tecnici e dell’austerità a tutti i costi, contro quella dei popoli e del pragmatismo sul problema comune del debito”. Non ci credete? Si calcola che in 7 anni il debito pubblico sia cresciuto nel mondo di 25mila miliardi, quello privato di 32mila miliardi. Tuttavia i grandi investitori non pagano, contraggono debiti sempre più impagabili e – se va male – si fanno finanziare dalle banche centrali per evitare il crollo. Ai popoli si dice, invece : pagherete caro, pagherete tutto. “Atene resta isolata, tempi stretti”, Corriere.

Regaleremo Atene a Putin, costringeremo Tsipras a nazionalizzare le banche, a requisire i patrimoni per tornare alla Dracma? Non siamo ancora a questo. Su Repubblica – pagina 4 – Paul Krugman sostiene che l’ultimatum di Draghi sarebbe un segnale alla Merkel: “Cara Cancelliera Merkel, ormai siamo tanto vicini a un crac delle banche e all’uscita di Atene dall’euro. Sei sicura, davvero sicura, di voler proseguire lungo questa strada? Davvero, davvero”, Sotto traccia si tratta, in vista dell’Eurogruppo del 16, ma giocando col fuoco.

E in Italia? Vi avevo detto che con Mattarella sul Colle niente sarebbe stato come prima. Ecco! Scricchiolano le tre maggioranze (quella del Pd, l’altra di governo, e la terza per le riforme) su cui si fondava la forza di Renzi. Perché non c’è più Re Giorgio a sostenerle, perché bisogna stare attenti a minacciare la crisi del governo, visto che il Presidente ha ancora il potere di nominare un altro Primo minsitro. Ecco che Renzi – sempre il più rapido – ha preso atto dello scollamento tra gruppi parlamentari e capi bastone e non vuol più perder tempo con vertici a Palazzo Chigi e incontri al Nazareno. Tratta con i parlamentari. Una pattuglia di Scelta Civica entra nel Pd, Verdini si scopre più amico di Matteo che di Silvio, la diaspora presente e futura dei 5 Stelle viene corteggiata apertamente.

“Di responsabili si muore”, avverte Lupi e il Fatto titola “Gli Scilipoti di Renzi”. Da un anno almeno rivive il trasformismo che fu di Giolitti. Solo che ora la cosa si fa esplicita, non più ingabbiata da ricatti e incontri riservati. E – certo per convenienza – che si reintroduce il falso in bilancio perseguibile d’ufficio – “Renzi scaglia i Pm contro gli Italiani”, grida il Giornale. Si chiede a Mediaset di pagare il giusto per le frequenze televisive -“L’avviso a Berlusconi passa per le Tv”, Stefano Folli. E dovremmo strappare le vesti? Piuttosto giochiamo lo stesso gioco: mostriamo che esiste una maggioranza in Senato pronta a cambiare quella tagliola salva corrotti che è la prescrizione. Proviamo a trovare una maggioranza trasversale (anche con deputati e senatori della destra) che renda più liberale l’Italicum e meno inutile il Senato riformato – ne parla Cuperlo, Repubblica pag 12. La politica (a tutto campo) è stata ormai sdoganata, l’arbitro c’è, servono i giocatori in Parlamento. Nel Paese urge un vero confronto politico e culturale, che contrasti la rassegnata impotenza delle tifoserie urlanti.

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