La scelta del governo sul terrorismo

0 0

Finalmente ci si accorge, anche nel nostro Paese, che l’esistenza e l’azione dell’ISIS, noto altrimenti come Sta to del terrore che gli islamisti fanatici, sistemati in quel territorio mediorientale posto tra la Siria e l’Iraq e già autore di imprese terribili come l’attacco al settimanale satirico parigino Charlie Hebdo e altre prevedibili e an nunciate nelle prossime settimane, impongono ai Paesi europei(e l’Italia, per chi non può dimenticarlo) ospita anche, per così dire, un altro Stato come quello del Vaticano che ,a quanto pare, suscita l’ostilità e l’interesse degli islamisti a considerarlo come un possibile bersaglio.

Il ministro degli interni e leader, da sempre filo-berlusconiano Angelino Alfano, ha detto che occorrono provvedimenti studiati “per rendere l’Italia un posto dei sicuro nel quale vivere sereni” stilando una black list dei siti che inneggiano al terrorismo e ci sarà il potere di oscurarli: “Abbiamo -ha dichiarato il ministro-previsto anche l’arresto per coloro i quali detengono materiale esplosivo che serve a preparare le armi o per quelli che omettono di denunciare il furto di questi stessi materiali.” E ancora:” La reclusione sarà dai tre ai sei anni per chi si arruola in organizzazioni terroristiche. Da tre e ai sei anni per chi aiuta i combattenti stranieri (i cosiddetti foreign fighters) e da cinque a dieci anni per i cosiddetti “lupi solitari” che si addestrano da soli all’uso di armi e di esplosivi.

Nella sostanza andare a combatte re all’estero è diventato reato. Prima era reato solo il reclutare, da stasera reato andare a combattere all’estero.” Ma non verrà punito-e questo è contenuto nello stesso provvedimento-chi andrà a combattere contro l’ISIS. Alfano ha dichiarato che contro i sospetti di terrorismo si adotteranno le stesse misure previste contro i sospetti di mafia. Ed ha aggiunto: “il numero totale di soggetti allontanati dal territorio nazionale in quanto sospettati di radicalizzazione finalizzata al terrorismo ammonta a quindici persone.” Meno, a quanto pare, di quanto dicessero voci insistenti sulla presenza in Europa di studenti e in ogni caso giovani sul punto di arruolarsi con l’amata dell’ISIS o di Al Qaeda (ci sono anche questi terroristi, non possiamo dimenticar lo).

Nel decreto (non disegno di legge, naturalmente) ha detto Alfano “abbiamo previsto norme che riguardano la possibilità per il personale dei servizi segreti di deporre nei processi mantenendo segreta la propria identità personale. E sarà loro consentito, con autorizzazione dell’autorità giudiziaria, di effettuare fino al gennaio 2016 colloqui con soggetti detenuti o internati.” Aumentano, inoltre, i militari coinvolti nell’operazione di vigilanza sulle strade italiane. Ma il ministro Orlando ha escluso che si possa istituire una “procura” speciale sul terrorismo da affiancare a quella già esistente sulla mafia. Alfano, invece, ha dichiarato-attirandosi nuove critiche- che i 29 migranti morti ieri nel Mediterraneo sono responsabilità dell’Unione Europea e non dell’Italia che con l’operazione “Mare nostrum” aveva fatto quello che poteva per molto tempo”.

Peccato che le vittime dell’emigrazione continuino a contarsi a migliaia e nessuno fa quello che andrebbe fatto per salvare quelle povere vite.  Un’ultima osservazione, essendomi a lungo occupato dei terrorismi italiani negli anni settanta e ottanta del Novecento. Mi è venuta in mente un’osservazione che fece uno storico italiano Angelo Ventura, e che avevo già citato in un mio lungo saggio sui terrorismi e che notava una caratteristica fondamentale della situazione italiana, parlando di una inspiegabile tolleranza nell’atteggia mento dello Stato e dei suoi apparati repressivi con i terrorismi e di una più generale “tolleranza della violenza”:” Questa tolleranza-scriveva Ventura- era la risultante di due diversi fattori. Da una parte della sinistra marxista costituzionale la coscienza di un’affinità di matrici culturali, i riflessi condizionati dell’antica diffidenza verso lo Stato dei miti rivoluzionari non ancora superati, inducevano spesso ad atteggiamenti di “comprensione” verso i gruppi estremistici, ispirati anche dall’esigenza di tentarne il recupero politico, ma che in pratica finivano per coprirne le violenze. In seguito nei confronti del Partito armato e dei suoi esponenti da parte di ristretti ma influenti settori politico-culturali di sinistra non mancheranno processi di rimozione, ambigue manifestazioni di equidistanza fra Stato democratico e terrorismo, e attive solidarietà.

Dall’altro versante, dall’interno dello schieramento moderato e degli apparati dello Stato, alcune forze riterranno di poter usare l’estremismo, e poi il terrorismo rosso, per proseguire con altri strumenti, la strategia della tensione; oppure semplicemente preferiranno lasciar mano libera alla violenza estremistica che imbarazzava, screditava e nel contempo incalzava ed erodeva da sinistra i partiti comunista e socialista inficiandone la capacità di rappresentanza sociale.”


Iscriviti alla Newsletter di Articolo21