Kobane liberata dall’Isis. L’eco dall’Italia: “Vittoria di tutto il popolo curdo”

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Soran Ahmad, segretario generale dell’Istituto internazionale di Cultura curda e portavoce italiano dell’UpK commenta la vittoria sull’Isis: “L’intervento statunitense è stato importante, ma è all’Europa che guardiamo per una soluzione politica e diplomatica”

TORINO – Dal Dipartimento della difesa americano già mordono il freno, sottolineando che la guerra non può ancora dirsi del tutto vinta. Ma quella di ieri resterà una giornata storica per il popolo curdo, senza distinzioni di provenienza geografica. Partita dall’Osservatorio siriano per i diritti umani, la notizia ha continuato a prender corpo per tutta la giornata, finché la conferma è arrivata anche dal fronte: “Kobane è libera”, annunciava in serata Sherwan Minbij Darweesh, responsabile media dell’Ypg, il corpo di combattimento che, assieme ai Peshmerga, ha ricacciato le formazioni dell’Isis fuori dai confini della città.

“È una vittoria di tutto il popolo curdo” gli fa eco oggi Soran Ahmad, segretario dell’istituto internazionale di cultura curda e portavoce in Italia dell’UpK (Unione patriottica del Kurdistan), partito che detiene il governo del Kurdistan iracheno, la prima delle quattro regioni curde a fronteggiare l’avanzata dell’Isis, da cui sono partite le unità Peshmerga rivelatesi determinanti per la riconquista di Kobane.  “Ancora una volta – continua – abbiamo ribadito non solo il nostro diritto, ma la nostra capacità di autodeterminazione. Ora, però, si apre una nuova fase, in cui avremo molto più bisogno del supporto della comunità internazionale: più della metà di Kobane è rasa al suolo, ci sono ancora centinaia di cadaveri per le strade e la questione dei profughi ora si farà più pressante ”.

Da mesi, Ahmad  accompagna in giro per l’Europa le più alte cariche del suo partito, per sensibilizzare l’opinione pubblica del vecchio continente su cosa stia davvero accadendo in Rojava (cantone siriano) e nel Kurdistan iracheno: a novembre era a Roma, alla Camera dei deputati, mentre la scorsa settimana ha affiancato il parlamentare curdo-iracheno Sadi Pira nel suo incontro col pubblico torinese.  “Noi – spiega – continuiamo e continueremo a chiedere che uno stato federale curdo venga riconosciuto in ognuno dei paesi interessati, Turchia inclusa.  La vittoria a Kobane apre un nuovo scenario in questo senso, ed è questo il motivo per cui abbiamo scelto di rivolgerci al pubblico europeo. Crediamo che l’Europa, sul piano diplomatico, possa giocare un ruolo molto importante; e per questo vogliamo che i vostri governi comprendano che stringere accordi col Kurdistan rappresenta oggi un guadagno più che un costo, vista la ricchezza della nostra regione in termini di petrolio e risorse naturali”.

“Noi – ricorda Ahmad – siamo consapevoli che è stato l’intervento americano a fare da traino per una presa di posizione più decisa da parte dell’Unione europea: senza il loro intervento, il genocidio a Kobani e Shengal sarebbe andato avanti molto più a lungo. Ma se si parla di una soluzione politica e diplomatica, è all’Europa che guardiamo, soprattutto per quanto riguarda i nostri rapporti con la Turchia, che oggi aspira a entrare in Ue. È soprattutto a voi che Erdogan dovrebbe rendere conto della linea, quantomeno ambigua, assunta dal suo governo di fronte all’avanzata dell’Isis”.

Quel che è certo, è che una posizione il vecchio continente dovrà prenderla, se non altro perché è dalla città portuale di Mersin, in Turchia, che si imbarcano le centinaia di profughi curdi e siriani che in queste ore puntano alle coste europee. “Per quanto riguarda i curdi – conclude Ahmad – la tendenza finora è stata quella di restare vicini alle zone di provenienza: ciò che succederà ora dipenderà da quanto queste persone verranno abbandonate a se stesse. Il Kurdistan non ha risorse economiche sufficienti a fronteggiare un emergenza così vasta e improvvisa: in queste ore, nei dintorni di Suruc, la Turchia ha aperto un campo che ospiterà oltre 35 mila profughi. Cosa faranno e dove andranno queste persone dipenderà anche dalla linea politica e umanitaria che i vostri governi vorranno adottare”. (ams)

Da redattoresociale.it


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