Davos e Gotor

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Davos, del pregiatissimo cantone svizzero dei Grigioni, è il luogo in cui ogni anno si riuniscono le potenti eminenze grigie per  business, economia e finanza mondiali in contesti lussuosi e cotillons (il più pregiato è il Crystal Awards che ogni anno premia un artista di rilievo globale: quest’anno è andato a Bocelli). E’ ovvio che dunque colà, a differenza dell’anno scorso, oggi c’è anche il nostro questoqui Renzi.

E Gotor? Questa è più difficile. In effetti da ieri tutti gli italiani leggono e ascoltano che “gli emendamenti Gotor” sono stati bocciati dal patto del Nazareno, ma ben pochi sanno di che si tratta e di primo acchito onomatopeico potrebbe sembrare perfino inquietante.  Tranquilli: è solo il cognome di Miguel, parlamentare del Pd che nella discussione per la “nuova” legge elettoral-italicum, ha presentato emendamenti con 29 compagni (d’emendamento: che avevate capito?), che in sostanza s’oppongono ai capolista nominati dal partito perché in quel modo ancora una volta la maggioranza parlamentare non sarebbe eletta dai cittadini.

È da Davos che Renzi ha ribadito la bocciatura perché l’ Italia ha un bisogno disperato di riforme ed “è questa la stagione giusta per farle”.
Sul (generico) “bisogno disperato” credo che la maggioranza degli italiani sia d’accordo. E’ sulle “riforme” spacciate per frutti di stagione che annusa però sgradevoli odori di surgelati stagionati.


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