Corruzione e lotta al terrorismo

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Ci sono due aspetti  della crisi italiana che, una volta di più, si intrecciano e devono essere affrontate insieme, se si vuole davvero uscirne e portare il nostro Paese a una situazione propria di un paese moderno e civile. E per fortuna, pur con la prudenza e la cautela necessarie a chi conosce il nostro passato, come il nostro recente passato (mi riferisco all’orgia populista degli ultimi anni), mi sembra che più d’uno, anche nel mondo difficile e talora inquinato dei mezzi di comunicazione e delle istituzioni, qualcuno incominci a rendersene conto.

Il primo aspetto, come è ovvio, sono i livelli della corruzione che sono sempre più difficile da tollerare. Lo ha detto ieri ancora un ministro della Giustizia come Andrea Orlando che ha presentato in Parlamento una fotografia che sembra somigliante della giustizia nell’anno 2013. I successi sono innegabili nel settore civile dove il lavoro fatto ha ridotto del 6,7 % i fascicoli in entrata e lo zoccolo duro delle cause pendenti si è ridotto al 4,8% rispetto ai cinque milioni a lungo intoccabili. Orlando ha detto subito che è necessario “un più efficace contrasto a un fenomeno criminale che le inchieste giudiziarie dimostrano aver raggiunto dimensioni in tollerabili anche per il suo intreccio con strutture organizzate di tipo mafioso.”

Ma questo è il ritratto fedele di quello che è emerso dalle ultime inchieste in corso, a cominciare da Mafia capitale con “Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno infiltrato ai massimi livelli nelle istituzioni” come hanno dovuto dire con la massima chiarezza i giudici del tribunale del Riesame, aggiungendo che i manager  legati all’ex sindaco Alemanno sono “stati assolutamente proni” alle richieste dell’organizzazione delinquenziale mafiosa. Orlando rilancia l’aumento di pena per il delitto di corruzione (dagli otto ai dieci anni), parla delle confische contro i corrotti e ricorda il sì del governo all’auto riciclaggio che il governo Berlusconi aveva storpiato e declassato nel 2001 e fa ancora una volta promesse-molto attese dalla pubblica opinione democratica- sul falso in bilancio. Ma resta, ed Orlando ne è consapevole, la polemica  sulle soglie liberatorie inferiori al 5 % soprattutto la perseguibilità a querela. Già da oggi in Senato il confronto sarà duro anche all’interno del Partito democratico.

E Orlando insiste sulla responsabilità civile dei giudici che il sindacato dei magistrati continua a voler respingere.  L’altro aspetto della crisi, strettamente a legato alla battaglia, molto difficile e forse imbattibile con una coalizione eterogenea come quella attuale (non è un caso, mi pare, che ora  il leader  del Nuovo Centro Destra e Alfano e l’uomo di Arcore si incontrino di continuo per trovare il candidato moderato opposto a  un candidato democratico addirittura indigesto per l’ex cavaliere, a cominciare da Romano Prodi, a ragione seccato da perduranti tensioni interne all’Ulivo da lui fondato)è quello della indispensabile e ormai urgente contro l’attacco del terrorismo di marca islamica. E così filtra la notizia, del tutto facile da prevedere, di incontri e accordi tra la commissione dell’Unione Europea (di cui ora fa parte l’alto rappresentante per la politica estera, l’italiana Federica Mogherini) e il segretario generale della Lega Araba Nabil Al Arabi. In Italia in consiglio dei ministri sarà discusso il pacchetto contro il terrorismo coordinato dal ministro dell’Interno Alfano e si parla di estendere la collaborazione anche a Stati come la Turchia di Erdogan e l’Egitto. Si vedrà nei prossimi giorni quali misure saranno approvate ma non c’è dubbio che si andrà verso un irrigidimento delle norme nei maggiori stati europei (e noi siamo, benché qualcuno lo dimentichi la terza economia del vecchio continente) per difendersi dai gruppi terroristici che esistono in Siria e in Iraq (cioè con l’ISIS) e in Cecenia.


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