Una nuova Roma, della conoscenza, della cultura, della bellezza per sconfiggere mafie e criminalità

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Sabato gli “iscritti e i simpatizzanti” del Pd romano sono chiamati a partecipare ad una assemblea “contro le mafie e la corruzione”.  Una settimana prima avevano ascoltato il Procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone.  Un intervento  che andava “ fuori tema” perché l’assemblea del Pd era stata convocata per mettere un punto fermo ad una polemica all’interno del Pd sul rapporto con il Sindaco e la Giunta, l’esigenza di un cambio di passo, ma non la crisi che avrebbe portato alle elezioni come parte del Pd chiedeva.  Cosentino,  il segretario della Federazione,  era stato chiaro: nessuna richiesta di incarichi, di posti , decida in  piena autonomia il sindaco. Ma non è rinviabile una “agenda delle  priorità” a partire dai problemi delle periferie, un programma, aveva detto, un progetto che guardi al futuro, Roma capitale della innovazione, della conoscenza, della cultura. Pignatone era entrato a gamba tesa, ora  emerge in tutta la sua portata e durezza, l’intervento del Procuratore, lo avevano ascoltato anche alcuni degli indagati. Sapevano, non sapevano che dopo poche ore avrebbero bussato alle loro porte, alle porte dei loro uffici i carabinieri dei Ros?  Possibile che niente fosse filtrato delle indagini in corso? Si tratta  di interrogativi importanti, visto che si sono dimessi due  assessori del Pd (uno al Campidoglio, un altro alla Regione), il presidente del Consiglio comunale, qualche dirigente di rango. Tutti hanno dichiarato l’estraneità  alle accuse che vengono loro mosse. Bene.

Chi amministra una grande città come Roma ha l’obbligo di conoscere cosa sta accadendo

Ma  alcuni brani che circolano nelle redazioni dei giornali, stralci delle 1200 pagine dell’inchiesta che non “si chiude”, dice Pignatone,  indicano, al di là delle colpe dei singoli se saranno accertate, che chi ha il compito di amministrare una grande metropoli come Roma ha l’obbligo di conoscere ciò che sta accadendo.  Nella assemblea del Pd giustamente il sindaco Marino ha rivendicato il lavoro  di “pulizia” fatto dalla sua amministrazione. Ma più in là non si è andati. Certo, quando  in alcune periferie, a partire da Tor Sapienza  si sono svolte manifestazioni con punte di violenza, di razzismo, ci si è domandati chi ci stava dietro, chi in interviste rilanciate alle televisioni, materiale per i talk show, parlava di bruciare gli immigrati, e chi ci stava davanti a guidare cortei, Alemanno in testa.  Eppure nel corso degli anni, i segnali che nella città si andava formando un grumo di violenti, di criminali, c’erano tutti.

La Banda della Magliana è stata troppo preso dimenticata

La “banda della Magliana” è stata ben presto dimenticata. Si è detto che si sono eliminati a vicenda, un regolamento di conti. E si è allentata la guardia. Criminali isolati, ma niente più. Invece, se si può dire, stava germogliando una trama non oscura che con l’amministrazione Alemanno, usciva dalle fogne, attaccava l’amministrazione pubblica nei centri più deboli.  Quanti segnali dovevano arrivare perché il più grande partito romano, una storia di lotte per la democrazia, per il risanamento delle borgate, il cruccio principale di Luigi Petroselli, uscisse dalle lotte intestine e tornasse a guarda la città? Come i gattini ciechi nessuno si era accorto che personaggi ben noti della criminalità, passata e presente, avevano partecipato alle primarie, potevano mettere all’angolo chi ancora sperava nell’opera di rinnovamento del Pd, dopo gli anni bui, disperati di  Alemanno e del suo gruppo.

I favolosi fatturati della Cooperativa “29 Giugno”

Nessuno si è mai chiesto, come era possibile che una cooperativa sociale la “29 giugno” avesse un fatturato di 25,2 milioni di euro con un utile di 800 mila euro e che con le “consociate” il bilancio complessivo 2013 aveva registrato un fatturato di 55,9 milioni di euro con 1,5 milioni di utili. Qualche sindaco revisore doveva accorgersi che qualcosa non andava. E ai dirigenti di Legacoop, a cena qualche anno fa con Buzzi e soci, non è mai venuto a mente di controllare cosa stavano facendo questi personaggi? Il tenore di vita di personaggi come Massimo Carminati, ex terrorista nero, banda della Magliana, di Salvatore Buzzi, il braccio imprenditoriale, Consorzio Enriches 29, ex carcerati per reati gravissimi, era noto o doveva essere noto. Chi  compra una palazzina che costa 500 mila euro ha qualche provento extra cooperativa. Ma un dato forse più di ogni altro ci ha colpito leggendo alcuni brani delle intercettazioni. La volgarità di questi personaggi , un segnale da non sottovalutare. Carminati parla con Buzzi, Alemanno ha perso le elezioni, peccato li avevamo già comprati, era pronto l’organigramma.

Carminati: bisogna vendersi come le puttane, mettersi la minigonna

Ma Carminati non si perde d’animo e al suo braccio destro dice: “Bisogna vendere il prodotto amico mio. Bisogna vendersi come le puttane. Adesso metti la minigonna e vai a batte con questi”. Questi sarebbero la nuova maggioranza di centrosinistra. Per non parlare della “teoria” della “terra di mezzo” che ha dato il nome all’inchiesta. Ma ciò che meraviglia ancora di più è la cordialità di alcune personalità del mondo politico e istituzionale della sinistra. “Ciao ci vediamo presto” viene detto a Buzzi che cerca di inserire uno dei suoi fra i dirigenti dei dipartimenti del Comune. Oppure una parlamentare, risulterebbe dalla intercettazione che saluta Buzzi “ciao un bacione, gran capo”. Proviamo un senso di schifo, di ribrezzo. Forse un modo per togliersi di torno questi personaggi. Ma c’è un modo migliore. Invece di inviare bacioni combatterli a fondo. C’è ancora una domanda che ci facciamo: i campi rom, quelli degli immigrati sono  gli “affari d’oro” della banda . Ma solo a  Roma c’è un impasto micidiale fra mafia, criminalità nelle sue diverse forme, massoneria, destra eversiva,  finanza sporca, servizi segreti, apparati militari? Crediamo di no.  E torniamo da dove siamo partiti.

Marino “guardi” dentro la macchina burocratica, gli alemanniani convertiti

Il sindaco Marino ora ha l’opportunità di cambiare passo.  Ma deve in primo luogo guardare dentro la macchina amministrativa.  Gli alemanniani nei quadri dirigenti ci sono eccome. Certo non si possono cacciare, se hanno vinto concorsi regolari. Ma forse non si dovrebbe neppure promuoverli.  Sarebbe il caso di leggere i curricola prima di insediare a posti di grande responsabilità in dipartimenti che riguardano la formazione, la tutela della salute e del lavoro personaggi  che passano da Storace a Berlusconi, approdano a Di Stefano. Oppure uomini vicini a Panzironi che sono arrivati dall’Unire, l’associazione che organizza le corse dei cavalli. Vogliamo dire che la “macchina “ amministrativa deve avere guidatori trasparenti con la professionalità come unico sistema di valutazione.

Il rischio che nel pd si apra una guerra fra fazioni

E c’è il Pd. Si avverte già il rischio che  si apra non un confronto, come sarebbe necessario, ma una guerra fra fazioni. Il presidente del Pd, Orfini, parla di “rifondazione”, parola che vuol dire tutto e niente.  L’indagine della procura farà il suo corso. Non è compito di un partito sostituirsi ad uno dei poteri dello Stato. La criminalità, l’intreccio malefico con una politica da bassifondi, si batte se le forze democratiche, di sinistra, con le istituzioni, il Campidoglio, sono capaci di progettare la nuova Roma, la capitale della innovazione, della conoscenza , della cultura. Non crediamo ci sia il bisogno di “rifondare”. Forse basta recuperare qualcosa dal passato, dalla storia , la “questione morale” di Enrico Berlinguer,  restituire ai circoli e non alle primarie il ruolo di protagonisti politici nei territori, capaci di tradurre il “progetto”  in  iniziative concrete, visibili , partendo da chi ha più bisogno, dalla questione del Lavoro, la dignità delle persone, non importa da dove vengono o il colore della pelle. Recuperando, in quest’opera di ricostruzione della città il contributo delle forze sociali, dei sindacati, degli intellettuali, delle università.  La bellezza di Roma, una parola di cui si rischia di perdere anche il significato.


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