Esistono rimedi alla corruzione?

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Quel che è successo a Roma negli ultimi trent’anni- prima tra tutte, la nascita e la crescita di un’organizzazione fascio-mafiosa che ha poco da invidiare a quelle scoperte negli ultimi tempi in varie città italiane – dovrebbero poter insegnare a chi deve intervenire – anzi tutto, il governo Renzi, penso ,vista la difficoltà di far funzionare le Camere divise tra loro da lotte accanite delle forze politiche  e sempre più – almeno in apparenza – legate al risorgente populismo di molte di esse . Ora è ormai pacifico, da parte degli osservatori stranieri e dei pochi italiani ancora attenti e curiosi del nuovo,  che l’arma più efficace contro le associazioni mafiose forti e potenti che  percorrono in lungo e in largo il nostro territorio sarebbe l’introduzione sul nostro mercato nazionale di fattori come trasparenza e concorrenza che oggi mancano e che rendono l’Italia così corrotta e rigida come tutti hanno modo di verificare.

Non è un caso che proprio oggi un ex giudice costituzionale come Sabino Cassese  ha sentito il bisogno di scrivere in un suo editoriale- su un quotidiano milanese- che le misure annunciate(qui siamo sempre all’annuncio, arma preferita  del nostro attuale presidente del Consiglio, a cui finora non sono seguite per la verità molte realizzazioni ma il capo dello Stato- che queste cose le conosce- è sempre convinto che Renzi sia l’ultima arma di cui il Paese dispone e dunque dobbiamo aspettare che, prima o poi, qualcosa diventi realtà concreta) sono accettabili ma ha insistito-e in questo sono del tutto d’accordo con lui-che le misure annunciate e, speriamo, adottate rapidamente, vanno accompagnate da misure efficaci “per prevenire la corruzione, per creare le condizioni istituzionali che la impediscano.” E qui Cassese, guardando a quella che è l’attuale realtà istituzionale e amministrativa  con la quale abbiamo a  che fare, osserva che “in un contesto più liberalizzato, la tutela della salute sarebbe affidata maggiormente all’educazione  anche scolastica, alla fiscalità, come in Svezia per gli alcoolici in Francia(noi abbiamo le scritte sui pacchetti di sigarette ma la lobby dei produttori di alcool  è riuscita ad evitare ogni intervento). “Il secondo settore di arricchimento delle mafie, continua Cassese,  è il pizzo.

Ma le mafie non vogliono far fallire i commercianti che pagano il pizzo perché morirebbe la gallina dalle uova d’oro. Quindi scremano parte dei profitti, non quanto serve a far vivere decentemente  chi ci lavora. Ma se il settore fosse veramente liberalizzato, i  profitti praticamente sparirebbero. ” I tentativi  di intervenire in questo capo, ricorda il giurista, ci sono stati ma le resistenze sono state forti perché già all’origine il rilascio delle licenze è un affare che rende e le amministrazioni corrette lo utilizzano regolarmente. La terza -e probabilmente la maggiore-è legata agli appalti pubblici e qui la presenza delle associazioni mafiose è sempre centrale soprattutto nel settore del movimento terra, degli inerti e dei trasporti di cantieri. E qui la “grande opera pubblica” ha tempi poco elastici: a una certo punto deve esser finita. E conclude Cassese:”tutti gli attori, mafie comprese, sanno che l’opera va finita e che alla fine lo Stato pagherà. Ma proprio la conoscenza, ormai acquisita, di quel che avviene in un paese come l’Italia che è-ormai accertato. il più corrotto dell’Unione europea ,deve renderci consapevoli della complessità e della difficoltà dei rimedi da attuare. Gli annunci sono importanti ma non bastano. Occorre un progetto preciso, mezzi e uomini in grado di attuarlo. Se questo non avverrà nei prossimi mesi, c’è il rischio che la crisi continui e peggiori, che un vero e proprio baratro si apra di fronte a noi. Con un guadagno netto proprio per le associazioni mafiose che hanno nel nostro Paese il loro quartier generale.


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