Vivi sul lavoro ché il paradiso può attendere!

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 Credevamo fossero tre, invece poi è stato trovato un altro corpo senza vita. Ancora morti di per sul lavoro. La tragedia a Ca’ Emo di Rovigo che peraltro è zona di triste primato in fatto di morte cosiddetta bianca. Ancora cisterne che esalano acidi venefici e mortali. Ancora uomini che muoiono nel tentativo di salvare il compagno. E’ la storia infinita. A morti bianche succedono poi voci bianche, poi sfumature di grigio sporco tra “incidente sul lavoro” e “fatalità accidentale non prevedibile al più, se proprio si deve, imputabile a qualche negligenza” e infine: chiusura delle indagini. Di nero abbiamo oltre che negli ultimi lustri il colore di qualche pigmento, la solita storia fatta di controlli pressoché inesistenti, nessuna sanzione severissima, lassismo e precarietà, indifferenza. E’ storia che per comodità e lavaggio di coscienze chiamiamo tragedia, ma se non fossimo intasati totalmente dalla vigliaccheria, riuscirebbe a saltare fuori un briciolo di dignitoso coraggio così da chiamare questa storia come merita: omicidio. Il lavoro manca, la precarietà avanza, la tutela costa, la cecità e il bisogno la fanno da padroni, anzi da schiavisti.

La classe operaia va in paradiso? Be’ ci pare il minimo visto che in quel “reparto” si contano sempre più martiri di cui pare freghi niente a nessuno: altro che postulati per beatificazioni…


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