Federico, il “suo” giornalismo che rende liberi i cittadini. Il conflitto di interessi il nemico da battere

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Federico ci mancherà molto. A noi, alla comunità di Articolo 21, cui fin dal giorno della nascita, il 27 febbraio del 2002, ha dato un contributo essenziale. E’stato il nostro Presidente, fino al giorno della sua morte. Ma lui preferiva essere considerato un “ consigliere”, un amico di tanti di noi con i quali ,nella sua lunga carriera si era incontrato, confrontato, scontrato anche. Aveva contribuito a “inventare” Articolo 21 insieme a Beppe Giulietti, Sergio Lepri, Tommaso Fulfaro e tanti altri che lo hanno ricordato sul nostro sito. Esperienze,provenienze , connotati politici, culturali, molto diversi. Federico era un liberale,ancor meglio un uomo libero, si era trovato insieme a giornalisti schierati a sinistra, comunisti, socialisti, cattolici democratici, a intellettuali, artisti, personalità del mondo dello spettacolo. Aveva aderito, fatto proprio un vecchio slogan, sempre valido, che i giornalisti hanno il pieno diritto ad informare e che i cittadini hanno il pieno diritto ad essere informati. Lo slogan era nato in un convegno tenuto a Levico Terme dal Movimento dei giornalisti democratici. Sembra una banalità, una cosa ovvia .Non è così. Lo dimostra la storia tormentata della libertà di stampa nel nostro paese,collocato ancor oggi in posizioni di retroguardia. Il problema era stato sollevato con forza da Civiltà cattolica in un articolo datato 3 dicembre del 1966. “ C’è in Italia una assoluta libertà di stampa? Tutti i grandi organi di informazione- affermava – sono in Italia al servizio di colui o coloro che lo pagano, sono la “ voce del padrone”. Solo a questa condizione essi possono vivere. Chi perciò rifiuta di essere la “ voce del padrone” è destinato a condurre una vita grama e a morire di consunzione. Ma in tal modo sono gli stessi regimi democratici che si avviano al tramonto”. La risposta all’allarme lanciato dalla autorevole rivista dei gesuiti viene raccolto da un gruppo di giornalisti, di sinistra e cattolici che promuovono il Movimento dei giornalisti democratici e si organizzano nella corrente sindacale di “Rinnovamento” . L’autonomia e la libertà della professione sono la carta vincente di questo gruppo che prende forza nelle redazioni , provoca un dibattito in tutta la categoria, supera i confini delle appartenenze politiche. Ricordiamo coloro che non ci sono più, da Sandro Curzi a Miriam Mafai, Roberto Morrione, Andrea Barbato, Enzo Forcella,Piero Agostini, Vince il Congresso che si tiene a Salerno ( 5-10 ottobre 1970), poi rafforza la propria presenza con il Congresso che si tiene a Trento-Bolzano (2-7ottobre 1972) dove , addirittura la parte più conservatrice della Fns propone come presidente Flaminio Piccoli, uno dei più autorevoli dirigenti della Dc. Viene sconfitto da Paolo Murialdi, caporedattore del Giorno. Segretario nazionale Luciano Ceschia,giornalista Rai. Si apre una fase nuova per il giornalismo italiano, quella dei comitati di redazione, dei progetti editoriali sui quali gli organismi sindacali dicono la loro, il voto delle assemblee di redazione per la nomina dei direttori. L’autunno caldo si fa sentire,entra nelle redazioni, apre confronti a tutto campo, partecipano giornalisti delle testate con orientamenti più diversi. Federico Orlando è uno di questi, porta la sua esperienza,le sue idee, la sua collocazione anche in giornali di orientamento conservatore, nella battaglia democratica. Non ha mai rinunciato alla sua autonomia e a tutti noi,più giovani di lui, ha dato un segnale molto chiaro: che la libertà dell’informazione si può condurre da più versanti. E nella stagione della legge dell’editoria per far fronte ala crisi della carta stampata, nella lotta contro la P2, Gelli, le infiltrazioni nei grandi giornali, Orlando c’è. Condirettore del “ Giornale” di Montanelli , condivide la rottura con Berlusconi che ne era l’editore, lascia il quotidiano, nasce la Voce che avrà vita breve. Scrive un libro dal titolo significativo: “ Il sabato sera andavamo ad Arcore”. E si fa capofila della denuncia del conflitto di interessi che riguarda l’informazione e non solo. E’ la “sua” e la nostra battaglia. Orlando , per come lo abbiamo conosciuto ,aveva la curiosità che tutti noi dovremmo avere. Volle conoscere dall’interno il mondo della politica. Milita nel partito Liberale di Malagodi, nel 1996 deputato nel suo Molise nelle liste del Pds, poi un rapporto con l’Idv, i Democratici di Prodi,la Margherita di Rutelli, i Radicali. L’inquietudine di un uomo vivo che porta con sé il senso della libertà,ovunque si collochi. L’approdo ad Articolo 21 per lui era stato un fatto naturale, quasi scontato. Aveva portato in questa comunità, appunto, il senso della libertà. Ci mancherà molto, faremo di tutto per non deluderlo.


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