“Solo un piccolo passo ma è tempo di rivedere i diritti”

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di Vittorio Roidi

Un fatto positivo, nello scenario desolante della nostra informazione. Tutto sommato, la sigla del nuovo contratto nazionale può essere definita così. Nessun entusiasmo, ma un accordo che si presta a considerazioni favorevoli: la categoria resta unita; non si sfascia sotto i colpi della crisi; comincia a mettere riparo all’obbrobrio delle collaborazioni da pochi euro; ottiene dal governo quei fondi che possono aiutarla a sostenere l’Inpgi e gli ammortizzatori sociali.
E’ costato molta fatica, il contratto. Secondo gli editori poteva anche scomparire. E anche i giornalisti italiani si sarebbero trovati come quelli di tante altre nazioni, dove ciascuno deve vedersela con la propria azienda (quando ce l’ha) non esistendo un contratto nazionale di lavoro. Invece gli editori sono stati costretti a trattare. Le garanzie e gli istituti fondamentali non sono toccati e per la prima volta si riesce a regolamentare il lavoro autonomo. La remunerazione è poca cosa – se si pensa a quanto guadagnano una colf o un imbianchino – ma il passo avanti è evidente.

All’interno della Giunta federale ci sono stati contrasti. I rappresentanti dei free lance chiedevano un minimo più alto. L’hanno chiamata “svendita” e non hanno torto, ma la forza per ottenere di più il sindacato non l’aveva. Potrebbe essere, invece, un buon terreno da dissodare nei contrati aziendali.

La Fieg ha dimostrato buon senso, ben sapendo che i 120 milioni di euro messi sul tavolo dal Sottosegretario Lotti sarebbero arrivati solo dopo la sigla dell’accordo contrattuale. E quei soldi servono per dare fiato all’Inpgi e sostegno agli ammortizzatori sociali, ai quali gli editori fanno spesso ricorso. La fissa sembra ormai tramontata, ma di fronte alle difficoltà delle aziende qualche sacrificio andava fatto.

Un “contratto di contenimento” lo ha definito il Segretario Franco Siddi. Non va dimenticato che la trattativa si è svolta senza scioperi, che la categoria non sarebbe stata in grado di affrontare senza spezzarsi in tanti tronconi. Il punto è lì: fino a quando i giornalisti non avranno avrà voglia e forza per lottare, non si andrà lontano. Un tempo, nelle stagioni nelle quali le vacche erano magre, il sindacato ne approfittava per migliorare la parte professionale del contratto, quella dei diritti, che da molti anni non viene toccata (l’articolo 6 sui poteri del direttore, il 34 sui Cdr….). Speriamo che la crisi economica del settore lasci un po’ di respiro. Intanto sarebbe tempo di rilanciare e ripensare anche gli istituti fondamentali. Ma ci vuole una spinta nuova, un’energia che non sembra esistere né nelle redazioni né nel sindacato.

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