Diffamazione: Casson, “un ‘bavaglino’
per i giornalisti. La legge è da cambiare”

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Allora, senatore Casson, con la legge sulla diffamazione e il diritto di cronaca come uscita dalla Commissione giustizia del Senato, si deve parlare ancora di bavaglio per i giornalisti che rivendicano il diritto di informare e ,insieme, a quello dei cittadini ad essere informati? Comincia con questa domanda la conversazione con il  parlamentare del Pd, vicepresidente della Commissione Giustizia del  Senato. Già magistrato, un punto di riferimento importante per i giornalisti., impegnati , quasi in solitaria, in una battaglia importante  per affermare un caposaldo della nostra Costituzione, il sale di ogni democrazia che si rispetti. Felice Casson risponde subito sottolineando che  “un passo importante in Commissione è stato compiuto, quello di evitare il carcere per i giornalisti in caso di diffamazione.

Perciò parlerei di  bavaglino, perché ci sono nodi importanti da sciogliere. In Aula la legge va cambiata per trovare l’equilibrio necessario tra il diritto a scrivere, quello dei cittadini ad essere informati e quelle delle persone che si ritengono diffamate”. E indica due nodi: il primo quello che riguarda le richieste esose di indennizzi,anche milioni di euro, chiesti da chi si ritiene diffamato,le  cosiddette querele e liti temerarie,il secondo l’impedimento a replicare da parte del giornalista a chi chiede  la pubblicazione di una rettifica. La commissione del Senato ha respinto gli emendamenti che erano stati presentati.  Casson anche nella precedente legislatura si era fatto carico di questi problemi. “ Occorre riportare nella giusta dimensione-dice- l’ambito dovrebbe essere quello di ottenere il risarcimento in caso che il ricorrente abbia ragione in sede civile e non ricorrendo al penale. Fra l’altro La decisione sarebbe più rapida visto la situazione in cui si trova il penale che deve occupasi di cose più serie”. Ma – prosegue -i giornalisti non hanno buona stampa fra i politici, sono poco sensibili  alle critiche,  non lo sono quasi per niente,hanno scarso senso costituzionale.

Per questo è un risultato da valorizzare l’aver impedito il carcere del testo approvato in Commissione. Ma se vogliamo trovare il giusto equilibrio su cui a parole tutti concordano la legge va cambiata in Aula”. E si arriva così a quelli che Felice Casson Individua i due nodi da sciogliere in positivo,  se vogliamo eliminare il “bavaglino” per i giornalisti: querele temerarie e rettifiche. “ In Commissione – si rammarica – il vicepresidente-avevamo la maggioranza o meglio pensavamo di avere la maggioranza sull’emendamento presentato sulle querele temerarie. Pd, Sel. M5S avevano i voti necessari per battere Forza Italia, Ncd, Lega, Ma c’è mancato il voto del socialista Buemi, quando si dice socialismo è libertà. Lasciamo perdere e vediamo di recuperare. Perché si gioca una battaglia importante come ci dicono le organizzazione dei giornalisti. In particolare le richieste di indennizzi milionari vengono avanzate ai giornali locali  da grandi potentati. Non si tratta del singolo diffamato. Il tentativo, spesso riuscito è quello di intimidire i giornalisti e bloccare così inchieste, indagini. A Venezia se ne sa qualcosa a proposito del Mose così come nel Mezzogiorno i casi di questo tipo sono ben noti.” Allora come è possibile combattere i grandi potentati di cui parla,quale proposta ripresenterà in aula? “Codice di procedura penale o civile  alla mano il giudice accertato che si tratta di  querela temeraria pone a carico del querelante un indennizzo del 10%. Chiedi dieci milioni, Allora sei tu che devi pagarne uno,il prezzo della tua  temerarietà”. E veniamo al secondo nodo, quello della rettifica. Casson premette che la pubblicazione” deve essere adeguata al modo in cui è stato dato l’articolo e rapida. Non si può nascondere in qualche angolo del giornale”. Ma, sottolinea- non si può impedire al giornalista di dare una risposta”. E fa un esempio: arriva una rettifica di un signore che  nega di essere stato condannato a tre anni di carcere per truffa e esige la rettifica perché la notizia è falsa. In effetti c’è stato un errore. Il signore è stato condannato a tre anni ma per un altro reato.  Il giornalista avrà il diritto di replicare o no? All’aula del Senato le risposte. Ma quando? “Speriamo alla ripresa autunnale visto che il calendario è colmo e che non si può chiudere in fretta e  furia un dibattito come quello sulla riforme istituzionali.”

Fonte: “Il Velino”


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