Renzi-Mineo, Grillo-Frange. Arrivano le fibrillazioni

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La giornata di ieri è stata caratterizzata da due avvenimenti che hanno avuto echi non irrilevanti sui  media e nei gruppi dirigenti dei partiti, oltre che nelle aule parlamentari della repubblica. Il primo-per chi se ne fosse già dimenticato – è stata l’auto-sospensione di tredici senatori del Partito Democratico che hanno seguito i colleghi Chiti e Mineo, a proposito della riforma del Senato in corso e che ha provocato una risposta icastica e sprezzante  dal presidente del Consiglio e segretario del medesimo partito. Renzi ha anzitutto espulso dalla Commissione Affari Costituzionale Chiti e Mineo, colpevoli di non seguire la linea decisa dal gruppo parlamentare a proposito di quella riforma. Come abbiamo già detto, altri  parlamentari hanno seguito i due reprobi(tra i quali l’ex magistrato  Felice Casson) e il caso è esploso sui media suscitando notevole clamore. Ma quale è la sostanza del contrasto che si è determinato a proposito di quella riforma istituzionale?  Cerchiamo di riassumerlo con il massimo della sintesi.  

Il disegno di legge, presentato dal ministro Maria Elena Boschi, parla di un Senato delle autonomie che  sarà composto in maniera paritaria, in modo da rappresentare rappresentanti delle Regioni e dei Comuni in numero eguale per ogni regione ma-ha detto il presidente  del Consiglio- c’è ancora la possibilità di discutere una composizione in modo proporzionale in base al numero degli abitanti di ogni regione.  Tuttavia il numero totale dovrà essere inferiore alla metà di quello attuale.  Il nuovo Senato di cui parla Matteo Renzi  non prevede nessuna indennità per i nuovi senatori e nessun voto di fiducia o voto sul bilancio dello Stato. Le competenze del Senato saranno perciò ridotte su alcuni singoli settori.  E il voto della Camera ogni volta che il Senato si pronuncia sul testo che esce dalla Camera e quest’ultima,  in certe materie, dovrà esprimersi a maggioranza assoluta nel caso in cui ci sia stato parere negativo del Senato. E, d’altra parte, i disegni di  legge  e di bilancio saranno esaminati anche dal Senato che dovrà votare con la maggioranza assoluta se si pronuncia in maniera diversa dalla Camera. 

Peraltro il Consiglio dei Ministri ha approvato anche la riduzione del numero dei parlamentari, il disegno di legge costituzionale per il superamento del parlamentarismo paritario e la soppressione del CNEL. Ora  da parte dei senatori che si sono autosospesi(13 0 14, non è ancora chiaro)non c’è stata una ribellione, come quella di cui hanno parlato gli organi di stampa, ma soltanto un’opinione diversa, ipotizzando un nuovo Senato composto di senatori eletti direttamente e dotati di poteri maggiori di quelli previsti nel progetto di Renzi.  Di qui le reazioni degli interessati che hanno parlato non a caso di “militarizzazione” dei parlamentari che, come è noto, non possono avere  nessun vincolo di mandato. 

Il secondo avvenimento di cui vale la pena parlare è l’alleanza decisa da Beppe Grillo del suo movimento con il partito di Nigel Farange  che rappresenta, senza dubbio, come partito, l’estrema destra e proprio quella parte di populisti ed euroscettici che sembrano per molti aspetti lontani dal centro-sinistra e quei democratici  che nel nostro Paese rappresentano la lealtà alla costituzione repubblicana e i principi fondamentali di una democrazia adeguata ai nostri tempi. 

L’uno e l’altro avvenimento, ad avviso di chi scrive, non fanno ben sperare né sul futuro dell’attuale governo né sul destino che aspetta il movimento di Beppe Grillo. Il partito democratico per le divisioni interne che anche la riforma del Senato ha messo in luce ancora una volta. Né il movimento dei grillini che appare sempre più incapace di scegliere una collocazione stabile a livello italiano come a quello europeo. C’è da sperare che, nelle prossime settimane, la crisi si chiarisca e si arrivi a una maggiore chiarezza nel confuso panorama politico italiano.    


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