Cambiare la Tv si può (anche perché si deve)

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Oggi la riforma della Rai sta entrando, pare con una certa determinazione, nell’agenda del governo. Si intende innanzitutto chiedere ai cittadini cosa pensano del servizio pubblico . Noi di Senonoraquando Libere siamo pronte a discuterne perché questa questione ci è stata presente fin dall’origine della nostra storia. Per il movimento Se non ora quando?, nato nelle piazze italiane il 13 febbraio 2011, un unico filo legava la dignità delle donne e quella dell’Italia. Il declino dell’una rifletteva la marginalità delle altre. E lo specchio deformante di questo declino era costituito dal sistema mediatico, veicolo di un’immagine della donna intollerabile. Per questo abbiamo chiesto un servizio pubblico con una missione precisa: fare dell’Italia un Paese di donne e uomini con pieni diritti di cittadinanza per entrambi.

Ma come si qualifica oggi un servizio pubblico, se non si tratta solo di identificarlo con la proprietà dello Stato? Fare un servizio pubblico come quello che chiediamo richiede innanzitutto innovazione di sistema da una parte e dall’altra linguaggi e contenuti effettivamente “pubblici”, cioè non determinati dal mercato pubblicitario. Innovazione di sistema significa ridefinizione di tutto il settore radiotelevisivo e dei nuovi media; richiede inoltre liberazione della Rai dal soffocante abbraccio della politica, attraverso la costituzione di una governance indipendente e competente. Il nostro sì ad un rinnovato e qualificato intervento dello Stato passa per la nascita di una Tv pubblica con almeno un canale generalista senza spot, pagato dal canone, affinché «la mano pubblica possa far da levatrice all’iniziativa privata nella fiction, nei format e nell’animazione». Perché?

Perché la Tv generalista, soprattutto se trasmette fiction, ha a che fare con i sogni e l’identità. Ha a che fare cioè, oltre che con il racconto della realtà, con la storia di un popolo. Ora, se non si vuole lasciare la scuola, o almeno tutta la scuola, al mercato, ancor meno vogliamo lasciargli intera la memoria di un popolo e la fabbrica dei sogni. A una comunità nazionale non serve solo una comunicazione efficace tra le proprie Istituzioni e la cittadinanza. Ha forse ancor più bisogno di un luogo in cui depositare la memoria di sé, per raccontarla a se stessa infinite volte, e in forme diverse.

Un luogo dal quale attingere quel senso di identità forte che solo permette di affrontare senza paure le sfide dell’incontro con altre culture. Un luogo, in una parola, di libertà, ma anche di memoria e di costruzione delle molteplici identità che sempre più dovremo assumere. Poiché dovremo essere al contempo cittadini delle nostre città, del nostro Paese e dell’Europa, capaci di costruire una cultura europea di accoglienza nei confronti di chi viene da altri mondi a cercare riparo o fortuna nel nostro continente. Non abbiamo ora bisogno di una Tv che ci faccia pensare, ma anche sognare in europeo? Ma noi vogliamo affidare al Servizio pubblico un compito ancor più arduo di quelli finora menzionati. Noi vogliamo dargli il compito di contribuire a costruirci come popolo composto da donne e uomini. Un’opera colossale, perché vanno cambiati costumi plurimillenari, vanno rimossi stereotipi che hanno radici nella notte dei tempi. Un’opera destinata a mutare la concezione stessa dell’umano e della sua libertà. Ribadiamo perciò quel che abbiamo detto a Piazza del Popolo qualche anno fa: per affrontare un compito così fortemente impegnativo, serve chevenga affidata al nuovo Servizio Pubblico radiotelevisivo e multimediatico una “missione”. Deve essere dotato cioè di un nucleo profondo e forte di identità, capace di preservarsi, difendendosi dall’invadenza degli innumerevoli soggetti interessati a utilizzarne la forza comunicativa per scopi futili o impropri.

Avere una missione significa avere il mandato ineludibile di introdurre nella programmazione valori e idee che non sono correnti, che non si trovano sul mercato. Insomma, valori e idee inediti e farli diventare “popolari”. Se quei valori e quelle idee fossero moneta corrente, ossia già senso comune, che bisogno ci sarebbe di un sia pur rinnovato servizio pubblico? E d’altro canto che cosa c’è di più inedito nella storia della libertà femminile?

www.snoqlibere.it

Fonte: http://27esimaora.corriere.it/articolo/cambiare-la-tv-si-puoanche-perche-si-deve/


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