Giù le mani dalla Rai

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E’ curioso leggere le dichiarazioni del Dg Luigi Gubitosi il quale afferma che non si deve tagliare sull’investimento tecnologico ma poi, senza pensarci troppo, e con una fretta inspiegabile, si appresta a vendere la parte più tecnologica e strategica che la RAI possiede e cioè le TORRI PONTI della controllata RAI WAY.

Com’è noto, il d.l. 66/2014 ha disposto agli articoli 20 e 21 la non corresponsione alla RAI spa di parte del canone radiotelevisivo per l’anno 2014, nella misura di 150 mln di euro, prevedendo a tal fine che Rai possa alienare una quota della consociata RaiWay e chiudere o accorpare le Sedi Regionali. Si tratta di due facoltà che minano alla base l’essenza stessa del servizio pubblico radiotelevisivo e che compromettono non solo la solidità economica dell’azienda, ma anche la prospettiva di un rinnovo per legge della concessione che scade nel maggio 2016.
La RAI attualmente “vegeta” a causa di una governance regolata da una legge Gsaparri che, come affermato dalla Corte Costituzionale, la rende priva dei valori di indipendenza economica e finanziaria tipiche di un servizio pubblico radiotelevisivo di caratura europea.
Anche la Comunità Europea, infatti, ha ripetutamente stigmatizzato l'”anomalia italiana”, affermando infatti che: “si determina un assoggettamento delle decisioni aziendali ai voleri dei partiti di riferimento, (Rai) ha inoltre subito negli ultimi anni una serie di interventi che ne hanno seriamente minato le capacità competitive ed economiche nonché la credibilità pubblica”, al punto che il canone è la tassa più invisa (e ciò non per colpa delle maestranze e dei dipendenti che giorno dopo giorno assicurano il proprio lavoro con la dovuta professionalità).

Ricordiamo ad esempio:
– il famoso caso “Europa7”, ovvero il network privato che a livello europeo (Alta Corte del Lussemburgo) e italiano (Consiglio di Stato) vinse la causa contro Retequattro-Mediaset per l’assegnazione delle frequenze TV e risarcito non da Mediaset, di proprietà del presidente del consiglio Berlusconi, ma dalla RAI, attraverso la cessione di frequenze utilizzate dalla rete “ammiraglia “ RAIUNO. Tutto questo nel silenzio connivente e complice di manager Rai che avrebbero avuto il dovere di impugnare una tale scellerata decisione del Governo;

– l’imposizione esterna, quale Direttore Generale, di Alfredo Meocci, costata alla casse aziendali 15 milioni di euro mai recuperati per una evidente incompatibilità e come tale sanzionata dall’Agcom e poi ulteriormente confermata dal Tar e dal Consiglio di Stato;

– il mancato rinnovo del contratto Rai-Sky e la rinuncia del vertice Rai all’offerta di Murdoch di 350 milioni di euro per 7 anni per il rinnovo del contratto. Ciò al fine di agevolare Mediaset e la piattaforma del digitale terrestre voluta da Berlusconi per tentare di arginare il successo di Sky. Il Consiglio di Stato ha in seguito condannato la Rai per aver oscurato i canali digitali della tv pubblica sulla piattaforma satellitare di Murdoch, non avendo Rai rispettato gli “obblighi di servizio pubblico e del contratto di servizio (…) e la possibilità per tutti gli utenti di ricevere la programmazione pubblica gratuitamente su tutte le piattaforme distributive”. Per tale vicenda circa 700 dipendenti RAI, chiamati a raccolta dal Movimento Indignerai, hanno depositato un esposto alla Procura Regionale del Lazio della Corte dei Conti, sostituendosi, nei fatti, agli amministratori anche attuali che ben avrebbero potuto (e tuttora potrebbero) chiedere il conto ai responsabili nelle competenti sedi civili.

– infiniti interventi per nomine di manager infedeli in posti strategici (almeno uno dei quali, non si sa perchè, anche a seguito di intercettazioni che ne hanno rivelato la condotta infedele, continua a ricoprire ruoli chiave per il destino della Rai) e per la chiusura di programmi di successo.
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Tutta questa premessa per dire che, i lavoratori Rai si dichiarano esasperati dalla condotta di amministratori, direttori, dirigenti che nel tempo, pur retribuiti lautamente dalla Rai, hanno mostrato di conformare le proprie decisioni unicamente ai voleri dei politici di riferimento – in spregio a qualsiasi elementare norma civilistica di buona amministrazione, arrecando con la propria condotta danni ingentissimi al Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Ciò anche al fine di assicurarsi la compiacenza degli stessi politici per ottenere altri incarichi alla scadenza del mandato Rai.
Il MOVIMENTO LAVORATRICI E LAVORATORI INDIGNERAI, alla luce del parere dei costituzionalisti interpellati da Usigrai e Snater, i quali hanno dato parere di incostituzionalità circa il comma 4 del D.L 66/14,

INVITA TUTTE LE OO.SS AD INTRAPRENDERE UN’AZIONE STRAGIUDIZIALE DI DIFFIDA nei confronti del Direttore Generale, del Presidente e degli altri componenti del Consiglio di Amministrazione Rai.

Il membri del CDA sono:

– A) fortemente invitati ad intraprendere, nel rispetto dei doveri di diligenza imposti agli amministratori di società agli art.2392 ss. Codice Civile, tutte le iniziative legali e giudiziarie per contestare
1) la legittimità costituzionale del D.L . 66/2014
2) richiedere al Governo il pagamento del credito maturato dal 2005.
Consta infatti, da notizie di stampa, che Rai, per volontà degli attuali vertici aziendali, abbia attualmente in corso un giudizio al Tar contro il Ministero del Tesoro per il mancato adeguamento del canone per l’anno 2014: sarebbe di difficile comprensione perché si sia intrapreso un contenzioso che ha determinato una perdita per le casse aziendali stimabile in 22 milioni di euro e poi si accetti passivamente un decreto legge incostituzionale che sottrae illegittimamente a Rai circa 200 milioni.
Inoltre, com’è ampiamente noto, Rai è creditrice nei confronti dello Stato dal 2005 di somme pari a oltre due miliardi di euro per mancate coperture finanziarie degli obblighi derivanti dal contratto di servizio, come da diffida inoltrata dal Direttore Generale p.t. della Rai Lorenza Lei nel 2011.
Elementari norme di buona amministrazione imporrebbero ora decisioni finalizzate alla contestazione anche giudiziale del credito, piuttosto che al pagamento supino e remissivo di ulteriori 200 milioni, richiesti peraltro con un decreto legge incostituzionale.

– B) formalmente diffidati dall’intraprendere o coltivare iniziative finalizzate allo smantellamento o ridimensionamento del servizio pubblico in ambito territoriale e alla vendita, anche solo parziale, di asset strategici per l’Azienda, indebolendola sul piano competitivo anche in previsione del rinnovo della Concessione nel 2016. E’ noto infatti che, se la Rai (attualmente organismo di diritto pubblico) si aprisse alla “privatizzazione”, il rinnovo della concessione non potrebbe più avvenire per legge ma dovrebbe essere sottoposta a gara.
Gli attuali amministratori hanno l’obbligo legale (nonché di fedeltà) di mantenere inalterato l’attuale status giuridico non depotenziando la competitività dell’Azienda in vista dell’importante scadenza del 2016.
Qualora poi, il ricorso alla vendita di una quota minoritaria di Rai Way (valorizzazione avviata con sospetta velocità) venga giustificato con la necessità di recuperare immediata liquidità, osserviamo che l’Azienda può più utilmente e rapidamente ricorrere ad un prestito (dalla Cassa Depositi e Prestiti e anche dalle banche private) o, meglio ancora, intervenire con decisi tagli, nel torbido dei 1.300 milioni di euro di costi esterni che ogni anno vengono elargiti alle aziende anch’esse sponsorizzate dalla politica.
Con espressa riserva di ogni azione e ragione nelle sedi competenti con particolare riferimento agli ingenti danni che deriverebbero alla Rai dalla svendita di asset strategici e per i quali non esiteremo a citare in giudizio gli amministratori responsabili ai sensi degli artt. 2392 ss. Codice Civile.

Questo è quello che vorremmo vedere uscire fuori dai comunicati delle sigle, questo è quello che si aspettano moltissimi dipendenti RAI. Questa è l’ultima possibilità che avete di difendere quel poco che rimane dell’interesse generale e del bene collettivo.


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