I giornalisti non possono essere fuori dalla stagione delle riforme

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I giornalisti non possono essere fuori dalla stagione delle riforme. La legislatura va avanti , la consiliatura dell’Ordine non puo’ essere sprecata.Ed e’ chiaro che non puo’ andare avanti una proposta che ha spaccato a meta’ l’assemblea nazionale. Ma alcune posizioni molto lontane ( al netto di chi dice no alla riforma perche’ ha interesse al mantenimento dell’attuale situazione ) potrebbero ravvicinarsi ripartendo dai punti di vista emersi durante il dibattito. Si puo’ coniugare un cambiamento più’ coraggioso col rispetto pieno della storia di ciascuno e di quella ricchezza del giornalismo italiano costituita dalla coesistenza di professionismo e pubblicismo. Gli scenari sono radicalmente cambiati rispetto a mezzo ( e più’ ) secolo fa, quando fu varata l’attuale legge. L’idea in base alla quale chi lavora da giornalista lo diventa va superata , perche’ ha prodotto una valanga di lavoro non retribuito o sottoretribuito, senza garantire più’ la formazione. Sull’ipotesi di un percorso post laurea che dia titolo all’accesso c’e’ gia’ convergenza.

Ebbene chi ottiene quel titolo diventa un abilitato,che oggi per essere professionista deve iscriversi nello specifico elenco,rinunciando a fare altri lavori, laddove un mercato asfittico non gli consente poi di vivere dignitosamente.Si potrebbe ,invece, consentire a chi ottiene il titolo di entrare in un albo degli abilitati per poi scegliere,potendo in qualunque momento cambiare elenco, se iscriversi tra i giornalisti professionisti o tra i giornalisti collaboratoiari (o pubblicisti ).Cio’ comporterebbe che entrambi gli elenchi verrebbero alimentati in futuro, non ci sarebbe l’elenco ad esaurimento, che suscito’ la contrarieta’ del Consiglio e di parte della categoria.E’ chiaro che tutti gli accessi futuri all’albo avverrebbero attraverso un unico percorso formativo.Nessuno diventerebbe professionista “praticando” le redazioni, nessuno pubblicista scrivendo articoli retribuiti.Chi non vuole affrontare il percorso formativo potra’ farsi identificare e accreditare con un tesserino di collaboratore occasionale o discontinuo,rinnovato di anno in anno,previa notifica del direttore responsabile all’Ordine, ma questo non sarebbe presupposto per l’acquisizione di qualsivoglia diritto ad entrare in un albo.

La pari dignita’ dovra’ essere nella diversita’,per questo non e’ possibile accettare che qualcuno insista per chiedere che i pubblicisti partecipino al concorso Rai , mentre in futuro potra’ essere richiesta una cosa del genere per tutti gli abilitati, anche se iscritti nell’elenco dei giornalisti collaboratori. Ma la pari dignita’ diverrebbe evidente con la soluzione che si propone per la fase transitoria. Tutti i pubblicisti iscritti alla data di approvazione da parte del Consiglio Nazionale della proposta di riforma,potranno chiedere di essere ammessi all’esame di abilitazione,previa partecipazione ad un corso le cui modalita’ sarebbero decise dall’Ordine. Chi non chiedera’ di sostenere l’esame rimarra’ nell’elenco dei giornalisti collaboratori,che non sara’ pero’ ad esaurimento, in quanto sempre alimentato da chi abilitandosi non vorra’ o non potra’ permettersi l’esclusivita’ professionale.Spero che queste riflessioni , frutto anche dell’esperienza fatta sia nel comitato ristretto dell’Ordine che ha lavorato sulla riforma , sia in Consiglio nazionale possano essere utili a far sviluppare un dibattito, essendo certo che il sito di Articolo 21,in piena sintonia con lo spirito del Forum di Assisi lo ospitera’.


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