Casta: consoliamoci con Baghdad

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Il caso del volo da Beirut rispedito al mittente perché il figlio del ministro era rimasto al Duty Free Shop può essere apprezzato da molti, da noi italiani di più.

Aeroporto di Beirut. Lo speaker chiama più volte alcuni passeggeri in partenza per Baghdad. Ma visto che non si presentano al gate, dopo mezz’ora si annuncia la partenza del volo. Il gate viene chiuso, le cinture di sicurezza a bordo allacciate, poi si parte. Passano una ventina di minuti e la torre di controllo irachena contatta il velivolo, ormai in volo. “Vi impediremo di atterrare se non tornate subito indietro, avete lasciato a terra il figlio del nostro ministro dei trasporti e i suoi compagni di viaggio”. “Ma è lui che non si è presentato, benché chiamato più volte e personalmente”. “Beh, adesso è pronto, vi aspetta al gate. e se non tornate a prenderlo state certi che a Bgahdad non atterrerete.”

Questa la surreale conversazione che ha spinto il volo della Middle East Airlines a tornare indietro, fare inversione a U nei cieli, tornare a Beirut e imbarcare l’illustre ospite.

La cosa bella è che le autorità libanesi hanno deciso di rendere noto il tutto, e gli iracheni così si sono trovati costretti a negare, accampando poco convincenti problemi tecnici sopraggiunti proprio mentre il volo partiva da Beirut e che avrebbero costretto all’intervento.

Il bello è che, probabilmente, visto che l’autorevole figlio del ministro iracheno aveva regolarmente fatto il check-in, ma non ha risposto ai numerosi solleciti a recarsi al gate, con ogni probabilità deve essersi semplicemente attardato al duty free shop: quello di Beirut in effetti è molto fornito, facile facile passarci un’oretta.
La lezione: il khomeinismo non sembra poi così rivoluzionario, almeno dal punto di vista dei “privilegi”.

Da ilmondodiannibale.it


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