In una scuola di periferia (report)

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“Sento chiasso di rissa in strada. Mi affaccio, vedo un uomo che sta accoltellando un altro, mentre un complice scappa zoppicando sanguinando, colpito alla gamba dal colpo di pistola dell’amico dell’accoltellato”.
 Nell’aula magna della scuola di frontiera di Roma sud dove Libertà e Giustizia parla di “Legalità e Solidarietà” non vola una mosca.
 “Il boss arriva un attimo dopo, soccorre il suo uomo accoltellato. Vede che tutto il nostro palazzo è affacciato e ci urla di rietrare e di farci i fatti nostri. Là dovevo scegliere: o tornare a letto o andare a denunciare tutto. Ho denunciato”. Il racconto della giornalista colpisce i ragazzi come un romanzo criminale, ma la sofferenza e la fierezza con cui è stato detto, fa capire a tutti che non è fiction, ma vita.
“Anch’io avrei denunciato”, rompe il ghiaccio la ragazza con i capelli verdi, quando parlano gli studenti.
“Io – fa un compagno seduto in fondo alla sala – mi sarei fatto i fatti miei, tanto mica cambiano le cose”. I ragazzi che prendono la parola sono tanti. C’è chi parla del rischio di esporre la famiglia. Chi dice che denuncerebbe solo se la vittima fosse un familiare. Chi chiede alla giornalista se la sua vita è cambiata dopo quella denuncia.
“Sì, vivo sotto scorta. Sempre.  Ma dovevo farlo, perchè la criminalità si ingrassa di vigliacceria e indifferenza. Mentre ha vita dura nelle comunità che reagiscono e non si sottomettono”.
 Entra un ragazzo che gesticolando corre avanti e indietro davanti al tavolo, ma i ragazzi non lo canzonano. I due uomini della scorta sì irrigidiscono, ma non si scompongono. Arriva l’insegnante di sostegno, lo calma e lo convince a seguirla fuori.
 Quando tocca a me, parlo di una confidenza che una volta mi fece un detenuto, quando andammo a parlare di Costituzione a Rebibbia.. “Ho fatto il conto – mi disse – di quanti soldi mi hanno dato per fare quello che volevano loro. Poi  l’ho diviso per i giorni di galera che mi sono beccato. Mi hanno comprato anni di vita per pochi spiccioli al giorno”.
La legalità, aggiungo, ha bisogno di solidarietà. Se la vittima dei violenti viene lasciata sola, la dignità delle regole cessa per tutti. Per chi è stato oltraggiato dell’aggressione e per chi l’ha barattata con la vigliaccheria.
 La dignità o è per tutti o non è.

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