Stamina ha vinto un round

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Giornata interessante, mese, anno, interessanti per la scienza medica. Stamina ha vinto un round. Il TAR del Lazio, che nella sua storia ne ha fatte di tutti i colori, aggiunge una perla alla collana: la commissione di scienziati che doveva valutare il metodo di cure genetiche dello psicologo Vannoni deve essere sostituita da un’altra commissione più equidistante dal tema. Come se la scienza, al pari della politica, delle discussioni da bar su calcio e donne, vivesse di brividi e pareri capaci di orientarla. Tutta da ridere. Il metodo scientifico di Galileo Galilei altro non prevede se non la riproducibilità di un esperimento. Martin Fleischmann e Stanley Pons dell’Università di Salt Lake City nello Utah, i due fisici della fusione fredda, (ricordate?) ci hanno battuto seriamente la faccia. Un gruppo di investitori giapponesi gli finanziarono un avvenieristico laboratorio in costa azzurra, a Sophia Antipolis. Milioni di dollari, o di yen, finiti nel nulla perché l’esperimento non si riuscì mai a riprodurre. C’è ancora da fare, da studiare. Ma i due ricercatori non si sono trasformati in guru di un’energia politicamente corretta, non hanno incominciato a vendere pile al deuterio, o se preferite piene di acqua di mare, via internet o col metodo del “porta a porta”. Scienziati veri, e seri, hanno accettato le regole del gioco che sono poche e chiare, a prova di idiota, ma non di farabutto. Bisogna condividere la propria strada, spiegare alla comunità scientifica come si è raggiunto il risultato, la scoperta, la cura. Se la grande famiglia mondiale di “parenti serpenti” degli scienziati, dove ha senso essere critici e anche un po’ invidiosi, dice che funziona, allora si’, allora e’ fatta. Decisamente più facile, parlando di farmaci e cure, convincere malati e loro congiunti, ancora più facile se i pazienti sono bambini e i parenti genitori. Chi ama, chi soffre, chi spera non ha scelta: deve continuare a farlo. E’ giusto, legittimo e soprattutto umano. Chissà se è altrettanto umano speculare su questo dolore, farsi pagare parcelle da decine di migliaia di euro per un metodo che, restando misterioso e invalutabile, non potrà mai essere preso in considerazione da nessun servizio sanitario pubblico e resterà, dunque, solo per chi ha soldi sufficienti per concedersi una speranza, vera o farlocca che sia. Speranza che, come tante altre, dovrebbe comunque fare i conti con le reali disponibilita’ della sanità pubblica. Così come un’altra notizia di speranza, questa volta testata e concreta, darà gioia e grattacapi insieme. I test hanno dimostrato che Sovaldi, la pillola anti Epatite C, funziona davvero. Prodotta dalla Gilead Science, GILD, e’ forte dei risultati di quattro studi clinici presentati ad Amsterdam nel maggio scorso. A dimostrazione di come si fa i dati sono stati pubblicati in due articoli sul The New England Journal of Medicine, tra i giornali scientifici più importanti al mondo e sono lì’, sotto gli occhi di tutti, compresi quelli – aziende del farmaco e ricercatori – che hanno provato a fare lo stesso e si “rodono il fegato” per non esserci riusciti. Battere il virus dell’epatite C vuol dire abbattere il più resistente dei nemici del fegato.

Principio attivo il Sofosvubir, anni di test – alcuni condotti anche in Italia – si è visto che riesce a far sparire un silenzioso e subdolo killer, che in tanti hanno incontrato per colpa di una trasfusione non sicura negli anni ’70 o ’80. Da sola l’epatite C causa il 60% dei trapianti di fegato: una montagna di soldi e dolore. Ci ho perso un amico-fratello a causa di questo virus, il collega giornalista Giuseppe cioè Pino, Caiati, anche lui contagiato da una trasfusione di “sicurezza” dopo un’operazione di tonsille quando era giovanissimo. Trapiantato e scomparso due anni dopo con tanta, tanta sofferenza in mezzo. Questa cura rivoluzionaria si stima venderà più del Viagra, che è tutto dire, costa però carissima: quasi 1.000 euro al giorno, per cicli di cura che possono impegnare uno, due o tre mesi, dipende dalla resistenza del virus. Adesso fate un paragone. Un mese di questa pillola testata scientificamente, con alle spalle oltre 10 miliardi di dollari in ricerca, vale circa 30mila euro e  a quanto pare funziona. Un trattamento Stamina, mai testato ne’ spiegato a nessuno ne costa 27mila, ma – dicono – poi ci sono gli “sconti”, forse anche il “tre per due”, eccetera… Mentre i responsabili dei servizi sanitari nazionali si fanno i conti, e si “grattano la pera” preoccupati, mettete idealmente sulla bilancia le due cure. Capite adesso perché quest’anno, giorno o mese rischia di essere, nel bene o nel male, formidabile?


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