Salento, Oriente Italiano

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La difesa della tradizione, e dei settori più bistrattati della nostra economia, agricoltura e artigianato soprattutto, è l’arma più efficace per contrastare nel Mezzogiorno lo strapotere delle cosche, che sovente va a braccetto con la corruzione della politica. Anche se costa più fatica e arricchisce di meno i soliti noti.

Martiri senza ducati

Il 12 maggio 2013, con solenne cerimonia a Piazza S.Pietro a Roma, gli 813 martiri fatti a pezzi dai turchi di Ahmed Pasha il 14 agosto 1480, sono stati ufficialmente santificati (canonizzati è il termine corretto) da Papa Bergoglio.
La loro storia, infarcita di leggenda come si deve, è quella di un manipolo d’irriducibili, che riuscì a resistere per oltre 15 giorni all’assedio sotto le mura di Otranto, da parte di 150 navi da guerra turche, con 18.000 soldati a bordo. I turchi sbarcarono il 28 luglio, sulle coste di quella che oggi è conosciuta come la Baia dei Turchi, e sfondarono l’11 agosto dalla parte del castello, massacrando circa 5.000 civili maschi, riducendo in schiavitù donne e bambini.

Ai superstiti fu offerta la possibilità di aver salva la vita, a condizione di rinnegare la fede cristiana. Al loro rifiuto, furono tutti trucidati brutalmente. La prosaica realtà, sembra essere stata l’impossibilità di gran parte di loro, di pagare i trecento ducati richiesti dagli invasori per lasciarli liberi e incolumi, riscatto versato invece dai ricchi mercanti. Comunque fosse, dopo aver smembrato l’Arcivescovo Argercolo de Pendinellis, i soldati decapitarono i cittadini e segarono vivo il comandante Francesco Zurlo, impalando molti altri sul colle della Minerva. Nella leggenda si narra che il corpo di uno degli Otrantini, Antonio Grimaldo, (detto il Primaldo, il primo ad essere decapitato)una volta privo di testa, rimase in piedi per lungo tempo, terrorizzando le truppe ottomane. In verità, esiste una spiegazione scientifica a tutto ciò; infatti, anche durante la Rivoluzione Francese ci furono casi in cui la testa separata dal corpo continuava a roteare gli occhi e ammiccare, per via dell’attività delle fibre nel nervo trigemino, mentre il corpo si contorceva in maniera scoordinata a causa delle correnti ioniche. La durata di questi fenomeni varia da 10 a 20 secondi, abbastanza per alimentare un mito.
Il 30 Maggio sul Lungomare degli Eroi, a Otranto, il Cardinale Angelo Amato celebra una solenne Messa di Ringraziamento, con migliaia di presenti assiepati tra i bastioni e il molo. La cornice, intorno al crepuscolo, è unica, con fuochi d’artificio a suggello dell’evento.

Back to the 70’-80’
In quegli anni, pur essendo già allora un ricettacolo turistico importante, il Salento incassava le sue entrate soprattutto dall’agricoltura; la Cassa del Mezzogiorno aveva iniziato solo da poco a finanziare i grandi complessi turistici nazionali e internazionali, a cominciare dal francese Club Méditerranée, per continuare poi con la Valtur, fino all’attuale Serra degli Alimini. Dislocate in prossimità di Otranto, lungo la macchia mediterranea dei laghi Alimini, che si trovano in direzione Nord, queste furono tra le prime strutture a proporre le formula “all-inclusive” e della multiproprietà, termine usato per definire l’acquisto d’immobili, condivisi da due o più proprietari; il tutto compreso è la Bibbia del turismo moderno, e ha mosso i primi passi nel Meridione. Eppure a quei tempi la grande borghesia salentina, aveva ancora le proprie radici ben piantate nella terra. Soprattutto nella produzione di olio e delle barbatelle, piccole viti innestate, tramite fili di rafia, su portainnesti americani immuni dalla fillossera, il parassita che fa strage di vigneti.  Con questa tecnica, si è riusciti a preservare vitigni pregiati, quali il Negro Amaro, Salice Salentino, la Malvasia Bianca e il Primitivo di Manduria. La manodopera, impiegata per le coltivazioni di barbatelle e olivi, costituiva l’ossatura dell’occupazione pugliese, arricchita anche dalle prospettive di uno sviluppo turistico che esigeva forza lavoro, soprattutto durante la stagione estiva.

Il nostro PIL era ancora alto, gli anni cupi della speculazione finanziaria e del micidiale spread, lontani a venire. A Otranto i figli dei ricchi proprietari terrieri e dei politici importanti, si riunivano nei bar dirimpetto al Miramare, che al piano di sotto, nella discoteca Pick Up, ospitava i nostrani gigolò di ritorno dall’estero, soprattutto Germania e Svizzera, dove avevano lavorato come camerieri e manovali. Rientrati in Patria, grazie agli afflussi turistici provenienti da Francia, Germania e paesi scandinavi, molti si riciclavano come accompagnatori di benestanti dame straniere, rimorchiate sulla spiaggia o nei residence turistici prima menzionati, dove lavoravano stagionalmente, Club Med al vertice.

Le famiglie che contavano, erano quelle dei Negro (il Re della Barbatella), Monteduro, Della Gatta, i Conte e i Fitto di Maglie; Salvatore Miggiano, il sindaco di allora, carica che ha detenuto dal 1975 al 1990.  Divenuto in seguito Assessore all’Ambiente, fu indagato nel 2007, insieme all’attuale Sindaco di Otranto Cariddi, per stoccaggio illegale di rifiuti; entrambi assolti nell’ottobre 2010, con Miggiano già dimissionario a gennaio; difesi abilmente dall’ineffabile avvocato Mauro Finocchito. Cariddi rimane indagato per la costruzione abusiva di una casa per anziani. Salvatore Fitto, dal canto suo, era passato dalla carica di sindaco di Maglie, a quella di Presidente della Regione Puglia. Il figlio Raffaele farà ancora meglio; anche lui Presidente della Regione dal 2000 al 2005, salirà poi di grado, eletto Ministro degli Affari Regionali sotto il governo Berlusconi, dal 2008 al 2011.
In politica i salentini sono sempre riusciti a cogliere al volo l’occasione che si presentava al momento. La carriera di Raffaele Fitto costituisce l’esempio più clamoroso; nel 2006, conquista il centro dell’attenzione per una tangente di 500.000 euro, intascati, secondo l’accusa, dalla lista La Puglia prima di tutto, a capo della quale lo stesso Fitto, in occasione delle elezioni regionali 2005; una somma pagata per ottenere dalla Regione la gestione di 11 residenze sanitarie assistite, cui fa riferimento l’inchiesta La Fiorita; circa 200 milioni di euro di appalto, con il beneplacito del futuro Affarista Regionale berlusconiano.
Per questi fatti la Procura di Bari chiede l’autorizzazione a procedere per gli arresti domiciliari, richiesta ovviamente respinta dalla Camera dei Deputati a grande maggioranza, 457 su 462 presenti, Opposizione compresa.
Il 13 febbraio 2013, Fitto è condannato in primo grado a quattro anni di reclusione e cinque d’interdizione dai pubblici uffici, per il reato di corruzione.

Mentre per l’inchiesta Cedis, bloccata inizialmente dall’intervento del Guardasigilli Alfano, che nel Marzo 2009 aveva richiesto un’ispezione ministeriale nei riguardi della Procura di Bari, il salentino è prosciolto a luglio del 2012 per avvenuta prescrizione; ma questi, dopo averla rifiutata, riesce ad ottenere, il 22 ottobre successivo, un’assoluzione “per non aver commesso il fatto”. Fitto è anche l’artefice del costoso finanziamento per il contestato raddoppio della Statale Maglie-Otranto, che ha portato all’espianto di ulivi e querce secolari senza alcuna reale necessità. A dimostrazione dell’abilità salentina nell’ascesa politica, Dario Stefano, di Otranto, consigliere e assessore regionale con la Sel, è stato eletto prima Senatore nel febbraio 2013, per poi diventare a giugno Presidente della Giunta per le elezioni e autorizzazioni del Senato.
La stessa Giunta, che ha deliberato sulla decadenza di Silvio Berlusconi dalla carica di Senatore, dopo la condanna emessa dalla Cassazione.

Via col vento
Nel caso del Salento, così come la Puglia intera, lo scenario è simile al resto del Meridione, solo un poco più “soft” rispetto a Campania, Calabria e Sicilia, almeno sotto il profilo stragi e omicidi.  Però le magagne rimangono le stesse:

a)     Abusivismo edilizio: Quartiere Sant’Elia, Brindisi; l’eco mostro che si staglia oltre il ponte della Statale per Lecce, a ridosso del canale Patri, è l’esempio più eclatante di questo bubbone che affligge l’Italia da sempre. Per ricordare degli obbrobri simili, basta lasciar scivolare la memoria al Tiburtino III e al quartiere Corviale di Roma, morfologicamente simili. Questa periferia è il regno della SCU, la Sacra Corona Unita, la cosca che in Puglia ha il controllo pieno sul cemento, stoccaggio dei rifiuti ed energie rinnovabili. Qui Giovanni Vantaggiato fece esplodere la bomba che il 19 maggio del 2012 falciò la vita della sedicenne Melissa Bassi davanti alla scuola Morvillo Falcone, ferendo gravemente altri nove studenti. I cumuli di spazzatura che si ergono un po’ ovunque, aggravati dalla sparizione dei cassonetti, sono incrementati da quella trasportata illegalmente dagli altri rioni, che hanno eletto Sant’Elia, così come La Rosa, quali quartieri-discarica. Cosimo Consales è il sindaco di Brindisi; un fantasma, accusano i negozianti, che a Sant’Elia non ha messo mai piede, dopo la sua elezione.
Tornando al Salento orientale, la cittadina di Otranto, ha assistito all’esplosione edilizia del quartiere la Punta, che ha cambiato completamente il profilo urbanistico della comunità. Per chi ci abitava, come me, dopo tanti anni è stato impossibile riconoscerlo a prima vista; a ridosso delle case popolari, sono sorte ovunque nuove vie e palazzine, mentre l’accesso al Fascio, la scogliera più importante del paese che fronteggia il porto, resta ancora chiuso al traffico, causa il crollo dei costoni di tufo e falesia, resi friabili dall’erosione quotidiana delle onde. Transennati in maniera approssimativa, proprio sotto la piccola cappella della Madonna dell’Alto Mare, patrimonio storico del 700’, espongono i visitatori della baia al rischio di cadute accidentali. Quest’anno gli abusi più clamorosi sono stati riscontrati a Febbraio nel Comune di Uggiano La Chiesa, con sequestri e sanzioni fino a 400.000 euro, a Maggio sempre a Otranto, con il sequestro della discoteca Bahia di oltre 1800 mq.2, e Porto Cesareo, dove gli abusi iniziati nel 2009, a spese della riserva naturale di Torre Lapillo, denunciati da Lega Ambiente, sono stati ripetuti anche lo scorso luglio, sempre a causa di connivenze all’interno del Comune. La Puglia è la quarta regione italiana per il numero degli abusi edilizi, battuto anche il record del 2010 di oltre 1500 infrazioni contestate.

b)    Stoccaggio di rifiuti: il 4 Aprile 2012, la Cassazione annulla, con rinvio a giudizio, lasentenza emessa dalla Corte d’Appello di Lecce che aveva condannato a cinque anni di reclusione, nel febbraio del 2011, il gruppo Rosafio, per condotta mafiosa e smaltimento illecito di rifiuti. Liquami tossici e rifiuti organici, sarebbero stati riversati nella discarica di Ugento, e in pozzetti confluenti con le falde acquifere, nei pressi dei Comuni di Galatina, Melendugno e Presicce. Secondo l’accusa, Gianluca Rosafio, già recidivo per atti simili, sfruttando il fatto di essere il genero di Giuseppe Scarlino, alias “Calamita”, il boss storico della Sacra Corona, aveva creato un monopolio provinciale della gestione dei rifiuti. Casi del genere sono cronaca quotidiana nel Salento, così come lungo tutta la Puglia. La discarica di Cavallino ammorba l’aria a Sud di Lecce, senza dimenticare che la diossina prodotta dall’ILVA di Taranto, continua ad inquinare la parte nord occidentale della provincia salentina. Secondo la recente inchiesta trasmessa da Report, i fratelli Riva, proprietari dell’acciaieria, danno inizio nel 1995 a una sorta di corruzione occulta mirata a giornali, politici, e sindacati, sotto forma di spazi pubblicitari pagati sopra la tariffa ordinaria, e sovvenzioni elettorali.
Alla Gazzetta del Mezzogiorno, e le testate locali di Taranto, sono liquidati generosi contributi sotto forma di pubblicità; nel 1996 i Riva elargiscono a Romano Prodi, insediato alla Presidenza del Consiglio ad Aprile, circa 80.000 euro, di cui solo 49.000 dichiarati. Anni dopo la procedura viene replicata, seguendo uno schema bipartisan, nei confronti del nuovo Presidente della Regione Puglia, di nuovo il salentino Raffaele Fitto, per una somma analoga, anche questa solo parzialmente dichiarata. Ricordo che, secondo la legge 195/10974 art. 7, sul finanziamento privato ai partiti, tutti i contributi che superino i 5.000 euro debbano essere dichiarati congiuntamente dalle parti, e ovviamente per l’intero importo. A tutti i sindacati della Triplice, sono erogati 400.000 euro annui, per un totale di 6.800.000 euro dal 1996 al 2013, da essere utilizzati ai fini di un circolo ricreativo per i lavoratori, e gratifiche extra salariali.
Benefici di cui i lavoratori intervistati dichiarano non avere mai usufruito.
Per loro solo lavoro senza norme di sicurezza e 17 anni di avvelenamento costante, a base di benzopirene, diossina e poli cloruro di vinile. Trenta sono i casi accertati nella media annua, di cancro al polmone, alla vescica, gola e apparato digerente.
Nell’Aprile 2006, prima della caduta del governo Berlusconi, i Riva contribuiscono al finanziamento della cordata voluta dal Presidente per il cosiddetto salvataggio Alitalia, che si risolverà in un ulteriore flop. Berlusconi ricambia con il congelamento della pratica sull’indagine ambientale a Taranto, affidata alla Ministro Prestigiacomo. Allo stato attuale i fratelli sono indagati per il miliardo e duecento milioni sottratti dalla cassa ILVA, e depositati nel paradiso fiscale dell’isola di Jersey, nella Manica, che dipende dalla Corona Britannica, e non ha mai ratificato accordi di rogatoria con il governo italiano.  La G.d.F. avrebbe scoperto la truffa, durante il tentativo di rientro del capitale, protetto dallo scudo fiscale, nel 2009.
Torniamo al Salento; a Soleto, nella Grecìa Salentina, vige un vergognoso racket di rifiuti, anche tossici, ammassati sotto il basolato del centro storico. Il nostro mezzogiorno è anche il crocevia internazionale di scorie e materie radioattive che finiscono imbarcate, verso le coste del Nord e del Corno d’Africa; gli assassinii rimasti impuniti di Ilaria Alpi e del suo operatore, che avevano scoperto uno di questi traffici, diretto verso la Somalia, fanno parte dei casi più tragici. Traffici che, è bene ricordarlo, coinvolgono pesantemente anche connazionali residenti all’estero, come nel caso somalo.

c)     Racket delle rinnovabili: “ Il nemico peggiore di noi viticoltori è il fotovoltaico; non l’energia rinnovabile di per se, ma il fatto che si sradichino vigne preziose per disseminare pannelli ovunque, mentre la logica imporrebbe di mettere gli impianti sui tetti e nelle aree industriali dismesse, che non mancano di certo. Così facendo, si concede solo un vantaggio gratuito all’Unione Europea, che da sempre promuove la loro presenza in Puglia per limitare la nostra produzione di vini”. E’ indubbio merito di Gianvito Rizzo, viticoltore del Negro Amaro, uno dei vitigni più pregiati del Salento, se circa 150 ettari dedicati a questo prezioso nettare, siano stati strappati al business del fotovoltaico, e alle cosche che lo controllano. Oltre a Rizzo, cito la recente protesta dei viticoltori di Manduria, che si sono opposti a tale conversione, salvando così centinaia di ettari del loro Primitivo.
A tal proposito, e non solo, Oreste Caroppo, attraverso il quotidiano online “Il Tacco d’Italia”, non si stanca di denunciare scandali e soprusi ambientali, commessi non solo nel Salento, ma lungo tutto il territorio pugliese. Ancora una volta, sono le testate telematiche che riempiono il vuoto lasciato dall’informazione cartacea.
La concessione indiscriminata d’incentivi, a livello nazionale ed europeo, ha favorito il proliferare del controllo criminale su questo settore, decretando allo stesso tempo la caduta libera dell’agricoltura pugliese e nazionale in genere, laddove i contadini sono scoraggiati a continuare un’attività faticosa, a fronte dei lauti guadagni che ottengono, affittando i loro terreni a pannelli e pale eoliche. Il crollo del mercato salentino delle barbatelle, iniziato nel nuovo millennio, è la dimostrazione più evidente di questa tendenza.
La tecnica adottata dalle organizzazioni criminali, in Puglia, così come in Sicilia, Calabria e Campania, è sempre la stessa: si fanno pressioni sui proprietari terrieri per avere affitti a prezzi calmierati a lungo termine; se i soldi non bastano, entrano in campo gli avvertimenti e le minacce. Poi si passa alla corruzione degli amministratori locali, per velocizzare lo sblocco delle concessioni, e infine si coinvolgono gli investitori stranieri per intercettare gli incentivi statali.
A fronte di questa tendenza criminale, che ci ha portato, insieme alla Grecia, in fondo alla classifica europea degli Stati corrotti, gli investimenti stranieri nei nostri confronti, si sono ridotti a circa 85 miliardi, contro i 183 investiti nei Paesi Bassi, i 290 in Francia e i 500 in Gran Bretagna.
Soprattutto dal settore eolico, dove impera l’ultimo boss di Cosa Nostra, Matteo Messina Denaro, ancora latitante dopo 30 anni, sono stati ottenuti profitti mostruosi, che hanno unito nella stessa catena di alleanze Cosa Nostra, Ndrangheta, Sacra Corona e Camorra; malgrado il maxi sequestro di un miliardo e 300 milioni di euro, avvenuto recentemente ai danni di un solo boss, quel Vito Nicastri, noto “omo de panza” di Denaro. Una goccia in un oceano. A riprova di ciò, basta percorrere il tratto dell’A2/E45 da Napoli fino alla Lecce-Brindisi, per accorgersi che il paesaggio circostante è infestato da pale a perdita d’occhio.
Oltre alle viti, sono centinaia gli olivi e le querce, abbattuti durante questi anni, ai fini dello sfruttamento intensivo dei terreni per le rinnovabili.
La rivolta della scorsa primavera, avvenuta in Turchia, iniziò per via del taglio indiscriminato di 600 alberi nel Gerk Park di Istanbul, ai fini di costruire un centro commerciale, voluto dagli imprenditori musulmani che controllano le Istituzioni laggiù; una conferma del fatto che l’attacco al patrimonio ecologico delle Nazioni sia una realtà planetaria, e non solo regionale.

La Pecora Nera
Malgrado ciò, la Natura ancora resiste; e con lei, le vestigia dei tempi antichi.
Otranto, il borgo più orientale d’Italia, è una cittadina unica nel suo genere.
Presta il nome all’omonimo canale, che separa l’Italia dall’Albania.
Ha monumenti e chiese antichissime; il suo porto è stato fondamentale nel passato, quale fulcro delle attività commerciali tra Oriente e Occidente. Nelle architetture storiche, sono fusi gli stili più svariati, dal bizantino al gotico, dal normanno all’aragonese. Dalla Cattedrale, una delle più antiche d’Italia, (1080 d.C.) partirono i Crociati diretti al Santo Sepolcro, San Francesco D’Assisi la visitò in pellegrinaggio. All’interno sono custodite le ossa di S.S.Martiri.

Il Castello Aragonese, con i suoi poderosi bastioni ancora intonsi, a dispetto dell’usura del tempo, costituì un formidabile apparato difensivo, che, insieme alle torri d’avvistamento, disposte sulla costa prospiciente il porto, (Serpe, Santo Stefano e Sant’Emiliano) frenò le invasioni dei Saraceni. Dopo il sacco di Otranto, che abbiamo descritto in apertura, la città conobbe un lungo periodo di decadenza, della durata di circa un secolo, per poi riassumere il suo ruolo mercantile nel 700’.
L’impronta mediterranea è presente ovunque, specie nel borgo interno, che, attraverso un dedalo di viuzze e piazzette, sale fino ai bastioni che danno sul porto. Le mura bianche, i lastricati di basolato e pietra vulcanica, i vicoli angusti, richiamano alla memoria Istanbul, Cipro e la stessa Creta. Qui è conservata l’ultima dimora in terra di Carmelo Bene, il grande regista e drammaturgo salentino scomparso nel 2002. La sua casa diverrà presto un museo. Purtroppo le splendide palme che ornavano la “villa” (giardini in salentino) al centro del lungomare, sono state eliminate dal Punteruolo Rosso, un micidiale coleottero asiatico, che fu introdotto in Italia da un carico di piante non controllato, di provenienza egiziana. Lo stesso che minaccia d’estinzione le palme di Roma. Quaggiù è già riuscito nel suo intento.
Lasciando il porto, e salendo lungo il campeggio Hydrusa, si sbuca all’altezza di Orte, in direzione Costa Sud, su cui domina la torre del Serpe, dove, secondo la leggenda, un serpente marino trovò rifugio e cibo, bevendo l’olio che alimentava il faro, provocando, una volta spento, il naufragio delle galere turche che stavano approdando sul litorale. L’effige del rettile fu inserita nello stemma della città. Il panorama è brullo e selvaggio; nella macchia di Orte, una cava abbandonata di bauxite, che si affaccia su un cratere; all’interno di questi, per via di una falda freatica, si è formato un laghetto di acqua dolce perenne, dalla tonalità verde-azzurra.

Si prosegue fino ad arrivare a Porto Badisco, il primo approdo di Enea. Il colore dell’acqua, gelida anche in estate per via delle correnti sotterranee, assume toni smeraldini. Nei pressi del porticciolo, vi sono grotte che conservano graffiti neolitici.
A distanza di quasi 70 anni dalla fine del II Conflitto Mondiale, vengono ancora recuperati ordigni inesplosi, che fecero strage in quegli anni, specie durante l’affondamento di una nave inglese davanti alla baia. I cadaveri furono così numerosi, che si dovette trainarli a riva con l’aiuto dei muli. L’ultimo, in ordine di ritrovamento, è stato fatto brillare dagli artificieri il 22 Maggio di quest’anno.
A Badisco, la specialità gastronomica più in voga, è quella dei ricci di mare, offerti freschi per colazione, o a pranzo, nel sugo di spaghetti e linguine.
La presenza di grotte carsiche nel Salento, si accentua proseguendo verso la costa Sud, fino ad arrivare a Santa Cesarea Terme e Castro Marina. Tra i due centri, la grotta Zinzulusa, il cui nome deriva dalla presenza di stalattiti che pendono dai soffitti, detti “zinzuli” (stracci, in dialetto salentino, per via della somiglianza).
Non c’è solo il mare però…all’altezza della Torre di Sant’Emiliano, dopo Porto Badisco, si gira a destra, verso l’entroterra. Qui persistono, grazie alla tenacia dei produttori, lunghi filari di barbatelle, e soprattutto, uno degli ultimi allevamenti della pecora dalla testa nera salentina, una variante del ceppo sardo di Arbus.
Rinomata per la qualità della carne e del latte, da cui derivano formaggi dal gusto dolce, tuttora la natura di questa specie di ovini rimane un mistero; alcuni esemplari dell’allevamento presentano un vello interamente nero, oltre la testa, dalla lana di qualità eccelsa. Gli arieti hanno corna lunghe, e finemente arcuate.

Nel Salento, si consuma molta carne di pecora e agnello; i turcinieddhi, mbruscatizzi e gnummarieddhi, sono varietà deliziose di involtini di agnello, che, insieme ai pezzetti di carne di “cavaddu” (cavallo), costituiscono il piatto forte della cucina carnivora salentina.
Per fortuna nostra (e loro) le pecore nere superstiti, sono risparmiate ai fini della produzione di latte e lana.
Tornando indietro, si arriva alla Statale Maglie-Otranto; girando a destra, si ritorna alla Punta, e da qui, si continua a destra, verso il litorale Nord; costeggiando i Laghi Alimini, sulla destra la pineta, che sbocca davanti alla Baia dei Turchi. Proseguendo, si arriva a Torre dell’Orso, e dai ruderi della torre omonima, si scende sulla spiaggia, una delle più belle e lunghe del Salento.  Dopo San Foca, si arriva a San Cataldo, e da qui, girando a sinistra, alla capitale Lecce.

Nonsolomare…Martano e Borgo Terra.
La Grecìa Salentina consiste in dodici Comuni dell’entroterra, dove ancora si parla un dialetto neo-greco, il griko. Sebbene la Presidenza sia stata spostata a Calimera per via del nome (Kaliméra dal griko, si traduce in “buongiorno” mentre Kalispéra è “buonasera”) il Comune principale rimane quello di Martano. Gli altri dieci Comuni sono: Carpignano, Castrignano de’ Greci, Corigliano, Cutrofiano, Martignano, Melpignano, Sogliano Cavour, Soleto, Sternatia, Zollino.
A Martano avvengono periodicamente cicli d’incontri al fine di preservare questo retaggio linguistico che risale al 476, anno dell’inizio del dominio greco; lo studio “Post Matome Griko” consiste nella diffusione di un nuovo metodo d’insegnamento che persegue questo scopo, con ausili multimediali, oltre a dizionari e testi didattici.
Il Comune si trova proprio sopra i depositi calcarei di pietra leccese risalenti al Miocene, 23 milioni di anni fa. Il tufo “pietra leccese”, così come il carparo, sono i materiali storici di costruzione, che, dal 1486, dettero corpo a monumenti inestimabili quali il castello del Palazzo Baronale, la chiesa barocca della Matrice, dedicata alla Madonna dell’Assunta, e alla Specchia dei Mori, un cumulo di pietre di 30 metri di diametro di base, che pare custodisse dolmen a funzione tombale.
La presenza delle strutture “a volta” che caratterizza anche le costruzioni moderne, è dovuta all’opera di artigiani come Francesco Pidri, che mantengono inalterata la tecnica di un tempo, sia sotto il profilo restauri così come le nuove edificazioni.
Il progetto di Borgo Terra, consiste in una serie di piccoli bed & breakfast, ricavati all’interno di ruderi restaurati utilizzando i materiali di costruzione originali.
Tutto in queste strutture richiama la memoria post medievale, dalle arcate esterne, ai terrazzi, così come gli interni, bagni compresi.
Il rispetto dell’ambiente, è il motore principale di questo tentativo di coniugare business con patrimonio storico.
In una regione dove gli incendi, così come in Calabria, costituiscono il flagello estivo che si assomma a quelli classici, (a fine luglio, circa 100 ettari tra macchia mediterranea e pineta sono andati letteralmente in fumo, per cause dolose, tra la Statale S.Foca/San Cataldo e i Comuni di Castro, Frigole, Otranto e Tricase) la speranza di un Sud migliore è racchiusa nella nicchia “a volta” delle singole individualità, a dispetto del silenzio rumoroso delle istituzioni regionali e nazionali.


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