Legati da affettuosa giustizia

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Quando il ministro della giustizia s’espose personalmente per alleviare le pene carcerarie della detenuta Ligresti, famiglia amica da sempre, l’Italia tutta istintivamente urlò all’insulto: l’ennesimo ed ennesimo privilegio (perpetuato) da marchese del Grillo! Vogliano approfondire? Allora occorre procedere per ordine.

Intanto: proprio no l’Italia tutta. Gli adepti e seguaci dell’(ancora vigente) istituzionale ventennio da “marchese” (ex Regno ché in Repubblica fa “marchette”) difendono la presa di posizione del ministro in quanto che “umanitario gesto”  fu tal quale a quello perpetrato dall’idolo allorquando egli indusse al dovere di salvare “la nipote di Mubarak”, perciò la ministra è nel giusto e non deve dimettersi o peggio esser licenziata! Ma che schifo. Purtroppo non finisce mica qui. A quello poi s’ebbe aggiungere il Grillo che proprio dal marchesato ha potuto tirare su populismo all’insegna della più banale legge fisica: magnetismo, elettricità, ottica ricavati dall’attrazione dei poli opposti! Perciò il movimento pretende invece le dimissioni della Cancellieri.

Ne consegue che (almeno) all’Italia in buona fede e che istintivamente s’indignò, spetta il dovere di bloccarsi e di riflettere, specie alla luce dei fatti (l’intervento di Caselli, le precisazioni del DAP, le testimonianze delle famiglie Cucchi e Uva, ma soprattutto lo stato reale delle patrie carceri). Ha da bloccarsi e riflettere perché le dimissioni di qualsiasi ministro italiano della giustizia sono (e da mo’ avrebbero dovuto essere) dovute non già a fronte d’espressione personale verosimilmente imputabile a naturale manifestazione d’affetto, bensì al fatto che quel ministro, così come tutti quelli che l’hanno preceduta, ha disatteso totalmente al suo primissimo incombente: il lanciarsi a capofitto nella tragedia di migliaia di detenuti da sempre rinchiusi in condizioni disumane e dunque il lavorare per affrontare e superare gli ostacoli affinché tutti immediatamente potessero ottenere trattamento dignitoso in onore di quella rieducazione prevista dalla Costituzione, compatibile con i casi di ciascun detenuto.  Ed è perciò ministro Cancellieri che la esortiamo a essere il primo finalmente ad attivarsi perché tutti siano (in quanto siamo) uguali tutti di fronte alla legge, non già all’affetto che rende “alcuni” più uguali degli altri. A scanso d’equivoci precisiamo che rincorrere indulti e amnistie c’entra niente con quanto sopra.

Se così non le pare, allora forse è meglio che si dimetta. 


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