E i giovani stanno a guardare

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Le solite vecchie facce inossidabili della politica. Berlusconi decade ma non si arrende: il berlusconismo è ben radicato nella mentalità del “domani è un altro giorno”. Le solite vecchie prove tecniche per rimanere inchiodati agli scranni, frequentati soprattutto quando un voto può essere determinante per le rituali scelte di comodo. Alleanze neppure troppo invisibili, sotterfugi prevedibili. Le stesse, proprio le stesse facce che ricordo da sempre, da quando ero una bambina e si accendeva la tv per il telegiornale. Cambiano le sigle dei partiti, le cosiddette formazioni, nasce qualche movimento dai contenuti più o meno discutibili, ma invertendo l’ordine dei fattori il prodotto non cambia. Questa immobilità politica proprio non ce la fa a cedere il passo ai giovani, che pure di idee ce ne hanno e come!

E’ luogo comune ripetere che il mondo è dei giovani, che siamo noi il futuro e via discorrendo. Ma con quali margini, con quali spazi, con quali prospettive? Cominciamo dal lavoro. Siamo stati tenuti a bada da una vergognosa quarantena “allungata” da una riforma universitaria che non aveva proprio nessuna intenzione di tutelarci: cinque anni di università di cui gli ultimi due per conseguire la cosiddetta laurea specialistica. E poi l’Erasmus, fantastica esperienza di apertura oltreconfine, un anno all’estero per sentirci cittadini europei. La conclusione? Una laurea presa con entusiasmo e grinta che diventa un inutile pezzo di carta, una marea di stage non remunerati e, se tutto va bene, finisci col fare la commessa o ti becchi un breve contrattino a progetto. Non ci prendiamo in giro: è stato facile metterci all’angolo e impedirci di guardare al futuro. In realtà siamo scomodi noi, che nella politica vogliamo ancora crederci. Ma nella politica sana, non mercificata, quella che va al di là delle larghe intese, dove di “largo” c’è solo il tempo di attesa. I giovani sono risorsa e quante volte ci viene voglia di gridarlo, ma purtroppo sappiamo bene che la risposta sarebbe di ottusa sordità. Il lavoro è risorsa, ma purtroppo questo concetto fondamentale sfuggiva proprio alla Fornero, a cui il “mago” dell’economia Monti aveva messo “in buone mani” il welfare di un Paese in crisi, che doveva rialzare la testa dopo i danni fatti dalla politica dei festini di Arcore. Il risultato? Stiamo ancora contando le vittime della “geniale” riforma del lavoro “griffata” Fornero, più devastante di un uragano. Adesso l’ex ministra fa outing tardivo: “oggi la farei un po’ diversa…”. Il danno è ormai irreparabile. Quando è arrivato il Decreto del Fare, mi sono detta: “forse finalmente qualcuno si prende qualche responsabilità…”. E allora mi sono voluta documentare e ho letto dello stanziamento complessivo di un miliardo e mezzo di euro che la Ue avrebbe deciso di trasferire all’Italia su un totale di 9 miliardi previsti dal Fondo occupazione. Obiettivo: rilanciare il welfare e creare lavoro per “una platea complessiva di 200 mila giovani nel nostro paese entro il 2020 attraverso un deciso aumento delle opportunità di formazione e occupazione”.

Il punto è questo: non ci avete già formato nel quinquennio universitario e con i vari stage di “intrattenimento” a titolo gratuito? Caro Letta, parliamo di cose concrete: mancano 7 anni al 2020 e tu ci stai infilando in un comodo congelatore nuovo di zecca, da dove Renzi o chi per lui forse un giorno deciderà di scongelarci. Ma ci avete pensato che forse sarà un po’ troppo tardi liberare degli ostaggi quando saranno diventati ormai troppo “vecchi” per firmare il primo contratto da ultimo dei precari?


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