Santoro “al rogo” per la puntata sulla Bonev? Sbagliato e grave

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La riforma dell’Ordine dei giornalisti non solo e’ necessaria, ma mi sentirei di dire a chi vi si oppone che sia inevitabile se non si vuole che l’ente pubblico ad appartenenza obbligatoria salti del tutto. Sulla base di una percezione di ciò ampiamente condivisa si sta facendo il massimo sforzo per tagliare il traguardo. Credo che tutti debbano contribuire a creare il clima giusto perché la cosa vada a buon fine. La responsabilità deve riguardare in primo luogo chi occupa incarichi di vertice. Condivido e faccio mio, esternandolo, il malumore di tutto il gruppo di “Liberiamo l’ informazione” per la singolare dichiarazione fatta dal segretario nazionale Paolo Pirovano , che in sostanza ha invocato una valutazione del Consiglio di disciplina sull’ operato di Michele Santoro per l’intervista a Michelle Bonev, ricevendo subito il plauso di Renato Schifani. Mi sembra, oltre che complessivamente sgradevole, contro il “clima” che nella sua , credo prima , esternazione in agenzia il segretario nazionale porti fieno alla cascina degli abolizionisti, entrando a gamba tesa su un tema politicamente sensibile in totale adesione alle tesi di una parte e con atteggiamento censorio. L’Ordine che sollecita il rogo di un modello di giornalismo che puo’ non piacere a tutti e’ quello che ci sconforta, che non vogliamo. Mi si ripropone un tema che ha a lungo caratterizzato la dialettica interna quando svolgevo un altro incarico al servizio della categoria. Il giornalismo di Santoro polarizza, a tanti piace molto, a tanti per niente. Ho sempre risposto che non e’ importante come ciascuno di noi usi il telecomando, ma che ognuno di noi abbia la possibilità di farlo. Questa è la libertà il cui opposto è la censura. Poi chiunque si senta leso può rivolgersi auspicabilmente all’Ordine o al giudice. Un rappresentante della categoria che si muova d’ufficio certamente non mi rappresenta.


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