Simul stabunt simul cadent. Il caffè del 18 luglio

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da corradinomineo.it

Vorrei sapere se è stato Il capo gabinetto del sindaco di Firenze, Matteo Renzi, a ricevere l’ambasciatore del Kazakistan e a mettere in moto la macchina infernale del blitz a Casal Palocco. Mi chiedo se Cuperlo abbia suggerito a poliziotti e magistrati di sequestrare Alma e Alua e di ottenere presto tutti i bolli necessari a espellerle. E se per caso Civati non abbia distratto, con i suoi occhi azzurri e i modi garbati, la ministra Bonino impedendole di vedere quel grosso jet con i motori accesi all’aeroporto di Ciampino, affittato per rimettere moglie e figlia di un dissidente kazako nelle mani del Presidente-Dittatore nemico di quel dissidente.

Lo vorrei sapere perché oggi alcuni giornali e in particolare uno, Il Corriere della Sera, fanno come se la notizia non fosse che abbiamo perso, in Italia, ogni sovranità nazionale. Come se non avesse senso chiedersi se il Vice Presidente del Consiglio e Ministro dell’Interno abbia mentito in Parlamento, o almeno celato una parte importante della verità. No, per il Corriere la notizia è un’altra, perché le fibrillazioni dentro il  Pd stanno mettendo a rischio un  Governo febbrilmente impegnato a governare nell’interesse del Pese! “Pd spaccato, no alla sfiducia. Letta e Epifani frenano i renziani”, recita il titolo grosso del Corriere della Sera. Ma subito un fondo di Massimo Franco aggiunge: “Il premier bersaglio del fuoco amico”.  Franco è un analista fine: è vero quel che dice, “il voto del Pdl (anche del Pd, direi io) ormai è sul premier e non sul ministro dell’interno”. Ma forse è così perché  Alfano ha fatto in Parlamento una sorta di chiamata in correità “io e Letta non sapevamo”, forse il voto è sul premier perché davanti alla tesi che tutto sia avvenuto a insaputa del governo, viene spontaneo chiedersi  a che serva un Governo che non governa neppure le forze di sicurezza. Banali considerazioni da semplice cronista – me ne rendo conto.  Al contrario i cronisti raffinatissimi del Corriere, loro, hanno dimistichezza con il fact checking. Così  Gianantonio Stella, spiega come l’Ansa abbia sparato in un solo anno 4357 notizie con Renzi nel titolo. Dunque?  “Salvate il sindaco da se stesso”.

A salvarlo ci pensa Letta che gliele ha dette al telefono, ci pensa Napolitano per il quale il governo deve andare avanti a tutti i costi, ci pensa Epifani che pare si sia espresso così: “sarebbe giusto che Alfano lasciasse, ma non può farlo perché il governo deve rimanere in piedi”. Titolo di Repubblica: “Il Pd in rivolta contro Alfano”. A pagina 2 un’intervista a Gianni Cuperlo: “Troppe ombre sulla ricostruzione, per salvare il governo deve lasciare la delega”. Ha ragione Cuperlo, se Letta farà da scudo al suo ministro dell’interno, perderà il governo. Se Epifani convincerà i senatori del Pd a ingoiare l’ultimo rospo e votare la fiducia ad Alfano, da quello stesso momento Letta sarà il fantasma di un premier che, come accade ai fantasmi, non capendo di esser morto si illude di guidare un governo fantasma. E magari toccherà proprio a Berlusconi, di staccare la spina. Non per interesse privato ma per spirito di servizio! D’altra parte, che volete farci?  Il Cavaliere, con tutte le sue colpe,  è destinato a restare nella storia come il solo  leader politico che noi Italiani abbiamo avuto negli ultimi venti anni. Ma non ci fasciamo la testa, non è ancora proprio detto che l’Italia finisca come la Grecia, paese tanto bello quanto rassegnato, da cui scrivo questo caffè. Leggo su Repubblica che Anna Finocchiaro chiede le dimissioni di Alfano “per rafforzare il governo”, che Rosy Bindi propone una mediazione, non più ministro Angelino resti vice premier, che Felice Casson definisce “una barzelletta” la versione dei fatti fornita dal ministro al Parlamento.

Già, una versione che imbarca acqua a babordo e tribordo. Dice il prefetto Pansa, alla cui relazione  Angelino si era aggrappato come fosse la bibbia: “Alfano informato dalle richieste kazake, ma ma non dell’espulsione”. Lo avevamo capito persino noi che era questo il senso dei dico e non dico di Alfano. Ma è da quelle richieste che parte tutto, il blitz, di cui Procaccini sapeva, e poi la procedura inesorabile per la deportazione di Alma e di Alua. Operazione tanto vistosa da rappresentare peraltro un segreto di Pulcinella. Repubblica: “Quell’espulsione ignota ad Alfano e a tutti i capi del Viminale, diffusa dall’Ansa solo un’ora dopo”. Chi vuol sapere sa, chi non vuole sapere non può ancora far finta di governare. Non può lamentarsi se prima o poi la verità viene a galla, se prima o poi i giudici non si limitano ad apporre una sigla (come pare abbia fatto Il Procuratore Pignatone) sull’espulsione di Alma e Alua ma cominciano a chiedersi perché.

Prima o poi? Simul stabunt simul cadent. Ieri è stato ordinato l’arresto dell’intera famiglia Ligresti. Dalla Sicilia con ardore. Avevano messo su un impero del mattone, costruito un patto di potere con Cuccia nel cuore del salotto (buono?) del nostro capitalismo, erano riusciti a controllare Fondiaria Assicurazioni. Se è per questo, ieri, anche Tronchetti Provera è stato condannato. Per spionaggio industriale. E sempre ieri una sentenza di giudici a Palermo, una sentenza che tanto dispiace agli specialisti della famosa “trattativa”, ha assolto il Generale Mori. Perché – vedremo le motivazioni – pare che favorire Provenzano (per evitare guai peggiori) non costituisca reato. Non è una vergogna che lo Stato abbia trattato con la mafia, la vergogna è che la mafia, in Sicilia, sia lo Stato. Diceva qualcosa del genere, nel 1970,  Mario Mineo. Mario però non aveva avuto la fortuna di poter leggere Travaglio.


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