Di papi, regine e restyling

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Royal baby o papa Francesco? I giornali anglosassoni, per una volta tutti provinciali, hanno scelto il primo. Ma il papa…

di Riccardo Cristiano

Quando si dice “i casi della vita”. L’arrivo del papa a Rio ha coinciso con la nascita del “royal boy” britannico. La coincidenza tra i due eventi ha determinato un cortocircuito, soprattutto anglosassone: e così, sui giornali di quell mondo già di suo abbastanza “ostile” al cattolicesimo, la notizia di un papa bloccato nel caos di centinaiia di migliaia di “festanti assalitori”, allegramente seduto in una monovolume senza blindature, è scomparsa, cancellata dai pannolini dell’erede, e dall’attesa della mamma.

Qualcuno, e tra questi c’era una parte di me (ma solo una parte), avrebbe voluto riservare lo stesso destino alla notizia londinese. Sbagliato. Non ugualmente, ma sbagliato. La nascita dell’erede al trono delle regine Elisabette, dei re Edoardo e così via, meritava attenzione perchè era un accurato restyling di una famiglia reale colpita duramente da scandali, vergogne, morti, stupidaggini, indaguatezze, patacche: eppure quella famiglia un po’ patetica, un po’ ridicola, custodisce la storia e l’unità Britannica, quindi l’egemonia anglosassone. Che trovi la cifra per ripresentarsi al mondo con la bella regina e il padre premuroso in un’apparente “nomalità familiare” conta. E in un certo qual modo ci riguarda. La fine (sfiorata) dei Windsor è anche un pezzo importante dela crisi del nostro mondo, lo si percepisca o no..Quei due ragazzotti ci dicevano, “l’egemonia anglosassone non è propria morta, qualche lifting studiato con cura (forse patetica ma efficace) è ancora possible.

Ma i media anglosassoni che ci hanno invaso di esperti di “famiglia reale” hanno dimostrato tutto il loro provincialismo, che spesso rimproverano a noi, cancellando l’evento brasiliano. Un papa che parte con la valigia in mano e che gira per Rio in utilitaria è un fatto epocale. Si potrebbe applicare lo stesso criterio di valutazione utilizzato in precedenza e dire che si è trattato di un restyling per rimettere in piedi una istituzone in crisi. Anche a volerla pensare così, e io non la penso così, varrebbe la stessa conclusione: meritava attenzione, come il royal baby.

Vabbé, ognuno è padrone dei suoi provincialismi, e quando sono loro a dimostrare di esserlo vale bene farlo presente, visto che tante altre volte hanno ragione loro a rivolgere a noi questa ciritica. Ma quel che preme dire è un’altra cosa: cosa ci ha detto con questi gesti papa Francesco? Perchè non sarebbe solo restyling?

Al fondo delle scelte del papa c’è un’idea semplice, che potremmo definire così: in questo mondo iper materiaista abbiamo dimenticato come raggiungere dal corpo l’anima, per gli aristotelici, o dall’anima il cuore, per platonici. Che si appartenga all’eterna scuola di pensiero del “cogito ergo sum” o a quella altrettanto eterna ma opposta del “sum ergo cogito”, noi nell’epoca del capitalismo finanziario abbia dato lezione a Lenin di vero materialismo assoluto, scegliendo la scuola del “sum e basta”. E’ qui il dissolvimento dell’Occidente. E per questo la scelta rivoluzionaria di papa Francesca non è utopica, come affermano alcui, nè profetica, come sperano altri: è un tentativo di gettare un’ancora di salvezza umanista alla globalizzazione e ai suoi cittadini spaesati. Anche anglosassoni. Di là c’è la via “asiatica al globale”: mercato unico, partito unico, salario minimo.

da ilmondodiannibale.it


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