Con rispetto e gratitudine, signor Presidente. 24 luglio

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La democrazia in Italia è diversa che in Cina. Da noi i diritti di rappresentanza non spettano solo a chi condivida il Grande Sforzo Comune dettato dal Partito Comunista al potere. L’ingegnere Marchionne se ne deve fare una ragione. La Cassazione ha detto, nelle motivazioni, come l’escludere dalla rappresentanza un sindacato che non firmi l’accordo costituisca una discriminazione. E come possa costituire una posizione di privilegio per qualche sindacato più collaborativo. Lezione amara per Fiat. Tanto più che, come scrive la Stampa, è possibile una “Svolta sui contratti flessibili (con) deroghe su contratti a termine e apprendisti”. Il riferimento è all’accordo siglato da Cgil, Cisl, Uil a Milano per l’Expo.
Anche il Corriere titola su Expo, ma la notizia di peso  è in alto a destra, come si dice in gergo, “di spalla”. Il nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ci spiega quale sia, a suo giudizio, “una delle più dannose patologie italiane”. Provate a immaginare. L’evasione fiscale? La corruzione diffusa, l’ipoteca delle mafie sull’economia? No, per il nostro Presidente è “il frequente e facile ricorso a elezioni politiche anticipate”. Rispondendo a una lettera aperta di Fausto Bertinotti, Napolitano spiega come non ci sia stato e non ci sia, da parte sua, “nessun congelamento o impedimento (parole grosse) della libera dialettica democratica”. Il suo sostegno, vigile e appassionato, alle larghe intese, cioè la protezione offerta al governo Letta, e prima al governo Monti, derivano – lo spiega bene la lettera – da un’esperienza, per lui, dolorosa: dall’aver dovuto “sciogliere le camere nel 2008”, prendendo atto “dello sfaldamento della maggioranza” e dall’aver “dovuto penare” per non scioglierle nel 2011 (suicidio del governo Berlusconi) e nel 2013 (subito dopo le elezioni). La capiamo, Presidente, ma lei provi a capire noi. A noi sembra che in questi 5 anni (2008 – 2013), per responsabilità in primo luogo di Berlusconi e del gruppo dirigente del Pd, ma con la sua fattiva collaborazione, si sia operata una mutazione genetica della nostra democrazia costituzionale. Innanzitutto per via di quella legge elettorale, Presidente, che lei ha più volte stigmatizzato e che toglie all’elettore il diritto di scegliere l’eletto e spinge i partiti a riunirsi in coalizioni impossibili, assicurandogli un premio di maggioranza probabilmente incostituzionale.
Le ricordo innanzitutto, Presidente, come Lei sia stato eletto, in forza di quella legge, da una maggioranza (di centro sinistra) che non sentì (allora) il bisogno di sottoporsi alle pratiche consociative (?) e selettive della prima Repubblica (che avevano portato all’elezione di uomini come Pertini, Scalfaro, Ciampi). Poi nel 2008, è probabile che non potesse  fare altro che sciogliere le Camere, davanti alla crisi dell’Unione e alla richiesta pressante di Berlusconi. Anche, con il dovuto rispetto signor Presidente, un tentativo di convincere Veltroni a far nascere un governo al solo scopo di, e solo per il tempo indispensabile, cambiare la legge elettorale, forse avrebbe potuto farlo. Nel 2011, lei dice? Ma la maggioranza che aveva sostenuto Berlusconi si era liquefatta già da tempo, e il leader si era mostrato palesemente non in grado di guidare l’Italia in gran tormenta. Lei ha atteso tra il 2009 e il 2011, ha rinviato. Perché non voleva apparire un presidente “di sinistra”, perché le forme della sua elezione le hanno procurato una sindrome di Stoccolma nei confronti della destra? Fatto sta che, quando alla fine Berlusconi si è dovuto arrendere, lei, in nome dell’Europa, ha impedito che l’Italia sanzionasse il politico che aveva tanto amato per vent’anni ma che alla fine la aveva profondamente delusa. Nacque il Governo Monti, governo del Presidente. Un governo, tuttavia, quasi subito posto sotto ricatto da chi aveva portato il paese in rovina. Si ricorda, Presidente, quando Alfano rifiutò di partecipare a un vertice della maggioranza, stabilendo che di televisioni e giustizia non ci si poteva occupare? Ma governo che Ella ho sostenuto fino all’ultimo, supplendo all’imperizia politica e alla logorrea televisiva dei tecnici che Lei stesso aveva selezionato.
Poi finalmente il voto, sia pure sempre con la legge porcata. E dopo il voto, Lei che fa? Come ricorda nella lettera al Corriere, “Bersani ebbe (da me) l’incarico, senza alcun vincolo o limite, di esplorare la possibilità di una maggioranza diversa”. Sembra un gioco di parole. Un mandato solo esplorativo, ma senza vincolo e limite. Doversi limitare ad esplorare è il più pesante dei vincoli, il più cogente dei limiti imposti. Qui io l’accuso, con stima sincera e grande gratitudine per quel che ha fatto per il mio Paese, ma l’accuso di aver, inconsapevolmente, costruito le condizioni del suo secondo incarico presidenziale. Di aver gettato le basi per le cosiddette “larghe intese” e per la costituzione di  un governo Letta – Alfano. Sarebbe infatti bastato consentire che un governo Bersani si presentasse davanti al Parlamento, per verificare se Grillo e i senatori a 5 Stelle si fossero davvero resi indisponibili all’unica proposta di cambiamento in campo, sarebbe bastato questo per sbloccare la legislatura. Forse avremmo avuto, in caso di bocciatura di Bersani, una maggioranza composta da PDL, Scelta Civica e una parte del Pd, o a una maggioranza Pd, Scelta Civica e una parte del PDL, o ancora si sarebbe cambiata la legge elettorale per tornare subito al voto senza ricatti.
Siamo invece passati a una Repubblica Presidenziale di fatto. Perché, caro Presidente, né Obama né Hollande avrebbero mai potuto pronunciare in Parlamento quel discorso che Lei si è concesso dopo la seconda investitura, e che è stato, ahimè, applaudito a scena aperta da Parlamentari Indisciplinati e pronti ad affidarsi al giudizio di un Sovrano. L’uomo – Lei, caro Presidente –  che da 5 anni è, a giudizio di molti, dominus e deus ex machina della nostra politica, ha fustigato la politica avvalendosi della terzietà che la Costituzione del 48 prevede per il Presidente Garante.
Repubblica titola “Voto di scambio, la rivolta dei Pm”. Pare che il provvedimento fortemente voluto da “Libera”, approvato dalla Camera e ora in attesa di approvazione definitiva in commissione giustizia al Senato, possa avere il verme nascosto nelle pieghe di due parole. Perché il reato sia perseguito occorre infatti che il politico sia “consapevole”, sappia cioè che sta accettando voti di mafia, e che il mafioso non solo offra ma “procacci” quei voti. Non saprei. Sono tuttavia convinto che questo modo di procedere, un provvedimento per volta, da contrattarsi a fatica con la “strana maggioranza”, non possa costruire niente di solido. Sarebbe diverso se il Parlamento affrontasse, insieme, una serie di misure contro la corruzione, il falso in bilancio (che permette di costruire i fondi neri per corrompere), l’auto riciclaggio e il voto di scambio politico mafioso.
Ma la notizia di Repubblica, secondo me, è un’altra. Ezio Mauro entra nel club. Di quelli che non credono più alle sorti gloriose e progressive della stabilità a ogni costo. Quelli che non credono che congelando il governo per due anni (periodo durante il quale il Pd divorzierà definitivamente con i suoi elettori), poi si risolveranno i problemi del paese. Grazie al salvifico semestre di presidenza italiana dell’Unione Europea e alla Grande Riforma Costituzionale chiesta da Napolitano. Il Direttore della Repubblica dice invece a Letta “La vera riforma è abolire il porcellum”. Da farsi subito. Poi vedremo il resto. Cosa posso aggiungere? Benvenuto nel club! Nell’intervento (3 minuti e 20 secondi) che il Presidente del Senato non mi fece concludere, e nel quale motivavo la mia fiducia, pure molto critica, al governo Letta, si sostenevano più o meno le stesse tesi dell’editoriale di Repubblica. Tre mesi fa. La ciliegia sulla torta è un magnifico “pezzo” di Barbara Spinelli, sempre su Repubblica. “Se la stabilità si trasforma in  idolatria”, è il titolo.
Infine, ma non per ultimo, Alma e Alua. Due interviste. Quella del Fatto, al ministro centro africano, Sende. “Alma, il passaporto è regolare. Avvertimmo Roma, inutilmente”. Quella del Giornale, all’ambasciatore del Kazakistan. “Mai fatto pressioni su Alfano. Ablayzov è un delinquente”. Oggi Emma Bonino interviene al Senato. Speriamo che riporti presto Alma e Alua in Italia, se non dovesse riuscirci, almeno Marco (Pannella) le toglierebbe il saluto.

da corradinomineo.it


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