Halloween con Pilar. Quel luminoso oggetto del desiderio ha stregato il pubblico con “Mani archi e fili di perle”

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Quanto un evento culturale si propone al pubblico in modo unico, con una forza espressiva fuori dal comune, con una rara pulizia formale, parlarne non è solo un dovere, ma diventa, per un giornalista, una sorta d’impellente necessità.

Il concerto/spettacolo di Pilar, alla Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, è un ‘fatto’sul quale ragionare con rigorosa critica, ma anche con trasporto emozionale. Un fatto di estrema importanza che ci obbliga non solo alla serie di elogi che l’artista merita unitamente alla sua formazione diretta da Federico Ferrandina, ma anche a un’analisi delle cose ‘oggettivamente belle’ – non ce ne voglia Kant – di certi ‘fatti’.

Negli ultimi tempi parliamo molto di gusto, di perdita del buongusto, di disorientamento nella ricerca del gusto. La contemplazione degli ‘oggetti belli’, allora,  e questa volta il filosofo tedesco ne sarà contento, può e deve educarci al ripristino del gusto, può e deve restituirci valori cui ormai ci siamo disabituati per pigrizia, per ignoranza. Usiamo –  da intendersi in senso imperativo – i rari momenti di bellezza per riflettere sulla nostra sottocultura, voluta ed imposta dall’alto, che ci ha sbattuto in prima classe sul treno direttissimo per la recessione dell’intellighenzia… per di più, con un biglietto di sola andata.

Ilaria Patassini, in arte Pilar, ci si offre come ‘oggetto bello’ di contemplazione e riflessione, perché è modello di gusto, di artigianato raffinato, talento poliedrico eccezionale che unisce alle naturali doti di interprete tecnica, studio, perfezione formale, cuore.

Con “Mani, archi e fili di perle” Pilar ha consacrato se stessa alla bellezza assoluta – perché esiste, caro Immanuel, ciò che è indiscutibilmente bello –  facendosi generoso strumento e veicolo di sonorità da brivido che hanno incantato, emozionato, sbalordito, entusiasmato i presenti regalando, a un pubblico eterogeneo e di provenienza internazionale, una serata indimenticabile.

Il quartetto d’archi (Brunella Cucumazzo e Serena Tragni ai violini, Annamaria Losignore alla viola, Luciano Tarantino al violoncello), Alessandro Belli al contrabbasso e il maestro Federico Ferrandina alla chitarra sono state le ‘corde’ perfette sulle quali muoversi con eleganza ed equilibrio. Il repertorio scelto (non solo brani estratti da “Sartoria italiana fuori catalogo”) le ha offerto l’occasione di esprimere tutta se stessa, dandoci occasione di conoscerla a trecentosessanta gradi.

Voci di venere bionda, ironia, commozione e sensualità hanno danzato col suo fisico longilineo e diafano che si è fatto cassa di risonanza, ritmica, linguaggio gestuale all’unisono con gli efficaci arrangiamenti di Ferrandina.

Così, mentre quasi dieci milioni d’italiani festeggiavano la più inutile delle ricorrenze anglosassoni a suon di zucche, dolcetti e scherzetti e minacce meteorologiche, Pilar, nel suo sinuoso abito lungo da sera, a piedi ed anima nudi, ‘stregava’ i presenti con…‘perle’ magiche.

Le sue perle da polso, che hanno suonato “con toda palabra”, ed ogni perla musicale infilata con metodo una dietro l’altra, con piccoli respiri che lasciavano solo il tempo di sentiti, fragorosi applausi intrisi di emozione.

Perle con identici valore e ‘misura’, musicalmente strutturate in cerchi perfetti e per questa ragione impossibili da preferire l’una all’altra.

Lo avevamo intuito fin dai suoi esordi, Pilar è Pilar. Non somiglia a nessuno e nessuno potrebbe somigliarle, perché non ci sono in giro giovani interpreti che abbiano la sua capacità di scandagliare il suono, il suo carisma, quelle sfumature di colore della voce e l’assoluta credibilità nel cantare in sei lingue (italiano, inglese, francese, spagnolo, portoghese, tedesco), esaltando le sonorità delle rispettive culture. E qualora esistano – e non ne siamo a conoscenza – abbiate cuore di segnalarcele, perché artisti così diventano una sorta di gratificazione anche per la nostra categoria, ormai sfiduciata di fronte ‘alle copie delle copie delle copie’.

Si dice, delle perle, che non debbano mai mancare tra i gioielli di una vera signora… ma anche tra i tesori di un Paese, siano benvenute queste perle. E l’Italia è ancora un Paese che può vantarsi dei suoi talenti e dei suoi cervelli, verso i quali, però, si assuma l’obbligo di arginarne la fuga all’estero, se non altro per evitarsi l’umiliazione del ‘rimpatrio’ dopo il clamore registrato in terre lontane.


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