Libano, la vecchia sfida in un nuovo scenario

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Sono convinto che il Libano non ricadrà nella guerra civile, ma moti di piazza in Libano stanno facendo il gioco siriano. Gli scontri a sfondo confessionale scoppiati dopo la feroce eliminazione dell’onesto servitore del suo Paese, il capo dell’intelligence libanese, unico servizio di sicurezza non in mano a Hezbollah, stanno facendo il gioco di Bashar al-Assad. La storia infatti non si ripete se i fattori sono cambiati.

Dopo la feroce campagna di bombe e sangue con cui tra il 2005 e il 2008 il presidente criminale tentò di costringere il Libano a eleggere un Presidente da lui designato contro la costituzione e la volontà popolare, il movimento del 14 marzo riuscì a mobilitare la nazione libanese contro l’odioso colonizzatore siriano e costringere Damasco a ritirarsi dal paese dei Cedri. Da allora però il movimento del 14 marzo ha perso di appeal, ha mostrato i suoi limiti politici individuali e strutturali. Assad invece ha perso il suo ruolo di “padrone”, è un animale chiuso nel suo sanguinario bunker, quel che vuole è destabilizzare. Non a caso se nel 2005 poteva eseguire il suo piano terroristico contro lo stato libanese ordinando alla manovalanza di Hezbollah di eseguire i suoi ordini, cioè di eliminare Rafiq Hariri e tutte le altre vittime del suo piano criminale, oggi- come ha giustamente osservato Lorenzo Trombetta- per uccidere e destabilizzare il Paese deve ricorrere al suo lacchè Michel Samaha, un ex ministro lealissimo agli Assad che è dovuto andare a prendere di persona il tritolo dal capo dei servizi siriani. Segno che Hezbollah, che governa il Libano, è pronto a partecipare alla mattanza di siriani in Siria, ma non apprezza di vedere il paese dove governa trasformarsi in un campo di battaglia. E il basso profilo tenuto in queste ore di scontri da Hezbollah conferma questa impressione.

Questa mutata condizione non può bastare a garantire la stabilità, perché se Hezbollah non si presta a questo gioco ma comunque non lo avversa ( o non può) e Assad farà di tutto per provocare comunque. Andare allo scontro etnico confessionale nelle strade dunque è un errore.

L’eliminazione del capo dei servizi di intelligence, unica branca degli apparati di sicurezza non in mano ad Hezbollah, è un colpo durissimo alla sovranità del Libano che espone tutti i leader del vasto schieramento anti-Assad a fare la stessa fine di al-Hasan. Ma rispondere a questa minaccia mortale ricorrendo alla piazza non produrrà l’effetto sperato perché la capacità di mobilitazione è mutata dal 2005, la società è impaurita, in parte delusa, in parte radicalizzata da questi mesi di orrore.

La risposta più oculata sembra quella indicata dal leader druso Walid Junblatt, che non risponde a chi vuole distruggere lo stato con la sua stessa moneta. E’ una strada strettissima quella indicata dal leader druso, ma è l’unica.

La reazione rabbiosa è comprensibile, quasi giustificata. Nulla di quel che accade oggi è paragonabile a quel che ha fatto prima il governo siriano con le sue autobombe e poi Hezbollah, con il suo assedio selvaggio del palazzo del primo ministro e del centro connesso per oltre due anni e poi con l’occupazione militare di Beirut a mezzo delle sue squadracce, quando nel 2008 rivolse le sue “armi sacre” contro i connazionali; ma oggi è essenziale per sconfiggere Assad preservare la stabilità del Paese, seguitando a far emergere l’enorme malessere sciita nei confronti di Hezbollah proprio per l’indigeribile sostegno all’aguzzino di Damasco. La violenza di piazza cancellerebbe tutto questo e farebbe il gioco degli avvoltoi. Quel che serve è una mobilitazione politica, una guida chiara ed efficace che Saad Hariri non sa dare mentre Fuad Siniora sì. Un uomo che da un anno e mezzo non vive in Libano non può guidarlo in un frangente del genere. Sarebbe questo chiarimento, la trasformazione di Siniora nel vero leader politico del fronte anti Assad, la mossa del coraggio, della trasparenza e del rinnovamento, quella capace di costringere il mondo a chiedere a questo governo di dimettersi e lasciare il passo a un governo di salute pubblica. Invece qui si dando irresponsabilmente l’impressione che il premier in carica, oggettivamente complice degli assassini, sia lui una garanzia di stabilità.

da “Il Mondo di Annibale”


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