Un appello per Salvare la Civiltà Mineraria del Sulcis. Un esempio per il rilancio di tutti i Sud abbandonati!

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C’è un Sud per ogni luogo e sono tutti idealmente uguali e concettualmente uniti. Non solo i Paesi ma anche le regioni non ne sono indenni. Un esempio è la Sardegna, regione vacanziera per antonomasia, terra di Vip, di Costa Smeralda, di gossip, di giri d’affari milionari, ma anche terra di nuraghi, pastori e miniere. Proprio le miniere del Sulcis Iglesiente, nel Sud-Ovest della Sardegna, potrebbero essere la vera fonte di rilancio di una terra unica dove, nonostante si sia abbandonata la volontà di attrarre il visitatore, la presenza turistica, sebbene debole, non manca.

Parlare oggi del Sulcis, e lanciare un appello per Salvare la civiltà Mineraria, significa dare un segnale di fiducia verso una regione demotivata, ed al tempo stesso risvegliare le coscienze di altri territori, calabresi, siciliani, campani, lucani, pugliesi, dove i tanti sud dimostrano la loro uniformità. È l’ottobre del 1997 quando a Parigi l’assemblea generale dell’UNESCO dichiara il Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna “il primo Parco della rete mondiale dei geositi-geoparchi”. Sindaco della città era il giovanissimo Mauro Pili, divenuto in seguito Governatore della Sardegna e dal 2006 deputato del Popolo della Libertà ed è egli stesso, oggi, a denuncia lo stato di totale abbandono di un’area che, con i suoi complessivi 3500 chilometri quadrati,è tra i parchi nazionali più estesi ed eterogenei d’Italia.

Ma a distanza di pochi anni, tenuto conto che nel 2007 al parco viene confermato il suo valore internazionale con l’inserimento nella rete europea e globale GEOPARKS dell’UNESCO, viene da chiedersi che fine abbia fatto l’orgoglio sardo? Lo si ritrova stampato sugli ombrelloni e sui teli da mare ma tra la gente si è assopito quel senso di appartenenza ad una regione splendida, dalla storia e dalla cultura millenaria. Un esempio per tutti è l’antica Miniera di Monteponi, che il 16 ottobre 1985 ricevette la visita di Giovanni Paolo II e che oggi versa in condizioni di inverosimile degrado.

Unico progetto di riconversione è stato, nel 1996 la firma dell’accordo storico per decentrare l’Università di Cagliari ad Iglesias. “L’obiettivo, ricorda Ilio Salvadori, storico presidente dell’AUSI (Associazione per l’Università del Sulcis Iglesiente) – era quello di portare una branca universitaria ad Iglesias, da ospitare nel cuore minerario di Monteponi che un secolo e mezzo fa era all’attenzione internazionale per tecnologia e produzioni minerarie. Tutto ciò si concretizzò grazie alla volontà dell’allora Sindaco Mauro Pili e del Magnifico Rettore Pasquale Mistretta, cui la società Miniere Iglesiente, aderì prontamente. Il primo nucleo di docenti e studenti, impegnati nel corso di Diploma universitario di Scienze dei Materiali, vennero ospitati nella vecchia sede amministrativa della disciolta società Monteponi, mentre alcuni laboratori trovarono posto nel sottostante archivio-biblioteca. Gli ambienti all’inizio odoravano ancora di pittura fresca, tanto era l’entusiasmo di affrontare il primo anno accademico a Monteponi, pur dipendente dell’Università di Cagliari».

Oggi tutto è silenzio. I ritardi nell’erogazione dei fondi regionali, nonostante l’esistenza di un’intesa istituzionale tra Regione Autonoma della Sardegna, provincia di Carbonia-Iglesias e i Comuni di Carbonia e Iglesias, che garantisse il sostegno alle attività per la presenza dell’Università del Sulcis Iglesiente (specializzazione nel settore delle scienze ambientali, della terra e dei materiali). Master, specializzazioni, alta formazione e ricerca, cooperazione internazionale: per il polo di Monteponi c’erano progetti importanti anche legati ai temi della riconversione e del risanamento ambientale, ma per arrivare alla formazione specialistica a Palazzo Bellavista doveva essere garantito il triennio iniziale, completo. Ma come in tutti i Sud, le cose cambiano ed arrivano nuovi proclami. Se a distanza di pochi anni e di tanto entusiasmo, Scienza dei materiali è un capitolo chiuso, Monteponi si predispone ad ospitare una delle sedi operative dell’Unep, ovvero Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, una sorta di agenzia per la tutela ambientale e l’utilizzo sostenibile delle risorse. È Tore Cherchi, che in qualità di presidente della Provincia Carbonia-Iglesias che presiede anche il Cda del Consorzio Ausi, ente che sostiene l’Università di Monteponi, a dare le indiscrezioni. Il referendum sardo sull’abolizione delle Province, il successivo taglio dato dal Governo Monti, nonostante Cherchi sia esponente di quel Pd che lo sostiene, hanno messo tutto a tacere e ciò che resta della miniera simbolo di Monteponi sono scheletri di archeologia industriale dei primi ‘900 attenzionati da cartellonistica con pericolo di crollo. Quella vera ricchezza, quella del sottosuolo, è stata lasciata all’abbandono, al concetto ruskiniano del degrado mentre potrebbe rappresentare il vero ed unico volano per un turismo altamente motivato, professionalmente valido ed anche di settore. In tutto questo è quell’orgoglio sardo che non si ritrova più. Alle tanto declamate ‘Amsicora’ e ‘Bonaria’ i cui segreti sono nascosti sotto la vernice fresca, per raggiungere la Sardegna partendo da Napoli è con la “vergogna” della flotta Tirrenia, che ci si arriva: la “nave Toscana”. Diciassette ore di navigazione se il mare è calmo, ad una velocità di 16 nodi per un’imbarcazione che è l’inno alla ruggine ed alla sporcizia. Ed a nulla serve reclamare! Il comandante disarmato si stringe nelle spalle ed al massimo offre qualche asciugamano pulito in più.

Ed i sardi cosa dicono? A parlare sono solo i deputati del Pdl, Pili, Murgia, Nizzi e Vella che hanno votato “No” al decreto sulla spending review approvato alla Camera perché «prima di tutto vengono gli interessi della Sardegna – ha dichiarato il deputato Pili-votare a favore significava farlo contro la Sardegna e contro i sardi. Un taglio di un miliardo alle entrate della Sardegna ed il furto di 560 milioni per le convenzioni della Tirrenia sono un attacco alla Regione che va respinto senza se e senza ma. Chi ha preferito sostenere l’interesse di partito piuttosto che quello della propria terra ha tradito la Sardegna e i sardi. Ora bisogna reagire con forza in tutte le sedi, a partire dalla Corte Costituzionale chiamata a tutelare la Carta violata e la specialità della Sardegna».

Almeno ci provano, ed al di là delle posizioni politiche di ognuno, si tratta di una chiamata a raccolta a cui non si può rimanere sordi. In Sardegna si ritrova il medesimo spirito sottomesso e rassegnato che si registra nella terra dell’eterna incompiuta A3 Salerno- Reggio Calabria, degli 800 km di costa prevalentemente inquinata da scarichi urbani abusivi e mal progettati, dalle cattedrali nel deserto dell’industria mai decollata, dai fondi europei per le regioni depresse rubati allo sviluppo vero da imprenditori senza scrupoli. E se in Sardegna almeno c’è la Costa Smeralda che abbaglia oscurando il resto, in Calabria, Sud dell’Italia del Sud, c’è la ‘ndrangheta con politici sottomessi ai poteri della criminalità. Chissà che le coscienze sopite non riescano a risvegliarsi. Magari partendo proprio dal sottosuolo iglesiente.

 


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